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Tante idee per vivere al meglio le tue vacanze

Sotto sotto… c’è più gusto

Nelle viscere delle miniere di Bergamo e Brescia i luoghi ideali per affinare birra, spumante e formaggio. Quando cultura, lavoro e innovazione hanno il sapore della dedizione.

Luoghi nei quali intere generazioni hanno lavorato duramente che oggi vivono una nuova “giovinezza”, attraverso il recupero della memoria storica e la valorizzazione di peculiarità inattese. Grazie al lavoro sinergico di enti territoriali, amministrazioni comunali, privati, associazioni culturali locali, cinque miniere tra Bergamo e Brescia sono oggi aperte al pubblico. A Gorno, Schilpario, Dossena, Collio e Pezzaze i siti, in attività fino agli ultimi decenni del Novecento, sono ora attrazioni turistiche con un percorso di visita che conduce attraverso cunicoli scavati spesso con la sola forza delle braccia. Qui i caschetti e i vagoni all’ingresso non hanno snaturato i luoghi: la memoria è viva e visibile, viene tramandata attraverso percorsi specifici e le parole delle guide aiutano a comprendere meglio lo spazio, le tipologie di materiale estratto e le fasi di lavorazione, sino a immedesimarci nelle condizioni di vita di uomini, donne e bambini. Tutto ciò consente di valorizzare l’eredità dell’attività estrattiva e il bagaglio culturale legato alla quotidianità dei lavoratori in miniera: canti, rituali, attrezzi, lavoro nei campi, allevamento di bestiame, malattie, momenti di convivialità e condivisione durante i pasti.

La miniera, i Musei ed Ecomusei connessi, i borghi minerari, costituiscono oggi un paesaggio culturale di grande importanza, perché identitario di specifiche comunità e al tempo stesso bene comune da veicolare e trasmettere alle nuove generazioni. In tale ottica, la miniera è risorsa fondamentale di sviluppo turistico, catalizza relazioni, è ricerca, è location per iniziative di valorizzazione territoriale. È ambiente dove si produce cultura… e cibo. Negli ultimi anni, l’ambiente della miniera è diventato infatti luogo ideale per affinare vini e birre di qualità, ma anche per far stagionare formaggi. I prodotti riposano fra i cunicoli della storia e, in un circolo virtuoso, assorbono il valore del passato e lo attualizzano attraverso un gusto ricercato e in grado di generare nuove narrazioni e sinergie. Andiamo quindi a vedere le tappe di questo itinerario tra i sapori nel cuore della terra, tra Bergamo e Brescia.

La birra della Val di Scalve e Val Trompia

Un progetto focalizzato su una delle risorse naturali presenti nei siti minerari di queste due piccole valli dove la natura è ancora selvaggia: l’acqua. A Schilpario, da una sorgente che deriva dalla cascata del torrente Gaffione che scende dal ghiacciaio del monte Vivione, sgorga un’acqua pura e ricca di sali minerali che con finisce in un laghetto cristallino visibile al visitatore lungo il percorso. Qui è racchiuso il segreto del gusto della Birra FRèRA. «Nel 2020 – spiega Anselmo Agoni, gestore delle miniere di Schilpario e titolare della Miniere Ski Mineho avuto un’intuizione che ho fortunatamente condiviso con gli amici del Birrificio Pagus di Rogno. Ho pensato di dare vita a una birra da miniera, ma non mi bastava che la birra prodotta altrove venisse affinata nelle gallerie: volevo che ci fosse un po’ di questa valle nel prodotto. Così è nato il progetto che oggi compie tre anni e che prosegue con nuove sperimentazioni. Ci sono voluti tre tentativi prima di individuare la “cotta” ideale, il giusto equilibrio tra acqua, malti e luppoli, coltivati secondo natura dal Birrificio Pagus». A Rogno arriva l’acqua di miniera e viene creata la miscela perfetta, grazie al metodo del “bitter inglese”. Una volta imbottigliata, la birra torna a Schilpario per la maturazione, nel caveau ricavato in miniera dove grazie ai costanti 6 °C le birre diventano ogni giorno più buone. Il risultato è un prodotto ramato, dal gusto fresco e gustoso, che ha catturato l’attenzione di esperti in tutta Europa ottenendo diversi premi internazionali. Quando la assaggerete, non farete fatica a capirne le ragioni.

Una collaborazione di successo, dedita alla ricerca di materie prime sostenibili, utili a dar vita a nuovi prodotti locali. Un format arrivato fino in Val Trompia, nel cuore della miniera Sant’Aloisio di Collio e della sua sorgente “Busana” che dà il nome alla “sorella bresciana” della Birra FRèRA. L’acqua utilizzata per la produzione della Birra Busana è ricca di calcio e magnesio con tracce di ferro, caratteristiche peculiari già note nel Settecento. Anche in questo caso si tratta di una birra ramata, messa in commercio all’inizio del mese di maggio, con un’etichetta che riporta in modo inconfondibile al metodo minerario seguito per la sua produzione.

Laghetto nella miniera di Schilpario

A Gorno, Spumante Costa Jels e non solo

Sorseggiando birra arriviamo fino a Gorno, al sito minerario di Costa Jels. Le gallerie e le caverne che si snodano per circa 230 km nel cuore della valle sono luogo ideale di riposo per uno spumante di altissimo livello. L’assenza totale di luce e di vibrazioni, la temperatura di 10 °C e l’umidità del 95%, costanti tutto l’anno, creano il posto perfetto per consentire al vino di riposare in tutta tranquillità per almeno cinque anni. Il progetto che ha spinto Alessandro Sala di Nove Lune, azienda vinicola di Cenate, fino agli 830 mt delle Miniere di Gorno parte proprio da questo ambiente naturale. «Per noi – spiega – è fondamentale che l’intero ciclo di produzione dei nostri vini rispetti i criteri di sostenibilità. Quando sono arrivato a Gorno per la prima volta ho capito che qui dovevo affinare il nostro spumante biologico da vitigni resistenti». Non si tratta solamente di una tecnica produttiva di grande efficacia; la collaborazione tra Alessandro Sala, l’amministrazione e gli operatori museali di Gorno ha generato un progetto etico e di valorizzazione del territorio. «Per me è fondamentale costruire relazioni con i luoghi dei vini della mia cantina e qui a Gorno ho trovato un ambiente accogliente, un senso di appartenenza profondo e un rispetto delle tradizioni non scontato», prosegue Sala. «Per questo raggiungo la Val del Riso non solo per le verifiche semestrali sulle bottiglie, ma anche per tour guidati che organizzo al Museo delle Miniere, dove non può mai mancare il momento gastronomico. Tutto questo mi dà grande soddisfazione».

Una bottiglia invecchiata nella miniera di Costa Jels a Gorno

Ogni step di questo lavoro è studiato nei minimi dettagli. La produzione parte dalla selezione delle uve Bronner, Johanniter e Souvignier gris, vitigni che resistono naturalmente alle malattie e che non necessitano di trattamenti chimici se non in particolari casi. Il mosto privo di residui chimici viene lavorato a Cenate Sopra, dove fermenta e per circa un anno e mezzo viene affinato in cantina in barrique di rovere francese in acciaio. A questo punto, imbottigliato, il vino viene adagiato nel ventre della montagna in Val del Riso, dove riposa per cinque anni. La prima edizione del Costa Jels – con una tiratura limitata a 1.200 bottiglie – sarà pronta nel 2025. Nell’attesa è possibile preordinare questa eccellenza, monitorata grazie a costanti report sullo “stato di salute” della bottiglia. Anche il packaging è studiato con un tocco estremamente originale: con un pezzo di minerale è stata riprodotta una bottiglia che durante la lavorazione si è scheggiata. La scheggia nata da quell’errore sarà il segno distintivo delle bottiglie di Costa Jels. Una scheggia che evoca il dolore della dura vita dei minatori ma apre a nuove possibilità, nuovi racconti e scambi culturali, che sbocceranno ufficialmente nel 2025 per la prima volta, ma che già ora stanno producendo valore.

Ol Minadùr di Dossena

Se a Gorno, Schilpario e Collio l’innovazione parla di un connubio che si apre a confronti e scambi tra realtà di diversi comuni, a Dossena la storia è tutta interna. Qui, dal 2019, una sinergia difficile da trovare altrove tra giovani, associazioni e comunità ha permesso di attivare progetti innovativi in grado di rilanciare questo borgo della Val Brembana. Di questa rinascita sono protagoniste cinque aziende agricole del territorio, un’azienda, la Cooperativa di Comunità I Rais e il nuovo formaggio “Ol Minadùr”, che nasce da una intuizione e testimonia una best practice. «A marzo 2023 si è conclusa la prima fase sperimentale – commenta orgoglioso Giampietro Gambirasio, della Cooperativa di Comunità I Rais dopo quattro anni di test, verifiche, assaggi e migliorie. Nelle miniere di fluorite della località Paglio/Pignolino può stagionare un formaggio da latte crudo e grazie a un’attenta cura nel processo di conservazione è pure buonissimo. Ol Minadùr per consistenza e sapore, dovuti alle muffe delle miniere, si distingue dalle altre produzioni casearie di questo tipo». Questo processo innovativo di stagionatura, ora regolato da un rigoroso disciplinare, garantisce un valore di mercato sensibilmente superiore allo stesso prodotto stagionato tradizionalmente, anche perché la neonata produzione è ancora su scala ridotta: ogni mese 20 forme da 5 kg di Minadùr entrano in miniera e ci restano per circa novanta giorni.

Queste storie di birra, vino e formaggio sono appena iniziate, ma nel ventre della terra la ricerca continua insieme alla valorizzazione di prodotti tipici: a Gorno hanno preso il via da poco sperimentazioni su alcune tipologie di formaggi, mentre a Dossena sono entrati in miniera formaggi di capra e stracchino. Nel tour alla scoperta del passato minerario tra Bergamo e Brescia ecco allora che il visitatore può scoprire anche aspetti di innovazione che raccontano storie di lavoro, cultura e qualità. Con il prezioso sapore della dedizione.

Articolo scritto da Serena Bonetti per VALSeriana & Scalve Magazine – Estate 2023