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Abitare Baleri, design e stile nel cuore della ValSeriana

Nel cuore della ValSeriana c’è un tempio dedicato al design contemporaneo. Quattro piani di esposizione di mobili, oggetti d’arredo che colpiscono per eleganza e ricercatezza, ma che prima di tutto sono l’aspetto tangibile di storie, memorie di incontri, esperienze e passioni. Passione per l’arte, per l’arredo e per il vivere bene che sono le fondamenta di questo edificio dall’architettura moderna e non convenzionale che ospita Baleri Abitare srl.

Non è un caso che il GIA, prestigioso premio conferito al miglior negozio di retail a livello internazionale, sia finito proprio fra le mura di questa azienda, da anni associata a PromoSerio.
Ferdi Baleri, da molti anni “signore” di questo tempio, ci parla orgoglioso del premio appena ricevuto e che lo porterà a Chicago con il sogno di conquistare anche la giuria d’oltreoceano.
Cominciamo a parlare con lui ed è immediato capire che il riconoscimento che ora si sta godendo, altro non è che il frutto di una lunga esperienza vissuta sul campo: formazione, incontri, viaggi e continua voglia di approfondire e andare oltre il conosciuto.

Ha uno showroom di quattro piani nel cuore della ValSeriana. Da dove è partito?
Una fragranza al truciolo di legno permea tutta la mia storia; mio padre aveva un negozio di arredamento, una piccola bottega. Sono cresciuto a contattato con questo ambiente e me ne sono innamorato. Ho frequentato studi di design ma in Italia, negli anni Sessanta era ancora difficile trovare istituti e università che permettessero una formazione di qualità. Allora sono partito per la Germania. A Monaco di Baviera ho studiato prima ingegneria del legno e poi ho proseguito con una specializzazione in design d’interni. Contemporaneamente ho iniziato a lavorare in uno studio di architettura; sono stati per me anni davvero ricchi di spunti creativi: ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con molti personaggi importanti, maestri che mi hanno appassionato e che mi hanno insegnato parecchio. Monaco, allora come oggi, era il regno dell’arte e del design, ovunque si respirava bellezza e buon gusto. È li che ho iniziato a sentire il bisogno di non essere un semplice commerciante di mobili, volevo andare oltre, suggerire una filosofia di vita prima che vendere una sedia o un tavolo.

Poi è tornato in Italia… come ha realizzato queste sue aspirazioni?
Si, sono tornato ad Albino, la sensibilità nei confronti del design non era cambiata anzi. Fortunatamente mio padre si era spostato qui dove siamo ora e in questo grande negozio ho iniziato a costruire il mio sogno. Da Monaco ho portato a casa prima di tutto l’amore per l’arte. In parallelo alla mia formazione ho iniziato ad appassionarmi di arte, principalmente contemporanea, ho sviluppato quell’occhio estetico che permette a un buon arredatore di fare delle scelte di gusto. Ho cominciato a comprare opere d’arte per arredare casa mia, da li a diventare un collezionista è stato un attimo. In tutti i settori dello showroom ci sono opere d’arte di grandi artisti italiani e internazionali, sono tutte mie opere.

In effetti girando fra le diverse aree espositive, sembra quasi di essere in un museo… Un posto elitario?
Assolutamente no. Non ho mai avuto l’obiettivo di creare un tempio per ricchi. Non si può negare che molti dei pezzi di design in vendita sono di altissima qualità e rispondono alle esigenze di un mercato esclusivo, ma cerchiamo sempre di offrire un’alternativa che possa soddisfare tutte le “tasche”. Ad esempio, abbiamo bicchieri che costano 1 euro e altri da 100. Questo non vuol dire omologarsi al mercato ormai standardizzato ma piuttosto volere aprirsi a tutti. Mi piacerebbe che il nostro negozio fosse percepito come un luogo da visitare… Invito i giovani a venire qui, non per comprare, semmai per osservare, per vedere come si può arredare casa con buon gusto e semplicità. Gli ambienti che proponiamo mi piacerebbe diventassero ispirazione per accostamenti da riproporre nelle proprie case. Ho cercato di creare uno showroom che sia anche spazio di conoscenza e di approfondimento. Vicino ai pezzi più importanti, sedie, poltrone, armadi, soprammobili di grandi personalità del design italiano ho posizionato libri che ne raccontino la storia. Ospito spesso classi universitarie di Milano o gruppi di giapponesi che vengono qui per fare fotografie allo spazio. Ci tengo che non sia percepito come un negozio impersonale, non voglio che si esca pensando di aver visto un’esposizione di mobili ma ci terrei che rimanesse l’idea di un luogo carico di vissuto, di storia, di ricerca.

Forse sta proprio in questa vostra cifra caratteristica la ragione del Premio GIA che da poco vi è stato riconosciuto? Ci racconti un po’ come è andata…
È stato un regalo piovuto dal cielo. Il GIA è un importante premio che viene riconosciuto ogni anno al migliore negozio di retail. Si tratta di un premio internazionale che è stato fondato venti anni fa a Chicago. Da venti negozi del panorama nazionale ne viene premiato uno solo. Un amico mi chiama e mi invita a partecipare alla serata di premiazione. Ero a Milano per altre questioni e incuriosito ci sono andato. Mi sono detto, vediamo cosa hanno questi venti negozi in più di me, quale è la loro offerta. C’è sempre da imparare dai concorrenti. Iniziano a elencare i nomi dei negozi… arrivati al diciannovesimo un momento di suspence… prima di annunciare il vincitore. Quando hanno pronunciato “Abitare Baleri” la gioia mista a incredulità è stata grandissima. Eravamo stupefatti; la giuria è composta da ricercatori e personalità importanti: professori del Politecnico di Milano, i più importanti architetti lombardi ed economisti della Bocconi. La cosa forse più curiosa è che per un anno siamo stati sotto l’occhio attento dei selezionatori e non lo sapevamo nemmeno: ci hanno visitato più volte in borghese per fare le loro analisi, per chiedere ai clienti pareri e valutarne il grado di soddisfazione. Hanno anche fatto un sondaggio nella provincia di Bergamo e il nostro nome è spiccato su altri. Il ricordo più bello è stato invece il riconoscimento da parte degli altri concorrenti: solo molti complimenti e grande consenso con la scelta della giuria. Ora ci aspetta un’altra tappa importante: andremo a Chicago per la premiazione del migliore negozio a livello internazionale. Sarà una bella sfida concorrere con gli americani. Ci aspetta una serata di gala, dovrò tirare fuori lo smoking per la serata, anche se mi piacerebbe presentarmi in vero stile americano, con gilet, camicia a quadrettoni e cappello da cowboy.

Un premio che porta nel mondo un’eccellenza della ValSeriana. Come vive il rapporto con il territorio?
Si, diciamo che con questo premio faccio un po’ il processo inverso di quello che sta alla base della nostra filosofia. Per scegliere i miei oggetti, da gennaio parto e giro i centri di design più d’avanguardia, Olanda e la Germania in primis. Mi piace andare a scovare i giovani talenti, bussare alle loro porte, dimostrare che sono interessato alle loro creazioni. Poi porto tutto in ValSeriana, perché ci tengo che la gente abbia la possibilità di vedere qui le migliori proposte di respiro internazionale. Nonostante il mio sforzo, ammetto, sento ancora una certa indifferenza nei confronti di temi estetici e il territorio non ha ancora sviluppato questo tipo di sensibilità. Certamente avere un negozio di questo tipo a Milano avrebbe un’altra risonanza.

Ma quindi ci sta dicendo che, se ne avesse la possibilità, lascerebbe la ValSeriana per la città?
No no, non fraintendetemi. Milano è la città del design, ovvio che avere un negozio di questo tipo li sarebbe interessante. Se trovassi una persona in grado di condividere al cento per cento la nostra filosofia, certo che a Milano aprirei uno showroom. Ma sono molto affezionato a questo posto, sono nato qui, ho costruito con grandi sforzi un racconto visivo basato sulla dimensione umana e sui rapporti personali a cui tengo veramente e che difficilmente sarebbe replicabile altrove. Questa è casa mia e ho dei progetti che sanno di utopia ma che sono li, magari un giorno prenderanno forma: mi piacerebbe fare qui dentro un museo della forza lavoro della ValSeriana, uno spazio rappresentativo di tutte le attività e le tradizioni che hanno caratterizzato il territorio e hanno contribuito al suo sviluppo, sarebbe un regalo che vorrei fare alla mia terra.

Ma per lei la ValSeriana è…
Ma senza esitazioni la ValSeriana è per me natura… Io amo camminare, amo andare in montagna. La natura ci parla e ci regala molte cose, dobbiamo essere capaci di coglierle e sfruttarle. Molte volte si cercano oggetti preziosi e ricercati per arredare casa, ma con un po’ di sensibilità si possono trovare incredibili fonti di ispirazione nella natura. Io lo faccio da sempre: quando vado a fare le mie passeggiate adoro raccogliere reperti naturali, colleziono centinaia di rami e radici della ValSeriana, me li porto a casa, li lavoro poco, li pulisco giusto quel che serve e li trasformo in piccole sculture, li elevo a opere d’arte. Con un piccolo e timido piedistallo il gioco è fatto.

Ha un luogo a cui tiene particolarmente?
Per rimanere coerenti con quanto detto prima, il Moshel è un logo che amo moltissimo. Ma come non menzionare anche la Presolana; quelle poche volte che sono riuscito a conquistarne la vetta è stata una soddisfazione strepitosa, una gioia indescrivibile. Sul fronte artistico invece non c’è nulla di più affascinate e commuovente in ValSeriana della Danza Macabra di Clusone. Mi lascia sempre a bocca aperta.

Dopo così tanti anni di attività, è ancora un fiume in piena e una miniera ricca di progetti. Dove trova gli stimoli?
Sicuramente la mia forza più grande sono i viaggi. Per me viaggiare significa entrare in contatto con suggestioni e stimoli che faccio miei una volta tornato a casa. Solo viaggiando e conoscendo cosa c’è al di fuori del nostro piccolo orto si può pensare di fare qualcosa di influente e importante. Così tengo allenata la mente e a volte vado anche oltre le mie possibilità.
C’è una cosa che da un po’ mi gira per la testa… Noi dovremmo avere degli oggetti che parlino della ValSeriana. Dovremmo riuscire a industrializzare con gadget semplici e funzionali la sue storia, contribuendo così non solo a diffondere il marchio territoriale e tutto quello che vi sta dietro ma anche a valorizzare il nostro saper fare, le nostre tradizioni, il nostro cibo, la nostra arte attraverso un culto di oggetti che ne siano rappresentativi.

L’idea con cui ci saluta il sig. Baleri ci piace molto, forse questo progetto sarà la prima importante collaborazione con questo impero del buon gusto nel cuore della ValSeriana.
Se non ci siete mai stati, fateci un giro e lasciatevi accompagnare dal sig. Ferdi, fatevi trasportare dalla passione che traspare ogni volta che si avvicina a un oggetto e parte per raccontarne la storia.

Scopri i dettagli sul sito di Abitare Baleri