Made inValSeriana Archivi - Sito ufficiale Valseriana e Val di Scalve https://www.valseriana.eu/argomenti/made-in-valseriana/ Portale turistico Fri, 29 Dec 2023 13:46:35 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 125612197 Dove ti porta… LO studio https://www.valseriana.eu/blog/dove-ti-porta-lo-studio/ Fri, 29 Dec 2023 13:46:35 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=65917

«Quando cammini in un bosco o lungo un sentiero, vuoi respirare a pieni polmoni. Il navigatore e la traccia GPX possono aiutarti, ma tu preferisci ammirare la natura e non fissare uno smartphone».

Parole e musica di Michele Guerinoni, sviluppatore web di origini castio- nesi che con la ValSeriana condivide passioni e lavoro.

Michele, con Emanuele Simone e Lino Olmo è socio di LO Studio, l’agenzia di comunicazione con sede a Onore, che sin dalla fondazione è partner affiliato a Promoserio. È una realtà che riunisce in un open space d’avanguardia un team estremamente giovane (l’età media è 27 anni), specializzato nella realizzazione di siti web e campagne marketing con le più moderne tecnologie informatiche.

L’incipit di cui sopra, dedicato alla necessità di continuare a vivere appieno il mondo reale senza “perdersi e disperdersi” in quello virtuale, racconta più di mille parole quella che a LO Studio è filosofia quotidiana. «Siamo nati nel nuovo millennio – conferma Emanuele Simone – partendo dall’esperienza di Lino Olmo, specializzato da oltre vent’anni nella realizzazione di foto aeree. In questo campo fu un vero e proprio pioniere, quando i droni erano ancora di là da venire e le riprese venivano effettuate a bordo di un elicottero».

Lino Olmo Studio

Quelle immagini mozzafiato rappresentano oggi un prezioso pezzo di storia di molte aziende e della Valle, ma sono state di fatto il grimaldello con cui Lino, Michele ed Emanuele hanno visto aprirsi le porte di un mercato articolato e complesso. In quei primi anni di attività l’istanza del cliente non si limitava alla stampa della semplice gigantografia stupefacente, ma si articolava nella richiesta di una promozione a tutto tondo dell’attività, qualunque essa fosse. «Siamo cresciuti ciascuno nelle rispettive competenze tecniche o creative – aggiunge Michele – esplorando le potenzialità infinite delle nuove tecnologie e del web, ma rimanendo strettamente collegati alla nostra Valle, al territorio che ci circonda, alla qualità di una vita quotidiana che regala ogni giorno, a ciascuno, il senso della misura. Oggi tutti si aspettano che un’agenzia di comunicazione debba necessariamente operare in una grande città, laddove il business pulsa vorticosamente e dove le infrastrutture digitali sono sviluppate all’esasperazione. Noi continuiamo a preferire le nostre montagne e anche se nel nostro open space lavorativo si è necessariamente concentrati su progetti grafici e allestimenti web, la vista sulla Presolana o il biliardino per qualche sfida in pausa pranzo restano elementi essenziali.
Essi, quasi inconsapevolmente, danno un’anima a tutto ciò che creiamo e proponiamo».

Team Lino Olmo Studio

La storia di LO Studio (dove la sigla nasce dalle iniziali del fondatore, ma che ora è brand riconoscibile nell’inconfondibile allestimento arancione) è in fin dei conti una storia di “persone per le persone”, dove l’esigenza di un cliente o una semplice idea di fondo diventano un progetto articolato, una campagna di web marketing, un video, una gallery fotografica o un piano social virale. «Michele è un poco come il celebre calabrone – sottolinea Emanuele – che vola tranquillamente, a dispetto delle rigorose teorie scientifiche che ritengono la cosa impossibile. Lui ama i sentieri, ma anche e soprattutto l’arrampicata. Il suo approccio è quello di aprire nuovi scenari, di percorrere percorsi digitali a volte inesplorati, motivando tutti a cercare (e trovare) nuove soluzioni. La ValSeriana in questo è stata per noi una palestra importante, specie per quanto riguarda la promozione turistica e del territorio. Abbiamo condiviso con tante realtà l’ambizione e l’appassionata idea di aprire nuovi orizzonti, di raccontare in maniera attuale, responsabile e accattivante una “nuova era” che oggi come oggi ha tutte le carte in regola per crescere ulteriormente».

Dovremmo scrivere di analisi e strategia, di e-commerce e portali, immagine coordinata, brochure, cartellonistica, interazione intuitiva, Seo, Sem e Google Ads, user experience e intelligenza artificiale.
È il pane quotidiano de LO Studio, ma là fuori c’è un mondo che gira e va seguito, con lo sguardo convinto di chi, lungo un sentiero, apre i polmoni e anche il cuore. Nell’open space di LO Studio il futuro è adesso, con lo sguardo sulla Presolana e sulle Magnifiche Valli.


Articolo di Giambattista Gherardi del VALseriana & Scalve Magazine Inverno 2023/2024

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Ricarica infinita https://www.valseriana.eu/blog/ricarica-infinita/ Thu, 28 Dec 2023 14:07:39 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=65918

È una storia lunga sessant’anni quella di Scame, che nel 1963 venne fondata grazie a un’idea di Giovanni Scainelli, appoggiato da Gianni Piccinali, Luigi e Cornelio Palamini a Parre.
L’obiettivo era creare chiodini da utilizzare a muro per il fissaggio dei cavi elettrici. Da allora molto è cambiato, ma non il successo e la continua crescita dell’azienda.

Nel 2023 si celebra quindi un compleanno importante per un’azienda che è sempre stata capace di trasformarsi.
In particolare, negli ultimi decenni, da elettromeccanica quale era nei primi tempi, Scame ha sviluppato un sempre più alto contenuto tecnologico. «Abbiamo investito in nuove linee di produzione – sottolinea Stefano Scainelli, ceo di Scame Parre – e portato avanti di pari passo un processo di sviluppo di nuove competenze e di riorganizzazione aziendale con nuove figure lavorative, arricchendo l’azienda di un nuovo know how. A supporto della crescita di Scame in termini di volumi, si sta agendo con massicci investimenti per potenziare la capacità produttiva. Stiamo investendo anche nel potenziamento del R&D (Research and Development, ricerca e sviluppo) per aumentare ulteriormente la qualità dei nostri prodotti, specialmente con investimenti nell’ambito firmware e software».

Sede Scame di Campignano, Parre

Una crescita in verticale quella di Scame, tra innovazione e miglioramento della produzione, ma anche in orizzontale, in termini di diffusione nel mondo. Da via Costa Erta a Parre, sede storica ancora oggi dell’azienda, la Scame arrivò presto sul mercato estero con le prime vendite di prodotti in Medio Oriente nel 1971.
Successivamente l’azienda dalla ValSeriana ampliò i propri orizzonti, attivando negli anni ’90 un forte programma di internazionalizzazione che portò alla costituzione di Hens Scame in Spagna, Scameast in Slovacchia, Sobem Scame in Francia; e poi ancora negli anni 2000 in Inghilterra, Argentina, Repubblica Ceca, Uruguay, Cina, Ucraina e Romania.

«Siamo – conferma Scainelli – un’azienda italiana, ma che guarda al mondo. Oggi siamo presenti in ottanta Paesi per esportazioni con filiali in diciotto per un totale di ottocento dipendenti complessivi, di cui più di trecento nella sola capogruppo italiana. Non siamo una Pmi, ma non siamo nemmeno una multinazionale. E questo spesso è un vantaggio, perché ci permette di mettere sempre il rapporto con i clienti al centro, garantendo flessibilità e dinamicità».

Stefano Scainelli, ceo di Scame

In sessant’anni ci sono stati momenti storici difficili e, inevitabilmente, anche Scame ne ha risentito. L’azienda però ha sempre saputo trasformare gli ostacoli in nuove occasioni di rilancio. Nel 2008, in risposta alla forte crisi finanziaria, venne lanciato il programma Change 2010, che mise al centro l’attenzione per il cliente, l’ottimizzazione dei flussi e il perfezionamento dei processi produttivi. «Ci ha salvato la nostra presenza sui mercati esteri e il fatto di non aver mai ridotto gli investimenti in R&D e questo ha permesso anche di diversificare l’attività – rivela Scainelli -. In Scame Parre abbiamo identificato tre macro aree di intervento: mobilità elettrica, applicazioni industriali e prodotti per impianti elettrici a rischio esplosione. La mobilità elettrica prima del 2010 non generava fatturato ed era ancora un mercato a uno stadio embrionale: nel giro di dieci anni è diventata un segmento tra i più importanti, che ci ha permesso di continuare a fare business anche in anni difficili. Dopo due recenti acquisizioni (Magnum Cap 2021 e Topgraf 2022) siamo concentrati sull’applicazione della nostra strategia che prevede la focalizzazione sulle tre aree strategiche: Industriale, Atex ed E-mobility. A questo va aggiunto un’attenzione al potenziamento della nostra rete di vendita. Rinnovare e innovare, saper crescere, aprirsi al mondo: questo è il nostro mantra che ci ha permesso di arrivare all’importante traguardo dei sessant’anni e sono certo ci porterà anche ben oltre». Nell’anno dei 60 anni di attività, lo sguardo già rivolto al futuro e a nuove sfide ha portato anche a un rebranding dell’immagine aziendale. «Un cambiamento nel logo – spiega l’azienda – per raccontare la nostra anima profonda. Un simbolo, la “M di Scame”, che diventa manifesto della nuova immagine con un racconto che abbraccia le due principali anime di business, industria ed e-mobility, ma anche il senso di appartenenza al territorio (le montagne della ValSeriana) e a tutta la comunità di stakeholder interni ed esterni alla nostra azienda. Un colore che rimane fedele al rosso, ma si scalda (il Pantone si chiama appunto Warm Red), per essere ancora più inclusivo e trasmettere l’identità di servizio, oltre a quella storica manifatturiera. Infine un nuovo payoff, “Feeling Connected”, che comunica la nostra indole natura- le nel saper trovare la giusta con- nessione attraverso soluzioni e relazioni, con i clienti dei mercati globali, ma anche a livello locale, con le comunità e il territorio in cui siamo attivi».

 


Articolo di Marta Belotti del VALseriana & Scalve Magazine Inverno 2023/2024

 

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Una ricarica…di energia https://www.valseriana.eu/blog/una-ricarica-di-energia/ Wed, 12 Jul 2023 10:03:51 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=62842

Oltre seicento installazioni in tutta Europa. Tremila punti di ricarica per la mobilità elettrica. Diecimila prese. Sono i numeri di un’azienda bergamasca che, con la sua Pila – colonnina di ricarica per dispositivi elettronici -, sta cogliendo un successo senza precedenti. Si tratta della Pradella Sistemi, azienda innovativa nata da un’idea del titolare Furio Pradella.

«Tutto comincia con una telefonata fra me e mio fratello – racconta -. Eravamo due partite Iva, nel 2014. Lui era in aeroporto e mi ha detto: “Non immagini quale coda ci sia fuori dai bagni per ricaricare i cellulari alle prese pubblicheˮ. E sottolineavamo l’esigenza di trovare una soluzione più agevole. Mentre parlavamo, ho cominciato a disegnare. Quando la conversazione è finita gli ho detto: guarda questo disegno, è questo che intendi? Era la colonnina di ricarica sui cui abbiamo basato la nostra azienda».

Passano pochi mesi da quell’intuizione. L’impresa cresce e si sviluppa. L’idea della colonnina è vincente. Si chiama Pila. Dopo il deposito del brevetto, la commissione giudicatrice della Camera di Commercio di Bergamo inserisce l’azienda di Pradella fra le start up innovative nell’incubatore d’impresa del Point di Dalmine.

Il core business sono le soluzioni per smart city e la mobilità sostenibile. Vere e proprie isole digitali studiate per fornire servizi utili e ad alto impatto sociale per pubbliche amministrazioni, trasporti e aziende. Pradella progetta sistemi di ricarica elettrica modulari, dotati di ogni genere di servizi. Dalla semplice presa fino a dispositivi di cardioprotezione. Realizza infrastrutture come colonnine e panchine interattive in cui sono integrati charging point Usb per dispositivi elettronici, contenitori per defibrillatori ad alti standard qualitativi e punti di ricarica per auto, scooter elettrici, e-bike e monopattini.

Il prodotto di punta di Pradella, quello che ha ottenuto il più ampio riscontro internazionale, è appunto Pila. È una colonnina di ricarica per dispositivi elettrici ed elettronici, che può essere equipaggiata con sistemi opzionali di ogni genere. E che ha un ulteriore vantaggio: quello di essere indenne al cosiddetto “juice Jacking”, ovvero il furto dei dati degli utenti da parte di cyber- criminali. Pila infatti è una stazione di ricarica sicura, perché non è connessa in rete, non ha connettività dati, ma è solo un dispositivo di ricarica elettrica che non fornisce alcun tipo di informazione. Una scelta semplice e oculata, spiegano dall’azienda. La colonnina è completamente off-grid, scollegata da qualunque tipo di connessione e priva di scambio dati. Progettata così perché da tempo era diffuso il timore che, negli aeroporti per esempio, i charging point pubblici potessero leggere i dati dei cellulari che andavano a ricaricare, violando la privacy e esponendo i telefonini a hacker e malware.

Furio Pradella

Pila no. Non legge dati. Non accede a reti. Questo è il suo punto di forza. Un’isola di ricarica completamente autonoma, ideale per stazioni, aeroporti, luoghi pubblici, aziende. La colonnina è prodotta in quattro diverse versioni (release) denominate 2.04, 2.05, 6 e Light, ognuna delle quali disponibili nella variante con installazione a terra o a muro; con e senza la speciale teca per defibrillatore DAE. Ogni Pila è poi personalizzabile con una serie di dispositivi e servizi aggiuntivi. Le colonnine permettono tantissime diverse configurazioni: da due a quattro prese Shuko, fino a quattro caricatori per ebike, rastrelliere fotovoltaiche fino a 4 stalli e 8 caricatori (Sunrail), rastrelliere con 8 caricatori e persino AI Cam, ovvero telecamere di sicurezza per il monitoraggio di un’ampia area circostante, deterrente contro atti vandalici o criminali.

Per funzionare i sistemi di Pradella utilizzano, come abbiamo visto, anche energia rinnovabile e sono frutto di un’intensa attività di ricerca e sviluppo, il vero cuore dell’azienda. È in questo settore che Pradella continua a investire tempo ed energie, con l’obbiettivo di sviluppare prodotti nuovi e rivoluzionari. «La nostra ricerca e sviluppo è determinante – spiega ancora Pradella -. Amplieremo a brevissimo il personale con l’inserimento di nuove figure, sia nel settore tecnico sia in quello commerciale. Abbiamo avuto molte richieste e le stiamo valutando».

La Pradella Sistemi ha sede a Cene, in ValSeriana. Attualmente ci lavorano 28 persone, fra dipendenti e collaboratori. Importantissime sono le collaborazioni che l’azienda ha instaurato con Istituti tecnici e Università e le partnership con aziende specializzate dei settori fotovoltaico, meccanico e della sicurezza. Gli standard qualitativi raggiunti da Pradella ne hanno fatto uno dei punti di riferimento italiani nel settore. Tanto che l’azienda oggi conta su centinaia e centinaia di installazioni attive, due campagne di equity crowdfunding e 40 soci investitori, 7 brevetti internazionalizzati e installazioni sul territorio nazionale, europeo ed extraeuropeo. «Nei giorni scorsi abbiamo avuto un’ottima notizia – dice ancora il titolare – la nostra azienda è stata inclusa nel prestigioso consorzio Intellimech che si occupa di meccanotronica. Per noi è un onore essere inclusi in quel consesso di grandi aziende come Scame, BB Sace, Siemens».

Articolo scritto da Wainer Preda per VALSeriana & Scalve Magazine – estate 2023

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Obiettivo Inclusione https://www.valseriana.eu/blog/obiettivo-inclusione/ Tue, 11 Jul 2023 15:07:11 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=62857

Albert Einstein diceva «Non dobbiamo semplicemente sopportare le differenze fra gli individui e i gruppi, ma anzi accoglierle come le benvenute, considerandole un arricchimento della nostra esistenza». L’inclusione è un tema sempre più sentito sia a livello mondiale che nazionale, basti pensare alla “Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità” (proclamata nel 1981) oppure alla “Giornata Mondiale dei Calzini Spaiati” utile a sensibilizzare, anche i più piccoli, su quanto sia importante accogliere ciò che è diverso da noi. Anche Promoserio da anni sta lavorando nell’ottica di realizzare progettualità turistiche che siano sempre più inclusive e accessibili a tutte le tipologie di turisti e di visitatori, sia i portatori di disabilità permanenti, sia i portatori di disabilità temporanee sia coloro che hanno esigenze specifiche quali anziani, famiglie con bambini ecc.

Proprio con l’obiettivo di strutturare un’offerta sempre più inclusiva sono state realizzate azioni quali la creazione di una landing page dedicata al turismo accessibile sul portale www.valseriana.eu e l’inserimento di apposite icone esplicative nei nuovi materiali informativi; inoltre, già nel 2021, all’interno degli 8 incontri dedicati alla coprogettazione come leva per lo sviluppo locale organizzati in collaborazione con il Comune di Clusone per dare vita al documento “Linee guida per lo sviluppo turistico della Città di Clusone” si è posta l’attenzione sull’aspetto della segnaletica. Da questi focus group è infatti emerso che molti operatori del territorio consideravano carente la segnaletica, problematica confermata anche dai dati raccolti tramite interviste fatte direttamente ai turisti. Nel corso del 2022 dunque, a fronte della collaborazione avviata già da tempo con il Comune di Clusone – che considera Promoserio interlocutore di riferimento per l’elaborazione delle strategie di sviluppo turistico della città – l’associazione ha quindi proposto a Visit Bergamo di inserire il rifacimento della cartellonistica turistica clusonese all’interno delle azioni del progetto “S.T.A.I – Servizi per un Turismo Accessibile e Inclusivo” candidato da Regione Lombardia con Capofila Visit Bergamo nell’avviso “Per il finanziamento di progetti per il turismo accessibile e inclusivo per le persone con disabilità” della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una serie di azioni di arricchimento della segnaletica saranno quindi realizzate all’interno di questa progettualità condivisa tra Bergamo e Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 e i territori delle due province; una seconda serie di azioni di integrazione della segnaletica saranno invece realizzate in futuro, avvalendosi sempre del coordinamento di Promoserio e dell’Infopoint Visit Clusone che l’associazione gestisce dal febbraio 2022. La segnaletica sarà studiata e fornita dalla ditta Skylab. Con venticinque anni di esperienza, questa azienda ha lavorato a progetti nazionali ed europei, servendo società come SkyTv, Emergency, Slow Food e tante altre. Conta inoltre la realizzazione di segnaletica turistica interattiva e inclusiva per oltre 120 comuni italiani tra cui 16 patrimoni UNESCO. La cartellonistica pensata per Clusone risponderà alle esigenze di un ampio numero di target: anziani, famiglie con bambini, normodotati, stranieri, italiani, turisti con disabilità temporanee o permanenti di tipo motorio, visivo o uditivo.

Questo grande progetto prevede la creazione di cartelli che, posizionati in concomitanza dei principali punti di interesse, includeranno ciascuno i seguenti servizi: descrizione e audioguida in diverse lingue, audioguida specifica per persone non vedenti, videoguida LIS (Lingua Italiana dei Segni), virtual tour per ambienti non accessibili senza interventi strutturali qualora le barriere architettoniche non dovessero permetterne l’accesso. Fa parte del progetto anche la realizzazione di realtà aumentata specifica per bambini, con la creazione di un personaggio animato che li accompagnerà alla scoperta della città tramite una divertentissima caccia al tesoro.

Oltre ai cartelli dedicati ai punti di interesse verranno posizionate, in punti strategici del centro storico, mappe della città e una nuova cartellonistica direzionale grazie alla quale l’utente potrà seguire un itinerario guidato alla scoperta di Clusone, la “città dipinta”. Tutti questi contenuti saranno raggiungibili grazie alla tecnologia QR Code che, riportata su tutta la segnaletica, permetterà di accedere alle informazioni 24 ore su 24, 7 giorni su 7 con un semplice tocco sullo smartphone, senza bisogno di scaricare app o altri contenuti. La prima parte del progetto, realizzata all’interno delle iniziative del Progetto S.T.A.I. direttamente da Promoserio, verrà conclusa entro la fine del 2023.

Articolo scritto da Erica Verdi per VALSeriana & Scalve Magazine – estate 2023

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Pergamena a cielo aperto https://www.valseriana.eu/blog/pergamena-a-cielo-aperto/ Tue, 11 Jul 2023 12:51:08 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=62864

La conoscenza del Medioevo è una strada in salita, fatta di lacune, sovrapposizioni e fraintendimenti non facili da sciogliere. Ma l’uomo medievale è davvero così distante da farsi irriconoscibile? Percorrendo all’inverso il corso del Serio e risalendo la nostra Valle è possibile trovare tracce artistiche e simboliche che molto hanno da trasmettere di un vissuto lontano nel tempo, ma ancora leggibile per mezzo di occhi attenti e animati da curiosità.

Beato Alberto a San Michele al Pozzo Bianco (XIII sec.)

Tanti luoghi conservano frammenti significativi che sono sopravvissuti ai secoli, alla modernizzazione di una valle che ha fatto tesoro del passato e ha rinnovato l’intraprendenza e la predisposizione al cammino e allo scambio delle genti seriane. Qualche tassello di Medioevo si coglie, dunque, con un ritorno paziente alle aree marginali, lungo le vallate secondarie e gli antichi tracciati, in corrispondenza di borghi quasi abbandonati, strade cavalcatorie dismesse e pareti affrescate di chiese che, come una pergamena millenaria, conservano le tracce dei tempi passati, delle mani di uomini che hanno percorso distanze ben maggiori di quanto non lasci intendere un raffronto con la moderna idea di viaggio.

Per seguire il calpestio dell’uomo medievale si può raggiungere l’abitato di Olera, noto nel XV secolo per l’attività dei tagliapietre locali. In questa contrada, tra Alzano e il Canto Alto, sopravvive il tessuto urbano antico, tra scale tortuose e spazi adombrati dalle case in pietra, di un sito disposto lungo le viae mercatorum, percorse dagli ardimentosi commercianti delle valli bergamasche e dai pellegrini locali, emuli dei santi il cui culto prese piede nelle chiese seriane del tempo, come San Pietro da Verona, frate domenicano e martire assassinato nei boschi lombardi tra Como e Milano, rappresentato secondo la tradizione agiografica in voga nella prima metà del Trecento nella Chiesa di Santa Maria Assunta di Torre Boldone.

Abside Abbazia di San Benedetto in Vallalta

Oggetto di rappresentazione precoce nella chiesa di San Michele al Pozzo Bianco in Bergamo Alta è il Beato della valle, Alberto da Villa d’Ogna, figura itinerante ed esempio di buon cristiano sin dalla fine del XIII secolo per i tanti mercanti e pastori locali in cerca di fortuna nella Pianura Padana, seguendo i cicli della transumanza e delle fiere commerciali lungo il corso del Serio.

Sin dai primi tratti, il fiume e i suoi affluenti garantirono all’uomo del Medioevo un supporto in- dispensabile per incanalare acqua nelle seriole e impiantare mulini, magli e fucine destinate alla lavorazione dei metalli e alla fabbricazione di armi, attività fiorenti tra Gromo, Ardesio e le vallate limitrofe nel Quattro e Cinquecento. Anche i sassi levigati dall’acqua divennero materia prima d’impiego nelle facciate delle abitazioni e delle chiese. Un esempio in tal senso si legge lungo la parete laterale della Chiesa di San Bartolomeo di Albino, sede locale dell’Ordine degli Umiliati prima di venire assorbita dalla Confraternita della Misericordia entro la fine del XIV secolo. Il territorio albinese dispone di una delle testimonianze più forti della cultura e della storia materiale del Medioevo in Val Seriana, ospitando in Valle del Lujo l’abbazia di San Benedetto di Vallalta, dove alcune architetture e strutture murarie, come le celebri absidi, conservano le forme assunte tra XII e XIV secolo.

Chiesa di San Giovanni, Gorno – Ultima cena di Giovanni da Volpino

La storia della devozione nell’arte in ValSeriana filtra fino a noi anche attraverso luoghi ben diversi da quelli formatisi per impulso monastico. Basti pensare al santuario di San Patrizio di Colzate, luogo di attrazione sorto a mezzacosta nel cuore della valle, dove le esperienze eremitiche delle origini presto si mescolarono all’ingente transito di pellegrini e viandanti in direzione dei vicini valichi prealpini. Qualcosa di simile accadde in altri luoghi disposti lungo mulattiere e strade ad alta percorrenza di circuiti secondari, come la Val del Riso, lambita dai traffici commerciali del tempo e ricca di testimonianze artistiche di rilievo. La Chiesa della contrada di San Giovanni, sopra l’abitato principale di Gorno, ospita due lacerti di affresco della seconda metà del Trecento, con un’Ultima Cena ad opera del pittore locale Giovanni da Volpino, autore di un dipinto fortemente sovrapponibile nella chiesa parrocchiale di Branico e distintosi per altre decorazioni lungo la sponda bergamasca del Sebino e in Val Camonica, prima di migrare in direzione delle vallate trentine e della campagna veronese. Anche l’arte, pertanto, testimonia la perizia e l’impegno delle genti bergamasche nel Medioevo, soprattutto nei secoli conclusivi, quando il forte senso di libertà e la rivendicazione del frutto del proprio lavoro sparse capolavori artistici nelle chiese parrocchiali e nei nuovi santuari mariani edificati nelle vallate delle Orobie. Negli stessi anni in cui venne realizzato il più celebre ciclo seriano di affreschi, presso l’Oratorio dei Disciplini di Clusone, mani non difformi decorarono la chiesetta di San Giacomo il Maggiore, eretta nella contrada di Colle Palazzo, sulle alture della Valzurio. Il Medioevo era alle battute finali, seminando gli ultimi frammenti di una stagione variopinta e irradiata dalla luce dell’uomo.

Articolo scritto da Marco Carobbio per VALSeriana & Scalve Magazine – estate 2023

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Questione di valori https://www.valseriana.eu/blog/questione-di-valori/ Tue, 11 Jul 2023 09:57:57 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=62882 «Quello che ci caratterizza è il focus sull’economia reale. Ci sono miliardi di euro fermi sui conti dei risparmiatori italiani che potrebbero essere investiti per avere un impatto positivo sulla vita di migliaia di persone. Per questo noi operiamo convogliando una parte della ricchezza privata delle famiglie italiane (che vale ben oltre 4mila miliardi di euro, il doppio del debito pubblico) verso le imprese che hanno un vitale bisogno di finanziamenti, in particolare su piccole e medie aziende non quotate in Borsa». A parlare è Andrea Spotti, libero professionista bergamasco e consulente finanziario Wealth management & private asset advisor partner di Azimut. «La passione per il settore finanziario applicato all’economia reale – spiega il professionista – nasce da ragazzino. Ho studiato economia, poi ho avuto diverse esperienze all’estero. Ho studiato lingua inglese presso una Business School in Olanda, a Groningen, il che mi ha permesso di apprendere come lavorano e studiano i paesi del Nord Europa. Una volta acquisite le competenze necessarie e l’esperienza in alcune realtà finanziarie consolidate e istituti di credito, ho deciso di fare quel famoso “salto” verso la libera professione indipendente, per poter proporre al cliente finale ciò di cui veramente necessita semplicemente ascoltando le sue esigenze. Ed eccomi qui in Azimut Capital Management». Il Gruppo Azimut è la più grande realtà finanziaria indipendente nel mercato italiano, operante dal 1989 e quotata dal 2004 alla Borsa di Milano. Due numeri per capirci: non più tardi qualche settimana fa i vertici di Azimut Holding hanno confermato l’obbiettivo di chiudere il 2023 con 6-8 miliardi di euro di raccolta netta e un utile netto di 450 milioni di euro. Azimut opera in piena autonomia da gruppi bancari, assicurativi e industriali. Il che permette ai consulenti finanziari di offrire soluzioni di gestione del risparmio efficaci, sviluppate su competenze specifiche. Da oltre quattro anni Azimut ha una sede a Bergamo, al numero 8 di viale Vittorio Emanuele II. «La Bergamasca è un terra ricca e molto operosa – spiega Spotti -. Gode di un reddito pro-capite tra i più alti d’Italia e patrimoni che vanno gestiti con estrema professionalità. Il compito di un consulente finanziario e di una società di gestione del risparmio è proprio quello di trovare le strategie migliori per sviluppare questi patrimoni, attraverso la nostra consulenza integrata e un’ampia gamma di prodotti e strumenti finanziari».

Con Azimut Capital Management, Spotti cura i patrimoni di privati e aziende. «Essere indipendente in Azimut – sottolinea il consulente finanziario – mi permette di non aver alcun tipo di pressione commerciale sui prodotti da collocare e questo è un alto valore aggiunto per il cliente». Il modus operandi del professionista è rodato e affidabile. Frutto di anni d’esperienza e risultati concreti, ottenuti sul campo. «Innanzitutto – spiega Spottidefinisco una strategia condivisa con il cliente, che ci aiuti a raggiunge l’obbiettivo economico prefissato, valutando il rischio/orizzonte temporale. Il prodotto diventa semplicemente lo step finale, lo strumento finanziario adeguato, tagliato su misura per gli obbiettivi del cliente».

In Azimut, Spotti si occupa di gestione e sviluppo del portafoglio di persone fisiche e aziende. «Le loro estrazioni professionali – spiega – sono le più variegate. Si va dal dipendente al pensionato all’imprenditore passando per i liberi professionisti. Contemporaneamente variano anche le loro esigenze, le loro aspettative, i loro obbiettivi. Alcuni clienti mi chiedono la tutela dei loro risparmi, altri la costruzione di una pensione privata, altri la gestione del Tfr aziendale. Altri ancora la quotazione in Borsa di un’azienda, oppure il collocamento di minibond, o ancora trovare dei compratori o dei fondi che acquistino un’azienda che il titolare ha intenzione di vendere. Insomma, le richieste dei clienti sono le più diverse. E di conseguenza vanno trovate strategie finanziarie giuste».

Nel dettaglio, i prodotti finanziari che il professionista è in grado di applicare alle strategie scelte e condivise sono fondi, assicurazioni, titoli e prodotti dell’economia reale, private Equity e Private debt. E poi fondi pensione e servizi rivolti alle aziende. «Attraverso un’analisi personalizzata del profilo, elaboriamo strategie di posizionamento a lungo termine su private equity, venture capital, private debt e diamo accesso esclusivo a club deal dedicati. Questo consente alle aziende che si rivolgono a noi di accedere a servizi finanziari e di marketplace alternativi al canale bancario».

Articolo scritto da Wainer Prada per VALSeriana & Scalve Magazine – estate 2023

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Armonia e sapore, il sesto senso di Tallarini https://www.valseriana.eu/blog/armonia-e-sapore-il-sesto-senso-di-tallarini/ Fri, 07 Jul 2023 14:52:06 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=62846 Una splendida struttura, immersa nel verde. Sulle colline di Gandosso che digradano verso il lago d’Iseo. Con un laghetto naturale dotato di pontile che sembra uscito da una fiaba e un giardino di essenze selezionate da architetti paesaggisti ed esperti dell’orto botanico di Bergamo. E poi terrazze panoramiche affacciate su frutteti, boschi e corsi d’acqua. E quei filari di vite, che sono il vero tesoro. È uno spettacolo, l’Azienda Agricola Tallarini.

A fondarla, quarant’anni fa, Vincenzo Tallarini, imprenditore capace di anticipare i tempi. In quella tenuta, un borgo di caseggiati antichi, intravede la possibilità di sviluppare un’attività in armonia con la natura. E lì, intorno al 1985, comincia a produrre vino di qualità. Il suo progetto: costruire una cantina tutta bergamasca. Quarant’anni dopo, quel progetto è una delle aziende enologiche più celebri della nostra provincia. Il “Fontanile” è il centro logistico e la cantina madre. Milleottocento metri quadrati coperti, fra l’austera rotondità delle botti di legno e il fascino delle pupitres gravide di magnum e champagnotte in silenziosa attesa. E poi il luccichio inox di una cantina perfettamente organizzata.

PERCORSI GUIDATI TRA GUSTO E STORIA
La struttura durante l’anno ospita anche tour enogastronomici e visite guidate con degustazioni per appassionati, curiosi o per chi semplicemente ami mangiare e bere bene. Il visitatore è guidato attraverso le fasi di produzione dei vini. Dall’arrivo dell’uva, passando per l’imbottigliamento e in ne l’etichettatura.
A questo si aggiungono i 4 percorsi enogastronomici a scelta. Sono denominati Gold, Sweet, Food e Stellata. «La prima degustazione comprende 4 vini, formaggi e salumi – sintetizza il direttore della struttura Maurizio Ginami -. La seconda aggiunge Moscato di Scanzo e biscotti. La degustazione Food comprende anche le lasagne, antica ricetta di “Nonna Maria”, mentre Stellata è un vero e proprio pranzo: antipasto, primo, secondo e dolce, oltre ovviamente ai nostri vini».

L’esperienza è coinvolgente. Avvolti dalla natura, fra profumi, aromi, sapori unici e prelibatezze per il palato. La degustazione Gold, per esempio, esalta quattro vini abbinati a prodotti locali scelti con maestria e accuratezza. Potrete gustare un flûte di spumante Crystal Rime 2019, pinot nero Brut metodo classico, da sorseggiare nella cantina di affinamento. E poi un calice di Arlecchino 2021, Chardonnay, abbinato a stracchino di Vedeseta. E ancora un calice di Vermiglio 2019, moscato rosso della Bergamasca Igt, perfettamente abbinato a salamino “Le Due Lune” di Agosto Tallarini e a culatello di Zibello. E infine un calice di Gaetano 2009, Valcalepio rosso riserva Doc, abbinato al roccolo della Valtaleggio. 

«Le nostre degustazioni – spiega ancora Ginami – sono molto richieste. Abbiamo circa un centinaio di visitatori a settimana, un po’ di tutti i tipi e tutte le età. Da chi si approccia per la prima volta ai vini, agli esperti di settore. I nostri clienti sono in maggioranza italiani. D’estate abbiamo anche stranieri, che si presentano con la foto del vino sul cellulare e vanno alla ricerca di questi assaggi».

PROVARE PER CREDERE
Chi ha provato le degustazioni parla di un’esperienza entusiasmante. «Un modo bellissimo per trascorrere una domenica pomeriggio diversa dal solito – dice Fabio L. -. La cantina è situata in un luogo incantevole e curato. La visita è stata esaustiva e chiara, anche per persone alle prime armi come me. Il vino ha soddisfatto le nostre aspettative, con una nota di merito per lo spumante». «Ho visitato la cantina un sabato pomeriggio – racconta Davide -. Le spiegazioni tecniche sono state molto accurate e condite da genuina simpatia. I prodotti? Davvero eccellenti, in particolare il Moscato di Scanzo e i vini rossi». «La visita alla cantina è stata davvero molto interessante – aggiunge Sofia P. -. La guida era preparata e molto chiara. Ha spiegato in modo semplice e completo tutte le fasi di preparazione del vino. Durante la degustazione abbiamo assaggiato prodotti e vini davvero eccellenti. Consiglio vivamente la visita».

Le degustazioni, con prenotazione obbligatoria, sono facilmente consultabili e prenotabili sul sito internet www.tallarini.com.

 

Articolo scritto da Wainer Preda per VALSeriana & Scalve Magazine – estate 2023

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Sotto sotto… c’è più gusto https://www.valseriana.eu/blog/sotto-sotto-ce-piu-gusto/ Fri, 07 Jul 2023 14:23:51 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=62848

Luoghi nei quali intere generazioni hanno lavorato duramente che oggi vivono una nuova “giovinezza”, attraverso il recupero della memoria storica e la valorizzazione di peculiarità inattese. Grazie al lavoro sinergico di enti territoriali, amministrazioni comunali, privati, associazioni culturali locali, cinque miniere tra Bergamo e Brescia sono oggi aperte al pubblico. A Gorno, Schilpario, Dossena, Collio e Pezzaze i siti, in attività fino agli ultimi decenni del Novecento, sono ora attrazioni turistiche con un percorso di visita che conduce attraverso cunicoli scavati spesso con la sola forza delle braccia. Qui i caschetti e i vagoni all’ingresso non hanno snaturato i luoghi: la memoria è viva e visibile, viene tramandata attraverso percorsi specifici e le parole delle guide aiutano a comprendere meglio lo spazio, le tipologie di materiale estratto e le fasi di lavorazione, sino a immedesimarci nelle condizioni di vita di uomini, donne e bambini. Tutto ciò consente di valorizzare l’eredità dell’attività estrattiva e il bagaglio culturale legato alla quotidianità dei lavoratori in miniera: canti, rituali, attrezzi, lavoro nei campi, allevamento di bestiame, malattie, momenti di convivialità e condivisione durante i pasti.

La miniera, i Musei ed Ecomusei connessi, i borghi minerari, costituiscono oggi un paesaggio culturale di grande importanza, perché identitario di specifiche comunità e al tempo stesso bene comune da veicolare e trasmettere alle nuove generazioni. In tale ottica, la miniera è risorsa fondamentale di sviluppo turistico, catalizza relazioni, è ricerca, è location per iniziative di valorizzazione territoriale. È ambiente dove si produce cultura… e cibo. Negli ultimi anni, l’ambiente della miniera è diventato infatti luogo ideale per affinare vini e birre di qualità, ma anche per far stagionare formaggi. I prodotti riposano fra i cunicoli della storia e, in un circolo virtuoso, assorbono il valore del passato e lo attualizzano attraverso un gusto ricercato e in grado di generare nuove narrazioni e sinergie. Andiamo quindi a vedere le tappe di questo itinerario tra i sapori nel cuore della terra, tra Bergamo e Brescia.

La birra della Val di Scalve e Val Trompia

Un progetto focalizzato su una delle risorse naturali presenti nei siti minerari di queste due piccole valli dove la natura è ancora selvaggia: l’acqua. A Schilpario, da una sorgente che deriva dalla cascata del torrente Gaffione che scende dal ghiacciaio del monte Vivione, sgorga un’acqua pura e ricca di sali minerali che con finisce in un laghetto cristallino visibile al visitatore lungo il percorso. Qui è racchiuso il segreto del gusto della Birra FRèRA. «Nel 2020 – spiega Anselmo Agoni, gestore delle miniere di Schilpario e titolare della Miniere Ski Mineho avuto un’intuizione che ho fortunatamente condiviso con gli amici del Birrificio Pagus di Rogno. Ho pensato di dare vita a una birra da miniera, ma non mi bastava che la birra prodotta altrove venisse affinata nelle gallerie: volevo che ci fosse un po’ di questa valle nel prodotto. Così è nato il progetto che oggi compie tre anni e che prosegue con nuove sperimentazioni. Ci sono voluti tre tentativi prima di individuare la “cotta” ideale, il giusto equilibrio tra acqua, malti e luppoli, coltivati secondo natura dal Birrificio Pagus». A Rogno arriva l’acqua di miniera e viene creata la miscela perfetta, grazie al metodo del “bitter inglese”. Una volta imbottigliata, la birra torna a Schilpario per la maturazione, nel caveau ricavato in miniera dove grazie ai costanti 6 °C le birre diventano ogni giorno più buone. Il risultato è un prodotto ramato, dal gusto fresco e gustoso, che ha catturato l’attenzione di esperti in tutta Europa ottenendo diversi premi internazionali. Quando la assaggerete, non farete fatica a capirne le ragioni.

Una collaborazione di successo, dedita alla ricerca di materie prime sostenibili, utili a dar vita a nuovi prodotti locali. Un format arrivato fino in Val Trompia, nel cuore della miniera Sant’Aloisio di Collio e della sua sorgente “Busana” che dà il nome alla “sorella bresciana” della Birra FRèRA. L’acqua utilizzata per la produzione della Birra Busana è ricca di calcio e magnesio con tracce di ferro, caratteristiche peculiari già note nel Settecento. Anche in questo caso si tratta di una birra ramata, messa in commercio all’inizio del mese di maggio, con un’etichetta che riporta in modo inconfondibile al metodo minerario seguito per la sua produzione.

Laghetto nella miniera di Schilpario

A Gorno, Spumante Costa Jels e non solo

Sorseggiando birra arriviamo fino a Gorno, al sito minerario di Costa Jels. Le gallerie e le caverne che si snodano per circa 230 km nel cuore della valle sono luogo ideale di riposo per uno spumante di altissimo livello. L’assenza totale di luce e di vibrazioni, la temperatura di 10 °C e l’umidità del 95%, costanti tutto l’anno, creano il posto perfetto per consentire al vino di riposare in tutta tranquillità per almeno cinque anni. Il progetto che ha spinto Alessandro Sala di Nove Lune, azienda vinicola di Cenate, fino agli 830 mt delle Miniere di Gorno parte proprio da questo ambiente naturale. «Per noi – spiega – è fondamentale che l’intero ciclo di produzione dei nostri vini rispetti i criteri di sostenibilità. Quando sono arrivato a Gorno per la prima volta ho capito che qui dovevo affinare il nostro spumante biologico da vitigni resistenti». Non si tratta solamente di una tecnica produttiva di grande efficacia; la collaborazione tra Alessandro Sala, l’amministrazione e gli operatori museali di Gorno ha generato un progetto etico e di valorizzazione del territorio. «Per me è fondamentale costruire relazioni con i luoghi dei vini della mia cantina e qui a Gorno ho trovato un ambiente accogliente, un senso di appartenenza profondo e un rispetto delle tradizioni non scontato», prosegue Sala. «Per questo raggiungo la Val del Riso non solo per le verifiche semestrali sulle bottiglie, ma anche per tour guidati che organizzo al Museo delle Miniere, dove non può mai mancare il momento gastronomico. Tutto questo mi dà grande soddisfazione».

Una bottiglia invecchiata nella miniera di Costa Jels a Gorno

Ogni step di questo lavoro è studiato nei minimi dettagli. La produzione parte dalla selezione delle uve Bronner, Johanniter e Souvignier gris, vitigni che resistono naturalmente alle malattie e che non necessitano di trattamenti chimici se non in particolari casi. Il mosto privo di residui chimici viene lavorato a Cenate Sopra, dove fermenta e per circa un anno e mezzo viene affinato in cantina in barrique di rovere francese in acciaio. A questo punto, imbottigliato, il vino viene adagiato nel ventre della montagna in Val del Riso, dove riposa per cinque anni. La prima edizione del Costa Jels – con una tiratura limitata a 1.200 bottiglie – sarà pronta nel 2025. Nell’attesa è possibile preordinare questa eccellenza, monitorata grazie a costanti report sullo “stato di salute” della bottiglia. Anche il packaging è studiato con un tocco estremamente originale: con un pezzo di minerale è stata riprodotta una bottiglia che durante la lavorazione si è scheggiata. La scheggia nata da quell’errore sarà il segno distintivo delle bottiglie di Costa Jels. Una scheggia che evoca il dolore della dura vita dei minatori ma apre a nuove possibilità, nuovi racconti e scambi culturali, che sbocceranno ufficialmente nel 2025 per la prima volta, ma che già ora stanno producendo valore.

Ol Minadùr di Dossena

Se a Gorno, Schilpario e Collio l’innovazione parla di un connubio che si apre a confronti e scambi tra realtà di diversi comuni, a Dossena la storia è tutta interna. Qui, dal 2019, una sinergia difficile da trovare altrove tra giovani, associazioni e comunità ha permesso di attivare progetti innovativi in grado di rilanciare questo borgo della Val Brembana. Di questa rinascita sono protagoniste cinque aziende agricole del territorio, un’azienda, la Cooperativa di Comunità I Rais e il nuovo formaggio “Ol Minadùr”, che nasce da una intuizione e testimonia una best practice. «A marzo 2023 si è conclusa la prima fase sperimentale – commenta orgoglioso Giampietro Gambirasio, della Cooperativa di Comunità I Rais dopo quattro anni di test, verifiche, assaggi e migliorie. Nelle miniere di fluorite della località Paglio/Pignolino può stagionare un formaggio da latte crudo e grazie a un’attenta cura nel processo di conservazione è pure buonissimo. Ol Minadùr per consistenza e sapore, dovuti alle muffe delle miniere, si distingue dalle altre produzioni casearie di questo tipo». Questo processo innovativo di stagionatura, ora regolato da un rigoroso disciplinare, garantisce un valore di mercato sensibilmente superiore allo stesso prodotto stagionato tradizionalmente, anche perché la neonata produzione è ancora su scala ridotta: ogni mese 20 forme da 5 kg di Minadùr entrano in miniera e ci restano per circa novanta giorni.

Queste storie di birra, vino e formaggio sono appena iniziate, ma nel ventre della terra la ricerca continua insieme alla valorizzazione di prodotti tipici: a Gorno hanno preso il via da poco sperimentazioni su alcune tipologie di formaggi, mentre a Dossena sono entrati in miniera formaggi di capra e stracchino. Nel tour alla scoperta del passato minerario tra Bergamo e Brescia ecco allora che il visitatore può scoprire anche aspetti di innovazione che raccontano storie di lavoro, cultura e qualità. Con il prezioso sapore della dedizione.

Articolo scritto da Serena Bonetti per VALSeriana & Scalve Magazine – Estate 2023

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Note senza tempo https://www.valseriana.eu/blog/note-senza-tempo/ Fri, 24 Feb 2023 11:29:37 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=59868 La musica, si sa, è elemento imprescindibile dell’identità culturale di un popolo e in ValSeriana essa è diretta emanazione di strumenti che vivono oggi una seconda giovinezza: il baghèt (o meglio l’antica cornamusa bergamasca) e le campanine. Patria indiscussa del primo è senza dubbio Casnigo, al punto che una specifica delibera del Consiglio Comunale stabilì nel 2009 di conferire al paese il titolo di “patria del Baghèt”. «È uno strumento povero – spiega Luciano Carminati che guida l’associazione di promozione – nato e cresciuto tra i pastori. I suonatori erano per la maggior parte contadini, e si ritrovavano nelle stalle d’inverno. Passata l’Epifania, poco prima del carnevale, il baghèt veniva riposto, per essere ripreso agli inizi dell’inverno successivo, a San Martino. Con il baghèt si suonava l’antica “pastorèla” e si accompagnava il canto».
In Bergamasca ci sono tracce della cornamusa che risalgono al 1300 e nel 1793 il pittore Lattanzio Querena di Clusone immortalò un suonatore di baghèt in una natività tuttora collocata presso il Santuario della Madonna d’Erbia. Un importante impulso alla riscoperta dello strumento fu dato dagli studi del ricercatore, musicologo e liutaio Valter Biella, autore nel 2010 del volume “Pia o baghèt, la cornamusa in terra di Bergamo” edito dal Comune di Casnigo. «Per molti suonatori – scrive Biella – la cornamusa prendeva nome direttamente dalla sacca, la baga, anzi per maggior precisione da una piccola sacca, un piccolo otre, cioè un baghèt». Così Antonio Tiraboschi descriveva lo strumento nel “Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni” del 1873: “Sorta di strumento pastorale composto di un otro (Baga) e di quattro cannelle: Bochì, Pia o Diana, Orghegn o Bas. Il bochì è la cannella più corta, con foro unico in cima per gonfiar l’otro col fiato. La Diana o Pia è la cannella un po’ più lunga, terminata in campana, con pochi fori da aprirsi e chiudersi con il polpastrello delle dita e così dare una qualche modulazione al suono che ne esce collo stringere l’otro fra il petto e le braccia. I Bas o Orghegn sono le due cannelle servire da accompagnamento”.

Il Baghèt

Nel municipio di Casnigo sono conservati due antichi strumenti, appartenuti il primo al casato degli Zilioli (conosciuti come “Fiaì”), e il secondo a Giacomo Ruggeri detto “Fagòt”, probabilmente ultimo suonatore di baghèt dell’intero arco alpino sino agli anni ’60 e successivamente testimone di un’arte tramandata attraverso la sola tradizione orale. Oggi il baghèt (il cui “luogo del cuore” è la chiesa della Ss. Trinità, definita la Sistina della Bergamasca) si avvale dell’attività di alcuni suonatori, che tengono viva una tradizione secolare. Decisa la volontà di riproporne l’anima popolare e festosa, al punto che il gruppo guidato da Luciano Carminati nel recente passato ha proposto le proprie melodie a Expo Milano 2015, allo Zecchino d’Oro su Rai Uno e in un cliccatissimo video con il Gabibbo su Canale Cinque. Un altro strumento estremamente caro alla tradizione della ValSeriana è quello delle “campanine”. Un termine che al contrario delle apparenze non allude a una campana in miniatura, bensì a uno strumento preparatorio per avvicinarsi al suono delle campane, in particolar modo al “suono d’allegrezza”, vale a dire del suono a tastiera o a carillon.

Quirino Picinali con le campanine in una foto di Scheuermeir del 1932

«Le campanine – spiega Luca Fiocchi della Federazione Campanari Bergamaschi che nel 2022 ha celebrato a Nembro il ventesimo di fondazione – nascono verso la fine del XVIII secolo, quando in area bergamasca e lombarda vengono fusi concerti di campane con cinque e più bronzi, intonati in scala ascendente maggiore. Ci fu un probabile influsso della cultura d’oltralpe, in particolare delle Fiandre, dove fiorenti erano i commerci tessili seriani. Una “contaminazione” decisiva per utilizzare la campana come un vero e proprio strumento musicale e non solo come richiamo per le funzioni. Il suono a carillon entrò in Lombardia e impose il dominio di una tecnica in precedenza sconosciuta, dando vita a un repertorio popolare con brani tramandati dalla sola tradizione orale. Da qui l’esigenza di uno strumento d’esercizio, utile a memorizzare le melodie da eseguire sul campanile. È ancora da chiarire il motivo per cui le campanine bergamasche siano state costruite con risuonatori in vetro (spesso recuperati da vecchie finestre), fatto decisamente unico in Italia, ma certamente la costruzione s’inserisce nel panorama dei vetrofoni europei elaborati nel XVIII secolo. Esattamente come avviene con lo xilofono, il progressivo ridursi della lunghezza del risuonatore fa crescere la sua intonazione. Allo stesso modo, il vetro di maggiore spessore porta ad avere una nota più acuta. Ciò che rende il vetro suonabile è la cassa armonica, costituita da una scatola in legno rettangolare, dotata di un coperchio su cui viene praticata un’apertura per favorire la percussione sui vetri, intonati e disposti in serie, da parte di due martelletti. In passato veniva utilizzato legno povero, derivante da cassette di frutta o vecchi mobili. Negli anni più recenti le campanine hanno utilizzato materiale alternativo al vetro. È il caso del metallo e dell’ottone, la cui sonorità viene più direttamente assimilata al suono delle campane».

Campanine suonate al Santuario della Santissima Trinità

Il repertorio delle campanine in Bergamasca, intese come strumento preparatorio per la musica da eseguirsi sul campanile, non si discosta molto da quello delle campane. Annovera perciò marce, qualche brano religioso e molta musica da ballo. Le campane e le campanine si collocano a metà strada tra la dimensione sacra e quella profana, in quanto sono strumenti finalizzati alla celebrazione delle solennità, ma presentano anche un repertorio tipicamente popolare. Le aree in cui si è sviluppata maggiormente la tradizione sono la Media Valle Seriana, la Val Gandino e la Media Valle Brembana, ciascuna con un repertorio ben definito. Prezioso “certificato” della tradizione seriana delle campanine arriva da una foto che risale agli anni ’30 del Novecento, quando a Gandino giunse lo studioso svizzero Paul Scheuermeier che già nel 1920 aveva intrapreso un viaggio per redigere “l’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale”. Un lavoro, testuale e fotografico, disponibile presso l’archivio del Seminario di Romanistica dell’Università di Berna. Lo studioso svizzero soggiornò a Gandino dal 27 al 30 settembre 1932, affiancato dal disegnatore Paul Boesch. I due furono guidati a usi e costumi quotidiani da Quirino Picinali (1880-1962) detto Manòt, di professione falegname, ma anche campanaro. In un’immagine si vede lo stesso Picinali intento a suonare le campanine. Oggi a portare avanti un egregio lavoro di valorizzazione è la Federazione Campanari Bergamaschi, che a Leffe, Scanzorosciate, Sorisole e Roncobello ha attivato Scuole Campanarie frequentate da tanti giovani allievi. Perché la melodia non si debba interrompere.

Articolo scritto da Giambattista Gherardi per VALSeriana & Scalve Magazine – inverno 2022/2023

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Passi d’autore https://www.valseriana.eu/blog/passi-dautore/ Fri, 24 Feb 2023 11:06:45 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=59288 Letteratura e montagna vanno d’accordo. Saliamo in montagna perché vogliamo ritrovarci immersi in una natura selvaggia, perché vogliamo ritrovare una bellezza che non sia contaminata o modellata dalla mano dell’uomo, cerchiamo un ambiente antico, forse primigenio. Autentico. I boschi, le rocce, i ruscelli, le pareti che ci sovrastano, che parlano di qualcosa che sta in alto, molto più in alto di noi. Che tuttavia cerchiamo di raggiungere, a prezzo di grandi fatiche, come se salire in alto e avvertire la fatica fosse un immergersi nel profondo di noi stessi.

Forse per questa ragione letteratura e montagna vanno d’accordo. Forse per questo motivo tanti scrittori hanno ambientato le loro storie in questo mondo selvaggio, tra le rocce, le prateria alpine, le nevi, il cielo. Salendo in montagna si avvertono sensazioni simili a quelle che si provano leggendo una bella poesia o un buon romanzo: vanno nel profondo, fanno avvertire un senso di autenticità. Come la montagna. Per questa ragione il pensiero di istituire dei Percorsi Letterari sui pendii appare una buona idea. La Comunità Montana Valle Seriana, in collaborazione con PromoSerio, ne ha avviati quattro: uno ad Ardesio, da Cerete a Cacciamali, uno sul colle Crosio al confine con l’Altopiano di Clusone, uno a Gandino che da Valpiana conduce alla Baita Monte Alto e, infine, uno a Onore, nella Val di Tede. Sono Segnali di cultura. Il primo è dedicato a uno dei più grandi scrittori italiani, che aveva la montagna nel cuore: Dino Buzzati. Il secondo è un sentiero dedicato all’immenso Dante Alighieri e alla sua Divina Commedia, il terzo riguarda Mario Rigoni Stern e il quarto ha come protagonista Italo Calvino.

Cacciamali, frazione di Ardesio

Il percorso di Buzzati parte da Cerete e sale a Cacciamali, per la lunghezza di un chilometro, in pendenza non trascurabile: meglio salire con gli scarponcini. Cacciamali si trova a mille metri di quota, in un pianoro dal quale si ammirano i giganti delle Orobie: Redorta, Scais, Coca. È un borgo rurale di poche case e nessuno più ci abita stabilmente. Tuttavia, le abitazioni sono state quasi tutte recuperate con grande rispetto dell’architettura contadina e si rianimano nei fine settimana, nelle festività, in estate. Il Percorso Letterario prevede nove stazioni, accompagnate ciascuna da frasi tratte da opere di Buzzati, selezionate da Paolo Aresi (giornalista e scrittore): dal celeberrimo “Il deserto dei Tartari”, a “Barnabo delle Montagne”, ai racconti del grande scrittore che era nato in provincia di Belluno, all’ombra delle Dolomiti, le montagne che poi per tutta la vita avrebbe percorso.

Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, le valli… il cielo, i tramonti, la neve… di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d’amore.
DINO BUZZATI

Il sentiero dedicato a Dante si trova invece a Clusone, sul colle Crosio, una collinetta che sta al principio del paese e in cima alla quale si trova una chiesa del Seicento, dedicata alla Ss. Trinità. Si sale in venti minuti. I versi di Dante, selezionati dal giornalista ed esperto d’arte Giuseppe Frangi, sono tratti dalla seconda cantica della Divina Commedia, il Purgatorio, dove la fatica del cammino è espressa in più punti: è la meta che dà al poeta l’energia per salire, e la meta è addirittura il Paradiso. La cima del colle offre una bella veduta di tutto il territorio dell’Altopiano, delimitato dal Pizzo Formico, con la grande Croce al confine con la Val Gandino, e dal Monte Cimiero.

Noi divenimmo intanto a piè del monte;
quivi trovammo la roccia sì erta,
che ‘ndarno vi sarien le gambe pronte
DANTE ALIGHIERI, PURGATORIO, CANTO III, VV . 46-48

Il sentiero dedicato a Mario Rigoni Stern si sviluppa nel territorio di Gandino ed è proprio il CAI del paese (che unisce anche Cazzano S. Andrea e Casnigo) ad avere curato la scelta dei testi; Rigoni Stern è famoso per il romanzo “Il sergente nella neve”, ambientato in Russia nei giorni della terribile ritirata verso occidente. Rigoni, nato ad Asiago, era uno di questi soldati, che lasciarono le trincee sul Don e affrontarono la battaglia di Nikolajewka il 26 gennaio del 1943 riuscendo poi a rientrare in Italia. Nei suoi libri successivi al “Sergente” i temi della natura diventarono fondamentali: Rigoni sottolinea il valore della buona relazione con l’ambiente, con i boschi, la montagna, gli animali per potere arrivare a una vera serenità interiore. A cogliere il senso di percorso e citazioni c’è stata anche l’installazione “71 anime – Il viaggio onirico di Mario Rigoni Stern” che l’artista Ivano Parolini di Gandino ha dedicato il 22 e 23 ottobre 2022 alla tragica ritirata di Russia.

Erano belle le sere estive con la luna sopra i tetti. Mi pareva di sentire le stelle e invece erano i grilli sui prati. Allora le voci del paese e della natura intorno, gli odori, i rumori, le nuvole e le luci avevano chiaro riferimento con la vita e seguivano le stagioni dei nostri giuochi e del lavoro degli uomini.
MARIO RIGONI STERN

Valpiana di Gandino – Installazione di Ivano Parolini

Da Rigoni Stern a Calvino il passo non è lungo; erano pressoché coetanei e anche l’autore di Marcovaldo scrisse della guerra e della Resistenza per poi approdare a una scrittura in qualche modo fantastica e umoristica. A Italo Calvino il comune di Onore ha dedicato un itinerario breve in località Rovena, settecento metri, che si percorre in un quarto d’ora. I testi sono stati selezionati da Ettore Schiavi, vicesindaco del paese.

Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei più o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.
ITALO CALVINO

L’iniziativa è un progetto della Comunità Montana Valle Seriana, finanziato da Regione Lombardia nell’ambito di “Lombardia Attrattiva 2021”, coordinato da PromoSerio, con la partecipazione dei Comuni interessati. Lo scopo è il dare valore al territorio, sottolineando le sue armonie, le sue caratteristiche, mettendole in relazione con le parole che esprimono sentimenti, emozioni, considerazioni a un livello di grande consapevolezza. Per questa ragione sono stati coinvolti autori di valore indiscutibile.

Articolo per VALSeriana & Scalve Magazine – inverno 2022/2023

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Segnali di Cultura https://www.valseriana.eu/blog/segnali-di-cultura/ Fri, 24 Feb 2023 10:59:12 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=59303 Il progetto legato ai Percorsi Letterari è realizzato nell’ambito del bando Lombardia Attrattiva, con lo scopo di valorizzare il patrimonio naturale del territorio in chiave originale e innovativa, utilizzando vari linguaggi espressivi, culturali e letterari. Una chiave creativa cui hanno dato pieno compimento Iriam Bettera Design di Onore e Abitare Baleri di Ferdy Baleri ad Albino. Grazie al loro sforzo sinergico, è stato possibile realizzare e posizionare i Segnali di Cultura lungo i sentieri.

Ogni tappa dei singoli percorsi è accompagnata da un cartello nero con una banda colorata, posto su un’asta che è infissa nella roccia; sull’asta tre sassi di fiume sottolineano il rapporto con la montagna.

Così Iriam Bettera spiega gli elementi dei Segnali di Cultura:

«Il Bastone, di ferro, materiale crudo vero e forte. Ferro che racconta storie di miniere sudate e di piccozze che segnano le rocce. Ferro che resta nel tempo e lo racconta, lo scandisce con ritmi che sopravvivono all’uomo. Il Gesto, istintivo e forte dell’innestarsi della punta nel terreno. Non in perfetta verticalità, quella non appartiene al faticoso muoversi in montagna, ma un’incidenza obliqua, naturale per il braccio di chi percorrendo sentieri montani cerca sostegno. La declinazione dell’Omino, l’Umì, così è detto l’accumulo di sassi, primordiale segnale del sentiero, piramide nata spontanea che si rinnova e cresce con il lento rituale del lasciare, sasso dopo sasso, un segno rispettoso del proprio passaggio alla montagna. Il piano dove sono incise parole che ci rendono unici al mondo, discendenti di menti che hanno guardato da una prospettiva diversa, più alta: allora lo scritto sia in verticale, affinché per leggere si debba muovere il capo in modo inusuale, per rispetto e riconoscenza».

Giovedì 27 ottobre 2022 a Onore il progetto è stato presentato nel corso di un incontro fra imprese e territorio, coordinato da Gianluca Madonna, consigliere PromoSerio delegato al settore Industry.

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Una ragazza d’oro https://www.valseriana.eu/blog/una-ragazza-doro/ Fri, 27 Jan 2023 13:58:43 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=59302 Eppure Chiara non se la tira neanche un po’. Quindici anni compiuti da poco e parecchie medaglie al collo. Medaglie di quelle pesanti, che luccicano di metallo pregiato. Ma lei resta umile. Non dice a nessuno quello che fa. Titolo italiano, tre ori ai Giochi del Mediterraneo, oro agli Europei di Monaco di Baviera e tanto per gradire oro individuale e bronzo a squadre al Tb Pokal di Stoccarda, classicissima della ginnastica continentale. Dietro tutto questo sfavillare di titoli c’è una ragazza che sta crescendo, che scopre le emozioni della vita e la voglia di stare con le amiche, conoscere coetanei, prendersi una cotta. Il tempo è sempre un po’ tiranno per chi vuole assurgere a certi livelli. «Si allena tutti i giorni dalle 9 di mattina alle 5 del pomeriggio – spiega la mamma Elena Savoldelli -. Il mercoledì e il sabato invece fa solo la mattina, dalle 9 alle 13.30». Quel “solo” riferito a oltre quattro ore di fatica rende bene l’idea della dimensione dello sforzo, dell’altezza vertiginosa a cui sta viaggiando la giovane di Songavazzo.

Una vita molto sincopata, un ritmo frenetico di sport e studio. «La scuola è quasi sempre online: frequenta la iSchool (liceo delle scienze applicate), segue le lezioni registrate e un percorso didattico personalizzato per riuscire a incastrarsi con le esigenze della ginnastica» aggiunge papà Maurizio. «Studia anche in macchina, sfrutta quella mezz’ora di viaggio. Oppure mentre guardiamo la tv, lei sta lì con noi in sala e riesce a concentrarsi sui libri».

Elena Savoldelli, Massimo Gallina, Lara Magoni, Chiara e il Sindaco Covelli

Giuliano Covelli, sindaco di Songavazzo, il 15 ottobre scorso le ha consegnato il Premio Atleta dell’Anno in una serata di festa con tutto il paese. «Il 13 dicembre la premierò con la borsa di studio» aggiunge il primo cittadino. Non stupisce, in realtà. «Sa porsi degli obiettivi, lavora con tenacia e determinazione – prosegue la mamma -. In passato qui girava tutto intorno alla ginnastica. Adesso Chiara alterna due settimane a Cesena (milita nell’Us Renato Serra) e due a casa. Ogni tanto frequenta le lezioni in presenza, ma capiterà un paio di volte al mese». Tra sessioni di trave, corpo libero, volteggio, e pagine di storia, matematica, chimica, la routine di una ragazza così rischia di lasciare davvero senza fiato. «Cerchiamo di distoglierla un po’, quando possibile. A questa età i sacrifici pesano di più, lei scopre il mondo intorno. Le sue amiche sono le compagne dell’artistica. Quando possiamo la portiamo da loro, si trovano vicino a Bergamo. Non è facile tenere insieme tutto, ma lei è brava a mantenersi in equilibrio» dice la madre.

I genitori non hanno mai fomentato particolarmente la figlia. «Quando aveva pochi anni la maestra ci ha detto di farle fare uno sport che la stancasse. Era un bel peperino. Così abbiamo pensato all’artistica, che era praticata già da sua sorella maggiore». Da lì non si è più fermata, senza il bisogno di particolari sproni da parte di mamma e papà. «È arrivata un po’ tardi ai livelli più alti. Ci sono bambine, magari figlie di ginnaste, che a sette anni già puntano al circuito Gold. Noi qui a Songavazzo pensavamo ad altri sport, lo sci. Di certo non la ginnastica. Però l’abbiamo assecondata». Chiara mostrava una grande forma, ma non era di certo la favorita nel 2019, anno dell’exploit con il titolo italiano nell’individuale. «Il percorso successivo non è stato banale. Ha avuto un infortunio, c’è stato il Covid. Ma alla ripresa si è fatta trovare pronta».

I sacrifici delle ginnaste sono alla ribalta in queste settimane. In particolare quelli alimentari. I genitori della Barzasi non svicolano rispetto all’argomento. Tutt’altro. «Due anni fa era notevolmente sottopeso. L’allenatore Massimo Gallina allora l’ha portata da un nutrizionista, che la segue tuttora. Certo, non può abbuffarsi di patatine fritte tutti i giorni, questo è ovvio e valido per gli atleti di qualsiasi sport. Deve mangiare sano, molta verdura. Deve tenersi controllata e per questo c’è il nutrizionista, ma nella ginnastica artistica le ragazze non sono poi così esili. Anzi, mostrano braccia e gambe muscolose. Le polemiche riguardano più che altro il mondo della ritmica» sottolineano i genitori di Chiara. Elena e Maurizio si chiedono da dove arrivi questa tenacia. Cosa spinge la ragazza ad accettare tutti questi sacrifici? «È quasi una dipendenza – sorridono -. Entrano in un mondo che le affascina moltissimo. Abbiamo detto all’allenatore che ce l’ha “drogata” di ginnastica. Scherzi a parte, più si allena e più lo vuole fare, i risultati danno una grande carica. E poi stanno bene tra amiche, fanno squadra, nonostante sia uno sport individuale. Si sostengono e vivono insieme emozioni fortissime». Chiara è un esempio, per un piccolo borgo come Songavazzo è una gioia grandiosa. «Porta il nome del nostro paese in giro per l’Italia e l’Europa – afferma il sindaco -. Questo mi emoziona. Potrebbe andare alle Olimpiadi del 2028, e il pensiero mette i brividi. Più che celebrarne le gesta è importante che il suo sia un grande esempio, per tutti».

 

Articolo scritto da Fabio Busi per VALSeriana & Scalve Magazine – inverno 2022/2023

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Luci che sorprendono https://www.valseriana.eu/blog/luci-che-sorprendono/ Fri, 27 Jan 2023 13:43:46 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=59287 Quando si è in viaggio in borghi e città ricche di storia, si ama entrare in anticipo nello spirito del luogo. Succede così che davanti ai capolavori (quelli segnalati dalla guide turistiche e dai blogger più affermati) si arrivi preparati e “imparati”. Non è così per i dettagli più nascosti: i portoni che aprono su antiche corti e le scalette dal selciato incerto sono dettagli che ci sorprendono e affascinano: stupiscono perché sono imprevisti, nuovi allo sguardo. Su queste considerazioni si basa un’efficace promozione territoriale che deve stimolare la curiosità del potenziale viaggiatore comunicando quanto di più bello potrà trovare, ma al tempo stesso garantire l’effetto sorpresa, per assicurare autenticità e profondità all’esperienza di visita.

Una delle scende del videomapping

In questo gioco tra luoghi imperdibili e dettagli nascosti, ci sono sempre e comunque dei capolavori simbolo, “eccellenze” culturali che la storia ci ha consegnato e che siamo propensi a considerare luoghi sacri.

Forse è per questo motivo che quando il Comune di Clusone ha iniziato a ipotizzare di “accendere” la Torre dell’Orologio con una proiezione animata la prima reazione è stata: «Ma proprio lui? Proprio l’Orologio che è bello così, che si basta da solo con quella miriade di simboli, colori, movimenti, che dal 1583 è garanzia di tecnica, meccanica e creatività insieme?». L’atteggiamento era di imbarazzo, quasi come se “intervenire” su di lui, seppur in modo temporaneo, fosse una mancanza di rispetto verso quel Pietro Fanzago che lo progettò e lo consegnò alla sua Clusone dimostrando «con l’ingegno e la manualità che le stelle, solo in minima parte, sono mosse da ragioni a noi oscure ». Chissà poi se mentre concepiva un meccanismo tanto ardito, Fanzago si sarebbe immaginato un successo simile, che ancor oggi vede garantito ogni giorno il caricamento manuale.

Nella provocazione lanciata dal Comune però si poteva intravedere una grande opportunità: quella di valorizzare uno dei beni culturali più noti di tutta la Lombardia, l’Orologio Planetario Fanzago appunto, creando nuovi punti di vista, generando emozioni inedite grazie a uno spettacolo innovativo. Quindi… sfida accettata: ci si è messi al lavoro per creare qualcosa di grande, scenografico e soprattutto qualitativamente all’altezza del luogo.

Il videomapping sulla Torre dell’Orologio non poteva certo essere solo un groviglio di fasci luminosi, scintillii e musiche accattivanti: il rischio di creare qualcosa di inopportuno era reale. Non tanto per turisti e visitatori che nelle ore serali si sarebbero trovati immersi in uno spettacolo comunque d’impatto, quanto piuttosto nei confronti di Clusone e dei suoi cittadini, che quotidianamente convivono con questa bellezza e l’hanno eletta a simbolo della propria storia.

Meccanismo di orologio presente al MAT

Il cuore del progetto risiedeva proprio lì: regalare qualcosa di eccezionale a coloro che vivono, lavorano, amano Clusone. Compreso Pietro Fanzago, che eccezionale lo è stato per davvero. Un modo per sviluppare un sentimento identitario che, si sa, è lo strumento più potente per presentarsi poi come una destinazione vera, autentica, accogliente e generosa, desiderosa di condividere con turisti e visitatori il proprio patrimonio storico e artistico.

Per creare uno spettacolo che in pochi minuti potesse accendere l’immaginazione è stato necessario sviluppare un progetto che raccontasse una storia, un’idea che prendesse forma e movimento, facendo in modo che la Torre del Municipio non diventasse un puro supporto, un “telo bianco” su cui semplicemente proiettare. Grazie alla sensibile creatività del cartoonist Adriano Merigo (animatore video dal 1980 come collaboratore dello studio Bozzetto per pubblicità e sigle di programmi Rai) è nato “Una Torre di Luce”.

È stato un lavoro complesso, ma condiviso da Comune e PromoSerio e dal creativo. Un felice incontro tra diverse idee, un approccio di reciproca fiducia che ha portato a un risultato davvero apprezzato. Mesi di ragionamenti sulla miglior strumentazione da utilizzare, incontri per ottimizzare i tempi, le animazioni degli Angioletti nei quattro lati dell’Orologio, e ancora le serate dei test tecnici a guardare la Torre, sempre da un’unica prospettiva, mappature da perfezionare. Ore a guardare l’Orologio, con alte aspettative e una grandissima curiosità di vedere finalmente collocato al suo posto ciò che era stato fino al quel momento solo un rendering su uno schermo pc. «Il videomapping, dal punto di vista dei contenuti, non si discosta da altri progetti di animazione spiega Merigo, quello che cambia in modo evidente è l’unicità del lavoro; seguendo la struttura architettonica della parete su cui si proiettano le immagini, serve dare attenzione a tutti gli elementi che si incontrano: finestre, mensole, la disposizione dei muri… Si lavora per qualcosa che non è trasportabile su altre pareti».

Adriano Merigo – cartoonist

Poi l’accensione ufficiale: perfetto nelle proporzioni, fluido nella narrazione, un audio che ne alimenta la potenza, piazza Orologio gremita di gente con il naso all’insù per vedere lo spettacolo. E che spettacolo! Non solo la prima sera, perché a ottobre e novembre sono state tanti gli spettatori arrivati da ogni parte. L’Orologio in questo modo prende vita e ci racconta in modo elegante tutto quello che Pietro Fanzago è riuscito a combinare con ingranaggi e con una sola lancetta che gira in senso antiorario: i venti, le fasi lunari, gli equinozi e i solstizi, i segni zodiacali, i mesi, le ore, i minuti, lo scorcio su quel meccanismo che racchiude il segreto di tutto questo e che altrimenti, nelle ore notturne, i turisti non potrebbero scoprire. C’è stato spazio per raccontare a turisti e clusonesi anche di un altro illustre baradello, quel Giovanni Legrenzi che non conobbe Fanzago perché visse nel Seicento. In quell’epoca portò eccellenza nel campo musicale diventando riferimento per il barocco europeo. Clusone gli ha dedicato Musica Mirabilis, un festival internazionale inaugurato l’8 ottobre 2022 e che proseguirà fino al 2026, quando ricorrerà il quarto centenario della sua nascita. Un progetto che aspira a essere multidisciplinare, con l’arte e la cultura sempre a muovere relazioni e idee.

Come sempre, le buone intuizioni e le relazioni costruttive, generano progetti che non si esauriscono in un battito di ciglia. Così, la “Torre di Luce” continuerà ad accendere Piazza dell’Orologio nei prossimi mesi: a sorpresa, per il periodo natalizio l’Orologio parlerà non solo di sé, ma anche del contesto culturale, naturalistico, sociale della comunità della quale, da cinquecento anni, scandisce tempi e stagioni. D’ora in poi tutti potranno godere di due immagini complementari dell’Orologio: una scientifica, didascalica, alla luce del giorno, e una emozionante, coinvolgente, rapida, in movimento ed esclusiva, che brilla nella notte.

Le luminarie accenderanno ValSeriana e Val di Scalve nel periodo natalizio, è la tradizione del Natale che lo richiede. Grazie all’operazione di videomapping a Clusone si è riusciti a fare un passo in avanti: la “Città del Tempo” è la tappa irrinunciabile di un percorso emozionale, che passa anche da Castione della Presolana, con una proiezione entusiasmante che valorizza l’architettura imponente della Chiesa Parrocchiale di Bratto in occasione dei 150 anni dalla costituzione della Parrocchia e in concomitanza con la ventesima edizione dei Mercatini di Natale.

Chiesa Parrocchiale di Bratto

La Valle si illumina e attraverso le nuove tecnologie valorizza i suoi capolavori, crea una geografia artistica grazie alla potenza della luce, delle immagini, dei colori. Un fascio luminoso che unisce enti, professionisti, volontari e illumina passione e futuro. Nel 2023, anno di Bergamo Brescia Capitale della Cultura, anche le Valli, insieme ai due capoluoghi, potranno stupire i visitatori e offrire esperienze uniche. Ciascuno brilla di luce propria: in ValSeriana c’è tanta voglia di condividerla.

 

Articolo di Serena Bonetti per VALSeriana & Scalve Magazine – inverno 2022/2023

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Il Belvedere di Giusi Pesenti Calvi https://www.valseriana.eu/blog/il-belvedere-di-giusi-pesenti-calvi/ Fri, 27 Jan 2023 11:43:44 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=59299 Nel parco della proprietà Belvedere, sulle colline di Alzano Lombardo, ci sono tre querce secolari. Sono alberi bellissimi e enormi, ognuno con più di 150 anni. In un angolo un po’ più in là, nella valletta, c’è quello che una volta era un tiro a segno. Alcune lettere ritrovate a posteriori, dicono che lì i garibaldini siano venuti a provare i loro fucili, donati dall’allora proprietario della tenuta, il conte Defendente Piccinini, prima della spedizione dei Mille. Forse c’è stato anche Giuseppe Garibaldi, in persona. Seduto sul bordo di una delle meravigliose fontane della tenuta, l’Eroe dei Due Mondi avrebbe addirittura gustato delle fresche angurie. È un patrimonio storico e immobiliare enorme quello che Giuseppe Pesenti Calvi, detto “Giusi”, discendente della famiglia di imprenditori del cemento, ha lasciato al Comune di Alzano Lombardo.

Interni del Belvedere

Sulla facciata della meravigliosa villa che domina la tenuta ci sono ancora gli stemmi di famiglia. Oggi la struttura è gestita dalla Fondazione Giusi Pesenti Calvi. Il Comune l’ha fondata il 20 luglio 2020 ottemperando al testamento dell’imprenditore, morto nel 2018, a novantatré anni. La Fondazione, che ha cominciato ad operare nel 2021, non ha fini di lucro. Persegue esclusivamente finalità culturali, sociali e di pubblica utilità, nell’interesse della comunità di Alzano Lombardo. Obiettivi espressi nello Statuto, che la Fondazione realizza attraverso i rendimenti del patrimonio finanziario, in linea con quanto indicato nel testamento dell’imprenditore. Fra gli obblighi testamentari ci sono anche la conservazione, il mantenimento e la prosecuzione dell’attività agricola della tenuta. Per questo la Fondazione è già arrivata un accordo con l’Università di Milano, facoltà di agraria, e sta lavorando con quelle di Bergamo e Brescia, oltre che con Cariplo, per le attività culturali.

Viale del Belvedere

La Fondazione è guidata da un consiglio d’amministrazione composto dalla presidente Mariangela Carlessi, dal vicepresidente Sergio Valetti, dal consigliere Fabrizio Bonomi e dal revisore dei conti Daniela Barbara Morlacchi. Gestisce il patrimonio che l’imprenditore ha lasciato al Comune. Ovvero, un’area di circa 54 ettari per lo più composta da bosco, 10 fabbricati (la maggior parte vincolati a monumentale, in area paesaggistica), tra i quali la nota “villa Belvedì”, realizzata negli Anni Sessanta su più antiche preesistenze.

La costruzione, chiamata anche Castello, è la testimonianza di una storia gloriosa ma non ostentata. Si trova all’imbocco della strada che, dalla Büsa di Alzano, si avvia verso le frazioni di Olera e di Monte di Nese. Perfettamente inserita nel paesaggio naturalistico e rurale circostante, è incastonata sulle pendici del Monte Colletto. La sua posizione è strategica: lungo uno dei più importanti tracciati viari delle epoche antiche, la via Mercatorum, fino al Cinquecento unico accesso per gli scambi commerciali con la Valle Brembana.

Fontana presente all’interno del parco del Belvedere

«Tutta la proprietà è vincolata dalla Soprintendenza – spiega la presidente Carlessi – e per rendere fruibile l’accesso alla villa, che è una casa museo, serve un adeguamento della strada, attualmente uno sterrato a tornanti poco funzionale ad attività pubbliche. Stiamo cercando di reperire i fondi attraverso un bando per poi sottoporre il progetto alla Soprintendenza. Nel frattempo abbiamo restaurato la Cappella settecentesca che sarà inaugurata nel 2023. E dobbiamo lavorare anche su un fronte franoso a monte della villa, che va sistemato». Oggi la villa – che sovrasta su sinuosi terrazzamenti lungo la collina, fino a pochi decenni fa coltivati a vite, e si trova ai piedi del fitto bosco che si estende a monte -, è perfettamente conservata. Elegante, ma non eccessiva, è circondata da alberi e ha un viale d’accesso costellato di maestosi cipressi. Qui non è difficile immaginare Pesenti Calvi a passeggio, con i guanti bianchi del blasone e la proverbiale gentilezza con i suoi ospiti.

Giuseppe Pesenti Calvi era nato il 6 gennaio 1925 a Nese, nella Villa fatta erigere dal nonno Carlo Pesenti all’antica proprietà Montecchio. Era stato il nonno, nel 1906 a fondare la storica società che nel 1927 diventerà Italcementi. La famiglia, con una rapida ascesa, diventò fra le principali della borghesia industriale italiana. Giuseppe fin da piccolo mostrò grande passione per la terra e per la campagna. Tanto che nel 1956 si laureò in Scienze Agrarie a Pisa con una tesi su “Vini da pasto e vini speciali”. Dalla madre ereditò grandi proprietà terriere nella Bassa Bergamasca. A Martinengo diede vita a un’importante azienda per l’allevamento dei bovini da latte che rimase la sua attività principale fino agli anni Duemila. Dal nonno paterno invece acquisì la grande tenuta Belvedere, che trasformò nella sua casa di campagna. Qui sui terrazzamenti, coltivava vino Merlot. Profondamente legato alla sua terra, alle sue origini, al ruolo che la famiglia rivestì per la città in cui era nato, Pesenti Calvi morì nell’amata residenza del Belvedere il 12 febbraio 2018, designando quale erede universale il Comune di Alzano Lombardo. La sua salma riposa nella Cappella Pesenti, disegnata da Luigi Angelini, nel cimitero di Alzano. Sulla lapide, una semplice iscrizione: “Agricoltore”.

Esterni del Belvedere

Oggi la Fondazione che porta il suo nome dispone anche di un Comitato tecnico scientifico che si occupa di attività di consulenza per i diversi organi della Fondazione e di formulare pareri non vincolanti sulle attività, le linee guida, i programmi e gli obiettivi inerenti le finalità dell’ente. Del Comitato fanno parte Maria Mencaroni Zoppetti, Riccardo Panigada, Ugo Castelletti, Doriano Bendotti e Bruno Pirola. «La Fondazione gestisce gli immobili con lo strumento giuridico del diritto di superficie per trent’anni. Il loro valore di proprietà superficiali è stimato in oltre 5 milioni di euro. I terreni sono concessi in usufrutto gratuito per trent’anni, per un valore di 230mila euro. Il valore dei mobili, suppellettili e attrezzature agricole è di oltre 800mila euro. La gestione del patrimonio immobiliare e mobiliare del “Belvedere”, rimasto in proprietà al Comune di Alzano Lombardo, segue criteri e indicazioni testamentarie specifiche e stringenti», spiega ancora Carlessi.

Cancello di ingresso al Belvedere

Inoltre, ogni anno la Fondazione mette in palio borse di Studio per studenti del settore agricolo, forestale e ambientale, organizza il torneo annuale del Roving (caccia con l’arco, disciplina di cui l’imprenditore era appassionato), promuove attività culturali, sociali e sportive. Dalla sommità della villa si gode un panorama meraviglioso delle colline, che digradano verso valle. Insomma, grazie al lascito di Giusi Pesenti Calvi e al lavoro della Fondazione, un pezzo importante della storia e della bellezza della terra bergamasca continua a vivere, immutato, nel tempo.

Articolo scritto da Wainer Preda per VALSeriana & Scalve Magazine – inverno 2022/2023

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Lino Val Gandino, a Washington e nel mondo le copie della Sindone https://www.valseriana.eu/blog/lino-val-gandino-a-washington-e-nel-mondo-le-copie-della-sindone/ Sat, 05 Feb 2022 08:37:44 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=52541 Un ulteriore passo per un progetto che negli ultimi due anni ha caratterizzato l’impegno di una Valle, fra lavoro e devozione.
È in programma sabato 26 febbraio a Washington l’inaugurazione di “Mystery & Faith: The Shroud of Turin” la mostra-evento che saluterà la collocazione nel locale Museum of the Bible di una copia certificata in lino antico della Sindone conservata nel Duomo di Torino.

 

La sala del Museo della Sindone a Torino dove sarà collocata la copia della Val Gandino

 

L’esemplare proviene dai manufatti realizzati lo scorso anno grazie al progetto “Lino Val Gandino”, destinato a portare nel mondo un messaggio di speranza ma anche l’arte tessile senza tempo della Bergamasca.

 >> SCARICA LA BROCHURE DEL PROGETTO | download <<

Grazie alla regia dei Comuni di Peia e Gandino, al concreto sostegno di Gal Valle Seriana e Laghi Bergamaschi, Comunità Montana Valle Seriana e Uniacque, a partire dall’aprile 2020 è cresciuto a Gandino un campo coltivato a lino, nelle proprietà della famiglia Torri, storici produttori lanieri.

Stampa digitale delle copie presso EFI Reggiani di Grassobbio (BG)

L’iniziativa ha visto prodotte una serie di copie certificate in scala 1:1 della Sacra Sindone. Il progetto ha avuto riconoscimento e supporto dal Centro Internazionale di Studi sulla Sindone (CISS) e dal Museo della Sindone, grazie al particolare supporto del segretario Enrico Simonato. A rendere possibile un processo produttivo che ha unito competenze di altissimo profilo hanno contribuito il Linificio Canapificio Nazionale di Villa d’Almè (selezione degli antichi semi della varietà Eden e lavorazione delle fibre con successiva filatura), Torri Lana 1885 di Gandino (tessitura di trama e ordito con esatta riproduzione di disegno e grammatura della Sindone originale) ed Efi Reggiani di Grassobbio (stampa a pigmento in altissima risoluzione).

La Sindone – sottolinea Enrico Simonato –  è il tessuto più studiato al mondo, almeno dal 1898, con la celeberrima fotografia scattata da Secondo Pia, che notò nel negativo l’immagine impressa nel Sacro Lino.  È un lenzuolo molto antico, che ha sicuramente avvolto un cadavere con una serie di ferite che nessuno può non collegare al racconto evangelico della crocifissione di Gesù di Nazareth. La Sindone era di proprietà dei Savoia, che la portarono in Piemonte, nel 1578, da Chambery. È tuttora conservata nel Duomo di Torino, lasciata in eredità da Umberto II di Savoia al Papa, con l’obbligo di tenerla nel capoluogo piemontese. Quest’ultimo elemento, così come le ragguardevoli dimensioni di mt. 4,41 x 1,13, rende quasi una necessità il progetto di creazione delle repliche certificate. La Sindone è un’immagine riconosciuta dai cattolici, dagli ortodossi e anche dal mondo musulmano”.

L’utilizzo di lino antico lavorato senza contaminazioni chimiche – aggiunge Simonato –  è motivo di grande interesse per gli studiosi, che nell’ambito di un progetto promosso dall’Enea stanno approfondendo aspetti specifici relativi alle reazioni del lino, che possano contribuire ad escludere o spiegare ipotesi e quesiti formulati negli anni”.

 

Museo della Bibbia, Washington – Sala espositiva

 

Al Museo di Washington (inaugurato da Steve Green nel 2017 e fra i più tecnologici al mondo) la copia realizzata con il lino della Val Gandino sarà collocata al quinto piano, dedicato alle mostre eccezionali, e successivamente resterà in esposizione permanente. Il Museum of the Bible propone per ciascuno dei suoi sei piani particolari temi di approfondimento, mentre sulla terrazza sommitale offre una vista panoramica su Washington DC. Per la Sindone realizzata con il lino della Val Gandino sono previste cinque aree tematiche e otto postazioni interattive.

Nel corso di un’anteprima diffusa via web Brian Hyland, curatore del Museo della Bibbia, ha spiegato come l’intento sia quello di sottolineare quanto la Sindone di Torino rispecchi il racconto dei Vangeli. “I visitatori potranno muovere virtualmente le proprie mani sopra il telo disteso – ha spiegato –  attivando in questo modo la descrizione vocale di passi biblici che dettagliano e spiegano le ferite subite da Gesù durante la Passione”.

Per il progetto nato in Val Gandino quello di Washington è solo un primo, prestigioso passo nella diffusione delle copie, la cui assegnazione dipende esclusivamente dalla Diocesi di Torino: l’Arcivescovo è infatti Custode Pontificio del sacro lino. Una copia è attualmente esposta nella Basilica di Santa Maria Assunta a Gandino, mentre nelle prossime settimane un’altra sarà collocata all’interno del Museo della Sindone a Torino, nella sala in cui sono conservati reperti preziosi: innanzitutto la macchina fotografica con cui nel 1898 Secondo Pia rivelò attraverso un negativo l’immagine della Sindone, ma anche la teca in argento che custodiva la Sindone in Duomo, sino all’incendio del 1997 nel quale fu miracolosamente salvata dalle fiamme grazie ai Vigili del Fuoco. Due copie saranno inviate a Chambery (Francia), luogo che originariamente custodiva la Sindone nella Sainte Chapelle di Palazzo Savoia; una copia è giunta nei giorni scorsi al Cairo, in Egitto, segnalando un importante punto di congiunzione con il mondo arabo e musulmano. Un’ulteriore copia sarà conservata ad Oviedo (Spagna) nella Cattedrale di San Salvador che custodisce la reliquia del “Santo Sudario”. Già approvata per il 2023 (pandemia permettendo) la collocazione di una copia a Mosca (Russia) nella Cattedrale del Cristo Salvatore, sede del patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie. Tutte le info relative al progetto sono disponibili sul sito www.linovalgandino.com

 


Per ulteriori approfondimenti:
info@linovalgandino.com | 338.5336162

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Mobilità elettrica: il Gruppo Scame sempre più presente https://www.valseriana.eu/blog/mobilita-elettrica-il-gruppo-scame-sempre-piu-presente/ Wed, 02 Feb 2022 08:05:02 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=52499 Scame Parre S.p.A. ha finalizzato, il 27 gennaio 2022, l’acquisizione del 55% di Topgraf srl, società operante nel campo dell’ICT con sede ad Azzano San Paolo, in provincia di Bergamo.

L’accordo è stato firmato dall’Ing. Stefano Scainelli, AD di Scame Parre S.p.A., azienda produttrice di materiale elettrico con sede a Parre (BG) , ed Ivo Leidi, Giuseppe Mazzocchi e Roberto Morandi, soci di Topgraf srl che, fondata nel 1990, conta oggi un organico di 20 dipendenti ed è specializzata nella realizzazione di soluzioni cloud based per IOT, logistica integrata, gestione del ciclo commerciale pre-vendita e post-vendita di prodotti e servizi.

Fondata nel 1963 a Parre, in provincia di Bergamo, Scame Parre S.p.A. è capofila dell’omonimo gruppo internazionale che impiega 800 dipendenti distribuiti tra la ValSeriana, dove hanno sede il quartier generale e le principali linee di produzione, gli stabilimenti produttivi in Francia, Slovacchia e Portogallo e 14 tra uffici di rappresentanza e filiali in Europa, America Latina, Medio Oriente e Asia a cui si aggiungono 2 consociate
italiane. Nel 2021 il Gruppo Scame ha confermato il trend di crescita degli ultimi anni registrando un fatturato consolidato di 155 milioni di euro. Da sempre sensibile alle tematiche ambientali e alla continua ricerca di soluzioni in grado di coniugare qualità, sicurezza e sostenibilità, Scame Parre S.p.A. opera in diversi settori: nel residenziale, nel terziario, nell’industria, negli ambienti con atmosfere esplosive oltre che nell’e-
mobility, pubblico e privato.

L’acquisizione di Topgraf srl si inquadra nella più ampia strategia di Scame Parre S.p.A. volta a rafforzare ulteriormente il proprio ruolo di primo piano nel settore dei sistemi e delle infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici, ambito nel quale, da vera pioniera, opera con successo proponendo soluzioni innovative da più di 20 anni.
“La velocità di trasformazione di questo mercato – spiega Stefano Scainelli – ha comportato una duplice azione per stare al passo con le sue crescenti richieste: da un lato si è agito per linee interne costituendo un nuovo reparto di Ricerca & Sviluppo che oggi occupa 20 figure di alto profilo, dall’altro per linee esterne, attraverso alcune acquisizioni mirate”.
“A maggio 2021 – continua Scainelli – è stato acquisito l’85% della portoghese Magnum Cap, player storico nel settore dei sistemi di ricarica in corrente in continua, mentre oggi annunciamo l’acquisizione del 55% di Topgraf, azienda operante nel settore ICT. La finalità di entrambe le acquisizioni sono coerenti con la nostra strategia e volontà di crescita nel settore della mobilità sostenibile a sua volta parte integrante del più ampio progetto Europeo di transizione energetica”.

“Con questa operazione – aggiunge Roberto Morandi – avremo l’occasione di mettere a fattor comune le conoscenze informatico/organizzative sviluppate da Topgraf in svariati settori, anche al servizio del gruppo Scame. Continueremo così a svilupparci nei segmenti in cui già operiamo con il vantaggio però, nei confronti di tutti gli stakeholders, di entrare a far parte di un gruppo internazionale in grado di aggiungere ulteriori punti di forza a quelli che già ci erano propri, senza per questo compromettere meccanismi già rodati ed affinati in anni di attività”.

“L’ingresso di Topgraf nel gruppo Scame – concludono Stefano Scainelli e Giuseppe Mazzocchi – ha un significato strategico per entrambe le aziende. Il software sta diventando un componente essenziale per garantire l’interoperabilità, la connessione e la diffusione dei sistemi e delle infrastrutture per la mobilità sostenibile e questa è la nostra missione.

 


 

Scame Parre S.p.A. è parte della rete Industry di Promoserio e collabora con l’ente in azioni di comarketing legate allo sviluppo del cicloturismo e al settore e-bike e ha partecipato come sponsor tecnico a diverse manifestazioni sportive.

Leggi >> QUI << l’intervista di Andrea Rossetti a Stefano Scainelli per VALSeriana & Scalve 2018 – ed. Autunno

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L’accoglienza è nei dettagli https://www.valseriana.eu/blog/laccoglienza-e-nei-dettagli/ Tue, 28 Dec 2021 10:28:49 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=51683 «Sono spesso in giro per lavoro, viaggio molto. E quando torno,
superato il ponte del Costone, mi si apre il cuore. “Oh, sono a casa”, mi dico. È come se mi ripulissi l’anima». Basterebbero queste parole per comprendere appieno il legame fortissimo che c’è tra la ValSeriana e Roberto Loda, general manager della Punto Azzurro, eccellenza bergamasca
specialista nella produzione di capi di abbigliamento sport e casual. E, in una giornata tersa di inizio inverno, basterebbe osservare il cielo che abbraccia la Presolana, su cui si affaccia la sede di Rovetta dell’azienda, per
capire che il nome che le diedero nel 1984 i coniugi Loda, genitori di Roberto, racconta di questa Valle molto più di tutto il resto.

Roberto Loda, general manager della Punto Azzurro

PUNTO AZZURRO: CUORE ITALIANO E ANIMA SERIANA

La Punto Azzurro è uno dei migliori esempi della forza dell’industria seriana. Nata piccola, è diventata un punto di riferimento mondiale, unanimemente riconosciuta come “il meglio” nel proprio settore. Si occupa di abbigliamento sportivo: i clienti si rivolgono a lei per ideare, sviluppare, creare e produrre capi di alto livello qualitativo e tecnologico. Dal 2014 ha anche un brand suo: quell’anno fu infatti acquisito il marchio Dkb, nato dieci anni prima e interamente dedicato al mondo della montagna, dallo sci allo ski touring passando per il trekking. Insomma, la Punto Azzurro ha un cuore italiano e un’anima seriana. Però «oltre l’ottanta per cento dei nostri clienti sono esteri. Ci rivolgiamo a un pubblico di alta gamma», spiega Loda. È lavoro, è vero, ma è anche un modo di raccontare le proprie radici anche fuori dai confini nazionali. «Il lavoro è un valore della nostra terra, un tratto
distintivo strettamente legato all’impegno, allo spirito di sacrificio, ma anche all’umanità che ci contraddistingue. Girando il mondo, in qualche modo ritengo di portare con me anche tutto questo. O meglio, lo fa la Punto Azzurro, che per me è tutto: qui ci sono praticamente nato, ci sono cresciuto insieme».

Un’azienda che a Rovetta ha la sua sede principale (e dove operano una quarantina di persone), ma che ha anche stabilimenti in Slovacchia e in Moldavia, per un totale di circa quattrocento dipendenti. Un’azienda che è «sempre stata in continuo movimento, ma che è stata in grado di crescere
perché è stata costruita su solidi valori».

Il termine «valori» torna costantemente nelle parole di Loda. «È ciò su cui tutto si fonda – spiega -. Nella vita come nel lavoro. Personalmente, ritengo che quelli della Punto Azzurro siano la società, intesa come persone e ambiente in cui si è immersi, il lavoro e la nostra terra». Ovvero, la ValSeriana. «Può sembrare banale, ma penso davvero che qui ci siano posti bellissimi che meriterebbero di essere più conosciuti. La passione c’è, dobbiamo migliorare il “racconto” forse… Perché il marketing non è tutto, ma fa tanto. Quando è fatto bene, è un valore aggiunto. Certo, non è facile, perché per fare del buon marketing bisogna conoscere a fondo i propri valori. Ritengo però che in ValSeriana si sia iniziato un percorso importante in questa direzione».

 

Lo staff di Promoserio con le nuove divise DKB, ph. Matteo Zanga

Un percorso  insieme allo staff di PromoSerio con le nuove divise prodotte da Punto Azzurro nel quale la Punto Azzurro vuole giocare un ruolo di primo piano, dice Loda: «Ci teniamo al nostro territorio, vogliamo essere soggetto attivo. Abbiamo avviato diversi dialoghi e partnership, non ultima quella con PromoSerio. Si tratta di un progetto in cui crediamo, a lungo termine. Almeno questa è la nostra intenzione. Non è solo fornire le divise sportive o altro. È qualcosa di più ampio».

Inevitabile, dunque, provare a capire insieme a Loda quali siano i punti forti e i punti deboli del turismo in ValSeriana e in Val di Scalve: «Sicuramente serve più unità, meno gruppi trasversali e più compattezza. Nel concreto, invece, ritengo che il problema principale sia legato all’assenza di strutture all’altezza. Abbiamo un’infinità di muri e pochi posti letto. Organizzare dei convegni, ad esempio, è impossibile se si vogliono invitare per due o tre giorni centinaia di persone: non si sa dove farle dormire. In compenso, siamo pieni di seconde case, figlie di un’epoca e di un turismo ormai superato, fuori dal tempo. Credo che la cosa fondamentale sia riuscire a passare il messaggio che la nostra Valle è viva tutto l’anno, non solo in estate o a Natale». Il cosiddetto “turismo lento” può essere la soluzione? «È sicuramente una strada su cui investire. Ma la verità è che ancora non porta soldi. C’è bisogno di tempo, e parallelamente di qualità dell’offerta per farlo crescere. È un tipo di turismo difficile, ma è anche più ricercato a livello globale e più remunerativo sul lungo. Il “mordi e fuggi” non basta più».

Loda ha le idee chiare. E nelle sue parole riguardanti il turismo in ValSeriana ci si ritrova un po’ il cammino di maturazione percorso in quasi quarant’anni di storia dalla Punto Azzurro, la quale ha scommesso sulla qualità e sulla creatività, sulla ricerca e sull’innovazione (sia nei materiali che nella produzione), diventando un modello a livello globale.

Si suol dire che il diavolo sia nei dettagli, ma anche l’eccellenza la si può trovare solamente nelle piccole cose, nell’impegno quotidiano, nella passione. Nei «valori», direbbe Loda. E la ValSeriana ne ha tanti su cui puntare.

 

Articolo di Andrea Rossetti per il VALSeriana & Scalve Magazine – inverno 2021-2022

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Al Punto Azzurro il Temporary sale di Arena https://www.valseriana.eu/blog/al-punto-azzurro-il-temporary-sale-di-arena/ Wed, 10 Nov 2021 14:35:34 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=50848 Punto Azzurro collabora con prestigiosi marchi del settore dell’abbigliamento sportivo.
Nel parcheggio dell’outlet di Punto Azzurro dal 2 al 12 dicembre 2021  sarà allestito un Temporary Sale di Arena con sconti fino al 70%.
Un’ampia scelta di abbigliamento sportivo, costumi, accessori, uomo, donna e bambini.

 

L’azienda Punto Azzurro e DKB, il brand di proprietà, operano nell’ambito dell’abbigliamento tecnico sportivo, sviluppando e producendo capi tecnici di alta qualità per lo sport e il tempo libero nella loro sede di Rovetta.

La società Punto Azzurro è nata nel 1984 grazie all’intraprendenza del suo fondatore, Luigi Loda, affermato tecnico della confezione casual/sportivo di qualità. Cresciuta come impresa familiare, ha formato negli anni personale qualificato e management capace e professionale, elementi che permettono all’azienda di rispettare elevati standard qualitativi.

Punto Azzurro è specializzata nella produzione e vendita di capi di abbigliamento tecnici di elevata qualità per lo sport, il tempo libero, la neve, il bike e la piscina per numerose aziende sia italiane che estere.

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Al via il progetto pilota “GANDINO”: Tesmec e Planetel per la digitalizzazione del territorio https://www.valseriana.eu/blog/al-via-il-progetto-pilota-gandino-tesmec-e-planetel-per-la-digitalizzazione-del-territorio/ Wed, 10 Nov 2021 11:17:09 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=50841 Il servizio sarà erogato direttamente da Planetel, garantendo connettività Internet, voce, dati e un’infrastruttura idonea per una digitalizzazione evoluta.

I lavori di installazione avverranno tra il Nodo di rete in Fibra Ottica Planetel presente a Leffe (Bergamo) e l’area industriale comprendente la storica azienda Torri Lana S.r.l., e grazie a tecnologie innovative minimizzeranno l’impatto ambientale degli interventi, massimizzandone la qualità, la velocità e l’economicità.

L’innovatività dell’intervento ha previsto la mappatura digitale preventiva dei sottoservizi esistenti tramite l’avanzato sistema Georadar Tesmec che ha permesso di pianificare al meglio i successivi lavori di scavo. Tale attività dota i Comuni di strumenti all’avanguardia anche in tema di planimetrie, mappature e database digitali.



Tesmec S.p.A.
(EURONEXT STAR MILAN: TES) (“Tesmec”), società a capo di un gruppo leader nel mercato delle tecnologie dedicate alle infrastrutture (reti aeree, interrate e ferroviarie) per il trasporto di energia elettrica, di dati e di materiali (petrolio e derivati, gas e acqua), nonché di tecnologie per la coltivazione di cave e miniere di superficie, e Planetel S.p.A. (Euronext Growth MilanEGM”: PLT), (“Planetel”), capofila dell’omonimo gruppo che opera nel settore delle telecomunicazioni a livello nazionale, hanno presentato a Gandino il progetto pilota in tema di connettività e digitalizzazione evoluta verso un modello di smart city, con l’avvio dei lavori d’installazione di una rete a banda ultra-larga in fibra ottica con prestazioni sino a 10 Gbps tra il Nodo di rete in Fibra Ottica Planetel presente a Leffe e l’area industriale comprendente la storica azienda Torri Lana S.r.l.

 

L’area di intervento, localizzata tra i Comuni di Leffe, Gandino e Peia, è stata identificata con il patrocinio di Confindustria Bergamo con l’obiettivo di dotare di connettività a banda ultra larga alcune storiche realtà aziendali bergamasche non ancora raggiunte dalla fibra ottica, che, senza un intervento mirato, in grado di garantire loro una maggiore visibilità e competitività, rischiavano, quindi, di rimanere isolate.

I lavori saranno realizzati da Tesmec e Planetel con l’utilizzo di tecnologie innovative, in grado di minimizzare l’impatto ambientale e massimizzare la qualità, velocità ed economicità degli interventi, che saranno a costo zero per i tre Comuni, in quanto integralmente finanziati dalle due aziende per i rispettivi ambiti di competenza.

In particolare, grazie ai macchinari di scavo Tesmec e alle loro dimensioni ridotte, l’attività di cantiere risulterà estremamente rapida e non comporterà la chiusura totale della strada nel corso dei lavori, ma solo di una parte della carreggiata. Lo scavo, infatti, sarà realizzato nelle dimensioni minime indispensabili alla posa della rete (pochi centimetri di larghezza), permettendo un ripristino rapido e non invasivo della circolazione ed evitando una riasfaltatura completa della strada, con minimo impatto ambientale, nessun disturbo ai residenti, sostenibilità e efficienza.

L’innovatività dell’intervento ha previsto, inoltre, la mappatura preventiva dei sottoservizi esistenti attraverso l’acquisizione di dati Georadar Tesmec, il rilievo celerimetrico e l’elaborazione dati e Output 3D, in modo da ottenere una chiara visione delle infrastrutture esistenti, per pianificare al meglio dove effettuare gli scavi ed evitare danneggiamenti, guasti e interruzioni dei servizi. Tale attività, inoltre, dota i tre Comuni di strumenti all’avanguardia anche in tema di planimetrie, mappature e database digitali per future pianificazioni di interventi, semplificando e modernizzando i processi gestionali interni.

Attraverso il progetto, obiettivo di Tesmec e Planetel è proporre una collaborazione e una metodologia di lavoro che possano essere replicate facilmente sul territorio, allargando l’orizzonte verso tutti i comuni bergamaschi e le amministrazioni che vogliano dotarsi di strumenti all’avanguardia, in grado di migliorare la qualità delle infrastrutture e al contempo incrementare la competitività delle aziende locali.

Il Presidente e Amministratore Delegato di Tesmec, Ambrogio Caccia Dominioni ha così commentato: “Siamo orgogliosi di poter mettere al servizio del territorio l’innovatività delle soluzioni tecnologiche Tesmec che permettono di operare in un’ottica di massima efficienza e sostenibilità ambientale. Aver individuato un partner di alto livello come Planetel persegue l’obiettivo di offrire una catena del valore completa e aiuterà a velocizzare l’adozione da parte delle singole amministrazioni e delle aziende di strumenti digitali ormai indispensabili nel contesto attuale”.

“Siamo molto soddisfatti di iniziare questa importante collaborazione con Tesmec – ha dichiarato Bruno Pianetti, Presidente e Amministratore Delegato di Planetel S.p.A. Questa partnership è in continuità con la nostra attenzione alle esigenze del Territorio ed alle sinergie con le Aziende e gli Enti Pubblici, portando valore e infrastrutture finalizzate alla realizzazione di reti di accesso digitali in fibra ottica FTTH. Siamo lieti, con questa partnership, di poter valorizzare ed ottimizzare ancor di più i nostri investimenti infrastrutturali” .

 


 

Per informazioni

PLANETEL S.p.A.
www.planetel.it
035.204070info@planetel.it

 

 

 

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Lino Val Gandino https://www.valseriana.eu/blog/lino-val-gandino/ Fri, 09 Apr 2021 08:36:54 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=46445 Nella serata del Giovedì Santo su Rai Uno, negli studi di Porta a Porta è stata presentata la prima copia della Sacra Sindone, esito e prima tappa importante del progetto Lino Val Gandino

IL PROGETTO

Il progetto ha come capofila il Comune di Peia, cui si affiancano il Comune di Gandino, il Distretto de Le Cinque terre della Val Gandino, la Comunità del Mais Spinato e un gruppo di aziende d’eccellenza del territorio bergamasco.

 

LE COPIE DELLA SACRA SINDONE

Il lino è stato coltivato a Gandino nel 2020, in piena pandemia, su un terreno di proprietà della famiglia Torri. Raccolto nell’estate successiva, è stato trattato grazie al Linificio Canapificio Nazionale e tessuto nella sede di Torri Lana 1885, all’imbocco della storica “Via della Lana”. Per l’impressione dell’immagine (un file ad altissima risoluzione che occupa la memoria di un intero pc) è stato utilizzato il procedimento della stampa a pigmento.

Le copie certificate della Sacra Sindone saranno destinate, a discrezione della Diocesi di Torino, a chiese e realtà di tutto il mondo. Nella primavera 2022 una copia sarà presentata, in un’apposita sezione, al Museo della Bibbia di Washington.

LA VIA DELLA LANA

Il progetto Lino Val Gandino prevede anche la realizzazione di un percorso storico che toccherà la Via della Lana, passando dall’agro di via Resendenza, dalla via Carducci in comune di Gandino, dalla via Ca’ Fragia in comune di Peia per raggiungere la Pozza del Lino.

Peia, Località Pozza del Lino

Ci saranno luoghi di sosta con punti informativi per documentare la storia passata e presente della tessitura in Val Gandino, ma anche forti connessioni con il Museo della Basilica di Gandino e il Museo del Tessile di Leffe.
Nel primo caso, oltre ad alcuni macchinari antichi, è disponibile una delle maggiori collezioni al mondo di tessili, pizzi e merletti religiosi. A Leffe è invece presente una filiera tessile completa, a partire dalle piante tessili, che propone macchinari d’epoca funzionanti e un’efficace aula didattica multimediale.

I fili della storia che legano il progetto del Lino Val Gandino al territorio sono innumerevoli. Basti pensare che annessa alla sede di Torri Lana 1885 c’è l’antica “ciodera”, fra gli ultimissimi esemplari di stenditoio per l’asciugatura dei tessuti presenti in Italia, “Luogo del Cuore del FAI”.

La stessa famiglia Torri è stata protagonista, attraverso Emma Torri e il marito Mario Franchina, dell’arrivo in Val Gandino, al Santuario della Madonna d’Erbia di Casnigo, della veste talare di S. Giovanni Paolo II Papa. A Gandino si conserva invece il Saio Reliquia di S. Padre Pio da Pietrelcina, sin dagli anni ’40 donato dai Cappuccini a una famiglia gandinese fornitrice di pannilana.


www.linovalgandino.com

Il progetto è sostenuto da GAL Valle Seriana e dei Laghi Bergamaschi ed Uniacque

 

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Un canto della Valle https://www.valseriana.eu/blog/un-canto-della-valle/ Mon, 28 Dec 2020 16:54:38 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=45858

“Le casette bianche in cima ai monti / l’acqua chiara che passa sotto i ponti/ l’aria tersa che pulisce i polmoni / il Serio e la quiete dei laghetti / la pace nel verde dei prati e dei boschetti / i bei colori delle vegetazioni […] chi ha creato la Val Seriana è un grande pittore / è un paradiso che è lì da ammirare”.

C’è la poesia di un affresco d’autore nelle strofe in rima della canzone “In Val Seriana”, scritta anni fa dal maestro Gianni Locatelli e da Elia Merelli e reinterpretata, ad aprile 2020, dal quintetto Aghi di Pino.

È un inno alla Valle a tutto tondo e in un frangente complicato come quello della pandemia, il gruppo, nato nel 2010, ha fatto suo il ricco repertorio di melodie della tradizione folkloristica bergamasca per cercare di regalare un momento di serenità e buonumore.
Solo chi conosce profondamente un luogo ne sa apprezzare tutte le caratteristiche ed è in grado (o addirittura sente il bisogno) di (de)cantarne le lodi. Non è quindi un caso che, per esempio, il cantautore bergamasco Luciano Ravasio canti alle “Montagne de Bèrghem” che “per chi vi capisce, voi siete il paradiso”. Un paradiso che ha dato origine a molte canzoni.

Se è pur vero che un grande interprete sa trasmettere da solo il senso di una bella canzone, a prescindere da autore e luogo di esecuzione, è innegabile come ci sia un’emozione innegabile nell’ascoltare il Coro ANA Val di Scalve che armonizza sulle note de La Verde Valle. Per il coro, nato del 2005 dalla passione per il canto di alcuni amici alpini e che ora riunisce gli alpini di Vilminore, Azzone, Schilpario e Colere, l’aggiunta di questa canzone al repertorio fu una scelta obbligata, visto che il maestro Kurt Dubiensky la compose «con la Val di Scalve in mente e nel cuore». Dubiensky ha dato molto alla cultura musicale della ValSeriana. Oltre ad aver dato un contributo fondamentale alla nascita del Coro Idica di Clusone ed esserne stato direttore per ben quarant’anni, molte delle sue composizioni sono caratterizzate dall’amore per la montagna e per le sue tradizioni musicali. Un amore espresso anche attraverso la documentazione di canti popolari e montanari, in cui spesso si ritrova anche la gioia di trascorrere tempo e cantare insieme.

“Abbiam nei nostri cuori / la gioia di cantar / ed un bicchier di vino / noi non lo rifiutiam […] dalle alte vette / felici salutiam / abbiam lo sguardo fiero / la semplicità / ed una stella alpina / per chi la chiederà”.

Dubiensky, di origine ebrea, fuggì da Vienna all’inizio del secondo conflitto mondiale, trovando rifugio in ValSeriana. Amava tanto la sua terra d’adozione e ben sapeva che dietro l’apparente riservatezza della gente di montagna, si nasconde una vera passione per l’allegra compagnia.

Non è perciò un caso che La Verde Valle sia stata ripresa da tanti cori, fra cui anche il Coro “La Presolana”, nato nel 1999 grazie alla gioia del cantare insieme di un gruppo di amici di paesi della Conca della Presolana.
Nel suo repertorio, il Coro non fa mancare interpretazioni della tradizione montana, come un’altra opera in cui trionfa l’allegria di trascorrere il tempo insieme, la celeberrima Maslana.

“Mentre io accendo il fuoco – recita una strofa – prepara il desinar / metti il basgiotto in tavola, non lo dimenticar / già pronta è la polenta, vieni a vederla fumar / Mangia, mangia, mangia, mangia, / bevi, bevi, bevi, bevi / e poi comincia a ballar”.

Maslana è un vero e proprio inno alla convivialità. Fu composta da Arnaldo Capra, per tutti “Dino l’Alpino” e dedicata al pittoresco borgo a monte dell’abitato di Valbondione dove spesso saliva. Nessuno meglio di lui ha saputo raccontare “le baite al sole d’or” che si raccolgono in una “gran festa di colori”, trasmettendo le emozioni del ritrovarsi insieme, attorno ad una polenta fumante, per poi ballare gioiosamente su un prato al suono di un’armonica.

Quella del canto di montagna è insomma una tradizione viva e vivace, cui la ValSeriana ha dato lustro immortale anche con l’esperienza del “favoloso Coro INCAS” di Fiorano al Serio. Era una formazione a cappella di voci virili fondata nel 1949 dal maestro Mino Bordignon, che aveva rivestito (fra gli altri) il ruolo di direttore artistico della celeberrima casa discografica “La voce del padrone”. L’Incas, in quarant’anni di attività (fu definitivamente sciolto nel 1989) ha letteralmente impressionato il mondo. Come scrisse nel 1977 il grande direttore d’orchestra Gianandrea Gavazzeni, «a testimoniare questa realtà stanno i successi ottenuti e la fama in Europa, nelle Americhe, ovunque».

E quando le emozioni non hanno voce, ecco canzoni scritte per ispirare contemplazione, silenzio e preghiera:

“Sono solo nel silenzio / le Montagne sono mute […] La mia voce non ha suono / s’è perduta tra i venti / e non voglio ricordare / chi non volle il mio amore / Madonnina, aiutami”.

Sono alcuni versi del brano Madonnina dei Campelli”. È uno dei cavalli di battaglia del Coro Idica (eseguito anche davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella), una poesia del poliedrico artista schilpariese
Tomaso Pizio poi musicata dal maestro Dubiensky. È dedicata alla statua bronzea della Madonnina, opera di Pizio, che la dedicò agli sportivi. La volle posta nella Conca dei Campelli di Scalve, sotto il severo sguardo del Cimon della Bagozza e del massiccio della Concarena: un paesaggio la cui sublime imponenza non può che ispirare un moto riflessivo.

In tutti i brani resta un sottile, unico, immortale refrain: l’eco delle nostre Magnifiche Valli.

 

Articolo di Marta Poloni Per VALSeriana & Scalve Magazine

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Punto Azzurro e DKB: l’arte di vestire lo sport https://www.valseriana.eu/blog/punto-azzurro-e-dkb-larte-di-vestire-lo-sport/ Thu, 02 Jul 2020 16:59:40 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=43413 La società Punto Azzurro è nata nel 1984 grazie all’intraprendenza del suo fondatore, Luigi Loda, affermato tecnico della confezione casual/sportivo di qualità. Cresciuta come impresa familiare, ha formato negli anni personale qualificato e management capace e professionale, elementi che permettono all’azienda di rispettare elevati standard qualitativi.

Punto Azzurro è specializzata nella produzione e vendita di capi di abbigliamento tecnici di elevata qualità per lo sport, il tempo libero, la neve, il bike e la piscina per numerose aziende sia italiane che estere.

Il brand DKB sviluppa abbigliamento tecnico nell’ambito dello sci, ma ha inserito nel proprio programma anche una linea bike adatta alla stagione estiva. Tutto il Know How e la qualità delle materie prime e delle soluzioni tecniche adottate da Punto Azzurro è possibile trovarle nei capi DKB. L’obiettivo dei prossimi anni è quello di ampliarsi nel settore neve, non solo limitato allo sci alpino.

Recentemente l’azienda, per far fronte all’emergenza COVID.19 ha installato una produzione locale di mascherine lavabili, traspiranti, idrorepellenti su entrambi i lati e prodotte con tessuti italiani certificati dal nome #skillmask. Il titolare Roberto Loda ha ritenuto fondamentale fare questa scelta sia per la tutela dei suoi dipendenti sia per rispondere all’esigenza locale di mascherine infatti ha deciso di regalarle a tutti i bambini dell’unione dei comuni della Presolana.

I prodotti DKB e le mascherine sono in vendita presso l’outlet aziendale
APERTURA: dal giovedì al sabato: 9.30-12.30/15-19
via vogno, 20 – Rovetta zona Ex Fibrilia
e-commence: www.store.dkbsport.com

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Le soluzioni di ricarica per ebike di Scame E-Mobility https://www.valseriana.eu/blog/le-soluzioni-di-ricarica-per-ebike-di-scame-e-mobility/ Fri, 19 Jun 2020 18:39:38 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=43218 Il logo SCAME “E-MOBILITY” affianca e rafforza il brand aziendale SCAME PARRE ed è impiegato per tutto ciò che riguarda la comunicazione, i prodotti e l’impegno di Scame nel campo della mobilità elettrica.

L’impegno di Scame nel settore delle infrastrutture e dei componenti di ricarica dell’auto elettrica nasce già alla fine degli anni novanta. L’azienda infatti sposa da subito la possibilità di realizzare una nuova idea di mobilità eco compatibile all’interno delle città, che riduca al minimo l’impatto ambientale.

Questa mission si arricchisce anche con l’impegno nell’ideazione e produzione di diverse soluzioni di ricarica e-bike, sia per la rete domestica sia per la rete pubblica e si traduce anche in azioni di comarketing sul territorio come il supporto tecnico al Presolana Ebike Event e la fornitura di colonnine di ricarica ebike agli uffici turistici della ValSeriana e Val di Scalve.

SCOPRI QUI TUTTE LE SOLUZIONI DI
RICARICA SCAME

Per informazioni:
E-Mobility Business Unit
Via Spiazzi, 45 24028 Ponte Nossa (BG) Italia
n.verde: 800018009 | mail: e-mobility@scame.com

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Roccolare, arte senza tempo https://www.valseriana.eu/blog/roccolare-arte-senza-tempo/ Tue, 05 May 2020 18:26:46 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=42582 Avvicinandoci a un roccolo, non possiamo che notare due cose fondamentali: la struttura a forma di torre detto casello, ricoperta di erbe e rampicanti mimetici, e l’arco di alberi in doppio filare detto tondo, solitamente semicircolare o a ferro di cavallo. Si  tratta di veri e propri presidi di storia e tradizione, “luoghi del cuore” per un’attività che ha permeato la socialità stessa della ValSeriana e della Val di Scalve. L’uccellagione è stata per secoli fonte di sostentamento alimentare, poi divenuta pratica regina per la cattura di richiami vivi utili ai cacciatori. Le origini risalgono all’epoca medioevale ed è un’attività tramandata di generazione in generazione fino ai giorni nostri.



DIVERSI TIPI DI ROCCOLO

Esistono svariati tipi di roccolo: con casello in legno o pietra, normalmente di piccole dimensioni, disposto su quattro o cinque livelli. Si trovano tutti in posizioni dominanti, con uno o più archi arborei collegati al primo per permettere una più adeguata cattura degli uccelli. Le cime degli alberi si uniscono in una volta detta sigalér fatta di rami e fronde. Spesso definita arcunada, è un impianto che costituisce un vero e proprio monumento arboreo. A tal proposito si parla spesso di “architettura di montagna”: nonostante i mutamenti delle finalità e delle funzioni degli impianti, il roccolo rimane infatti un elemento tipico del nostro paesaggio rurale.

Nel tempo, i roccoli sono divenute postazioni con funzioni di censimento dell’avifauna, spesso collegate ad attività scientifiche e di ricerca. Gli uccellatori sono dotati di un apposito patentino per la gestione dei roccoli, rilasciato dall’ISPRA di Bologna. Sono muniti di richiami vivi e registri su cui annotare tutti gli uccelli inanellati. La cattura avviene solitamente da settembre a dicembre, specialmente la mattina. «Per la verità si inizia a preparare il roccolo già in agosto. – spiega Pietro Ludovico Guana proprietario del roccolo Selvadagnone di Valgoglio e attivo in questo campo da più di quarant’anni -. Ci vuole pazienza. Io e mio fratello Giansandro portiamo avanti questa passione con costanza, non sa quanto tempo ci si impiega a potare gli alberi, a stendere le reti, a creare le condizioni per compiere un buon lavoro. Avevo dieci anni quando mi sono approcciato per la prima volta all’uccellagione, ma quante cose sono cambiate da allora».

Roccolo Selvadagnone

La domanda di Vico, «lei lo sa, signora, come si fa a roccolare?», poi arriva perentoria. «Quando si avvicinano gli uccelli al casello, incuriositi dal canto dei richiami, dalla sommità il roccolatore lancia lo spauracchio, visto dai volatili come un rapace. A quel punto gli uccelli tentano una fuga a volo radente dove vengono intercettati dalle reti». La mia banale spiegazione rende l’idea dell’operazione, certamente più complessa e meno meccanica. «Gli uccelli non sono stupidi», sorride Guana. Una volta tolti dalle reti, gli uccelli vengono inanellati e registrati. Alcuni vengono liberati, per studiare i flussi migratori, la maggior parte vengono distribuiti nei centri di raccolta come richiami vivi per i capanni fissi.

STORIE DI PASSIONE E NATURA

Dal 2017 la pratica dell’uccellagione è vietata e già da una decina d’anni sono stati imposti dei limiti numerici sulle specie catturabili, perlopiù merli, cesene e tordi. «Ognuno è libero di pensarla come vuole, – spiega Vico – ma questo divieto non fa bene al territorio. Pensi che ora Regione Lombardia ha messo alcuni incentivi per la manutenzione di roccoli e trovo sia un controsenso mantenere intatti gli impianti arborei e vietare nel contempo l’attività per cui sono stati costruiti». Le normative e il mutato approccio rispetto a questa attività di montagna (una vera e propria arte) porteranno inevitabilmente a un abbandono massiccio delle strutture.

Turisti al Roccolo Magret

A tal proposito, Monica Dentella, insegnante di professione nonché proprietaria del roccolo del Magret ad Aviatico, racchiude in tre parole ciò che per lei rappresenta il roccolo: passione, natura e amore. «La storia dei roccoli nella Bergamasca è la storia di tante famiglie come la mia, degli affetti vissuti in quel contesto. La natura è l’ambiente in cui il roccolo si costruisce, in mezzo alle nostre montagne; l’amore è la passione che il roccolatore mette nel creare queste cattedrali verdi». Aggiunge: «Continuiamo a tener pulito e intatto l’impianto arboreo, ma ormai ci andiamo poco perché non ci interessa la caccia da capanno. L’uccellagione era per noi un momento di festa, era bello stare in compagnia e sentire il canto dei tordi, in estate aprivamo il roccolo ai turisti incuriositi. Non credo però che l’attività didattica possa svilupparsi adesso, con roccoli non più funzionanti».

La Clusorina Schilpario

Fra il 1950 e il 1969, in Lombardia erano in funzione più di mille roccoli e circa trecento erano in provincia di Bergamo. Poi ci fu un’interruzione per una ventina d’anni. Dal 1980 nuove disposizioni permisero una ripresa dell’uccellagione con attività nelle due valli per una ventina di roccoli, gradatamente scesi nel 2015. Guido Giudici, proprietario del Roccolo La Clusorina a Schilpario, in Val di Scalve roccola dagli anni ’80. Vive per quell’angolo di paradiso. Il panorama, incantevole, si affaccia sul Monte Tornone, sul Pizzo Tornello, sulle Valli del Vò e del Venerocolino. «Io continuo a frequentare il Roccolo, sono anche cacciatore da capanno, ma è innegabile l’ostilità che si è venuta a creare contro gli impianti di cattura. Le normative si son fatte stringenti, già da anni i prelievi possibili agli impianti autorizzati sono diminuiti e anche per i capannisti le specie sono state ridotte. Ormai tanti roccoli sono stati riqualificati e riconvertiti a uso abitativo».

E allora che resta, dottor Giudici, se non si può far più niente? «Resta la passione, resta il territorio, resta la “malattia”. Sa, è proprio questo… i roccoli sono una malattia incurabile!».

E, detta da un medico, è semplicemente una verità.

Articolo di Claudia Manera per VALSeriana & Scalve Magazine – primavera 2020

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Una storia tra le righe https://www.valseriana.eu/blog/una-storia-tra-le-righe/ Sat, 14 Mar 2020 16:14:28 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=42569 È uno degli snodi viabilistici più importanti della ValSeriana, ma anche una comunità di circa 550 abitanti con un forte senso di appartenenza. Ponte Selva, fra Ponte Nossa e Parre, è un luogo della storia. E per scoprirla basta… “leggere fra le righe”.

Le righe sono quelle delle tre palazzine (quattro in origine) che si incontrano sui tornanti della provinciale che porta a Clusone. C’è chi le ha chiamate “i maglioni”, altri “ape maia”, altri ancora “case dei carcerati”.

Aspetto attuale delle case a righe

Dal punto di vista estetico sono indubbiamente fuori dal coro, dipinte con alte righe orizzontali di color mattone alternato a un’ocra carico. I balconi, gli infissi, tutte le rifiniture sono invece di un color verde bottiglia brillante. Si affacciano su un piazzale ed un campo da calcio, utilizzato di rado.

Da quelle righe si può ricostruire, ripercorrendo un intero secolo, la storia di Ponte Selva e quella di una famiglia: gli industriali Pozzi.

Se non fossero intervenuti “quelli delle belle arti” – ricorda Maria Galimberti, che visse in quelle case da bambina con la famiglia – le palazzine sarebbero state tinteggiate in modo anonimo e avremmo perso per sempre una testimonianza importante. Sono i primi alloggi voluti dai Pozzi per gli operai del loro Cotonificio. Costruite tra il 1918 e il 1928, ognuna ospitava due famiglie. Ciascuna aveva scala d’accesso autonoma e bagni all’interno:erano case funzionali per l’epoca, e il Pozzi le affittava a cifre molto basse. C’erano altre case operaie, nella zona dell’attuale parrocchiale: tutte avevano la stessa foggia a righe”.

Le case a righe in una foto d’epoca

I FRATELLI POZZI E IL COTONIFICIO

Quando i Pozzi arrivarono in ValSeriana, Ponte Selva semplicemente non esisteva: furono loro a crearla. Era il 1889. I fratelli Ercole e Pietro da Busto Arsizio (il padre Pasquale guidava tessitura e filatura a Olgiate Olona e Busto Arsizio) acquistarono da Antonio Beretta alcuni stabili con annessi i terreni e il mulino, oltre ai diritti di derivazione dell’acqua dal fiume, necessaria per la forza motrice. Fondarono una nuova società di filatura, tessitura e commercio di cotone, la Fratelli Pozzi fu Pasquale.

Il cotonificio (oggi splendido esempio di archeologia industriale attivo solo per una piccola porzione) è situato circa 500 metri dopo l’incrocio del “ponte della Selva”, verso Valbondione. Reclutare manodopera non fu facile per i Pozzi: la maggior parte della popolazione lavorava nei boschi e nei campi, oltre che in piccole fabbriche. Arrivarono così giovani “filande” dalla Val Cavallina e dalla Val di Scalve, mentre dalla Brianza si importò personale specializzato.

Scopri gli itinerari sulle tracce dell’Archeologia industriale in ValSeriana

Nei primi anni lavorano al cotonificio circa 150 operai, di cui un centinaio erano donne; nel 1922 erano già 250. Sin dalla fine dell’800 si avvertì la necessità di costruire strutture per ospitare le operaie che venivano da lontano: nacque il primo convitto, un porticato aperto per cinquanta ragazze. Venturina Corlazzoli, originaria di Oneta, ne fu la direttrice dal 1881 al 1900 (anno in cui venne fondato il nuovo convitto, ora oratorio, affidato alle Orsoline di Gandino).

La chiesa parrocchiale di Ponte Selva dedicata al Sacro Cuore

Venturina è ritenuta la fondatrice della chiesa parrocchiale di Ponte Selva: nel 1883 allestì un piccolo altarino in una stanza vicino al convitto, vi ci mise prima una statua e poi un quadro del Sacro Cuore. Da questo primo fulcro nacque nel 1926 la Chiesa del Sacro Cuore, nell’attuale stile “gotico” voluto da Pasquale Pozzi, figlio del fondatore Ercole.

LA NASCITA DI UNA COMUNITÀ

Insieme al figlio (pure Ercole), credette nella creazione di una comunità. Si prodigarono per il benessere degli operai, tanto da essere chiamati “poeti del lavoro”. Le Case a Righe furono costruite sotto la loro direzione. Non fu un vezzo decorativo, ma un elemento identitario, un marchio di fabbrica. Era la rappresentazione di un progetto imprenditoriale che aveva una forte valenza sociale. L’idea era dare vita a un villaggio, all’interno del quale vivesse una comunità unita nei valori e nelle intenzioni. Per questo i Pozzi si impegnarono con passione ai progetti di coesione sociale: il convitto delle operaie nel 1926 divenne asilo infantile e poi luogo di incontro domenicale per ragazze.

La famiglia sostenne anche la costruzione di strutture ricreative, tanto che Ponte Selva divenne, nella prima metà del Novecento, un centro fra i più frequentati della valle. Nel 1885 venne completata la ferrovia, che qui aveva il suo capolinea. Arrivavano turisti per periodi di villeggiatura e famiglie per la gita domenicale. C’era la pineta (pure di proprietà Pozzi) che con i suoi 5000 ettari costituiva già all’epoca il polmone verde della ValSeriana. Nel 1902 sorse la Trattoria Roma (vicino alla strada che oggi conduce alla parrocchiale). Il primo albergo “Isba” (dove ora ci sono il forno e il piccolo negozio di alimentari) venne ricostruito nel 1903, dopo un incendio. Nel 1904 venne aperto l’ufficio postale e in seguito il cineteatro Concordia, ed altre trattorie e alberghi.

Negli anni Sessanta lo sviluppo di Ponte Selva si arrestò, per il venir meno delle condizioni che ne permisero lo sviluppo. Morì Ercole Pozzi, la ferrovia venne smantellata nel 1967 e Ponte Selva finì smembrata sotto tre comuni, divenendone periferia.

Fra quelle righe resta però una storia indelebile.

 

Per le foto storiche si ringraziano Sipo e il Sig. Lanfranchi, proprietario della collezione.

 

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Il mondo gira e fa un salto alla Baitella https://www.valseriana.eu/blog/il-mondo-gira-e-fa-un-salto-alla-baitella/ Fri, 08 Nov 2019 18:39:27 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=40492 Un luogo vivo sia d’estate che in inverno, grazie ai concerti live e alla pista di pattinaggio. Un ristorante noto e apprezzato in tutta la Valle.
Renzo e Luisella Scandella sono i proprietari della Baitella, il grande complesso immerso nel verde della pineta tra Onore e Songavazzo.

Fu fondato dal padre di Renzo e Luisella, Ernesto, nella seconda metà degli anni ’70 e dispone di uno spazio nuovissimo dedicato soprattutto ai giovani.

Tra tradizione e modernità
Che ci fa uno scuolabus americano accanto a una baita di montagna? Racconta una storia. Una storia che vede, da una parte, l’amore per la migliore tradizione montanara che si manifesta nella casa quasi altoatesina, con lo stemma di famiglia dipinto sul muro bianco, i prati verdi e curati tutti attorno e un recinto di otto daini, il bar intagliato nel legno, un ristorante accogliente e in stile rustico che offre piatti tipici della cucina bergamasca e locale a base di carne alla brace, pizza, polenta e pasta fresca ripiena.
E dall’altra un bus giallo polenta (siamo pur sempre in ValSeriana!) che propone un servizio bar durante le serate all’aperto, un Tiki Bar realizzato interamente a mano e in legno, freschi cocktail fruttati in stile hawaiano, eventi musicali e artistici e fiumane di giovani.

Anche la Magut Race, uno degli eventi organizzati alla Baitella e tra i più partecipati, è un efficace intreccio tra tradizione e modernità, con tanti ragazzi e ragazze che si mettono in gioco, con sacchi di cemento portati in spalla, buona musica, famiglie e tanto divertimento.

La Baitella è un microcosmo dai mille volti e dalle mille faccettature.

La pista di pattinaggio e le casette.
Riaperta da tre anni dopo un periodo di inattività, la pista di pattinaggio Baitella Ice Skating è il cuore pulsante di questo luogo. Esiste fin dalla sua fondazione nel 1973, quando c’era solo il bar.
Durante il rigido inverno dell’Alta Valle, la pista è aperta a tutti gli appassionati. Vengono organizzati anche corsi per bambini e partite di hockey su ghiaccio il lunedì sera.
Un tempo la pista era affiancata da un campo da tennis, ma Renzo ha in cantiere un nuovo progetto: trasformarlo in un villaggio di casette di legno.

Piccoli bungalow di 25 metri quadri con il tetto ricoperto d’erba e una spa, aperti tutto l’anno per gruppi di amici e famiglie.
Un modo perfetto per godersi al meglio tutto ciò che la Baitella offre, in qualsiasi stagione.

Summer Vibes
A occuparsi dello spazio estivo della Baitella è il giovane Pietro, figlio di  Renzo, che organizza eventi e happening di successo tra i giovani della ValSeriana. Tre volte a settimana ci sono concerti di musica dal vivo con intrattenimenti, dirette radiofoniche ed eventi di grossa portata, ad esempio il Campari Soda Tour.
Durante una delle ultime feste, sei artisti si sono sfidati in un contest di street art realizzando le proprie opere sui muri del locale.

La Baitella è ormai un punto di riferimento, una destinazione privilegiata dei giovani valligiani.
Il segreto? «Sapersi reinventare», sostengono gli Scandella.


INFO:
RISTORANTE PIZZERIA LA BAITELLA
0346.73167

BAITELLA ICE SKATING
www.baitellaiceskating.it
340.0981125 | info@baitellaiceskating.it
FB: Baitellaiceskating | IG: baitella_ice_skating

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Graphicscalve – la stampa al passo con la Tecnologia https://www.valseriana.eu/blog/graphicscalve-la-stampa-al-passo-con-la-tecnologia/ Wed, 07 Aug 2019 12:45:29 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=38685 Nel 1845 nasce negli Stati Uniti la prima macchina rotativa tipografica per grandi tirature e nel 1875 si inizia a utilizzare la tecnica di stampa offset. Dall’Ottocento ai giorni nostri i tempi sono di certo cambiati ma emerge sempre più la necessità di disporre di un servizio di stampa tradizionale al passo con la tecnologia.

Percorrendo la nostra valle e superando il Passo della Presolana, si giunge in una splendida Valle: la Val Di Scalve. Qui a Vilminore di Scalve dal 1981 opera una grande realtà nel settore della stampa, offrendo servizi di stampa roto-offset , a bobina e digitale ad altissimi livelli.

Stiamo parlando della Graphicscalve.

Graphicscalve è oggi una delle realtà di stampa più importanti del territorio. Silvia, potrebbe raccontarci in breve la vostra storia?

Silvia: “Graphicscalve nasce come tipografia tradizionale sino a raggiungere nel tempo le dimensioni di una vera e propria industria grafica, in grado di offrire servizi di stampa a 360°.

Possiamo soddisfare le esigenze di tutti i clienti, sia i piccoli sia i grandi utilizzando la stampa digitale, offset e roto-offset. A livello di tecnologie visti i numerosi cambiamenti di mercato, abbiamo deciso l’anno scorso di introdurre una macchina offset con elevate prestazioni sia tecniche che qualitative: la Heidelberg XL 106. Questo per raggiungere le nuove esigenze di mercato, ovvero la realizzazione di lavori in piccole tirature, ma di qualità ed in tempi brevi. Il cliente oggi giorno cerca la qualità anche in un semplice biglietto da visita.

Per altri clienti e per richieste con fogliazioni più alte, offriamo servizi di stampa roto-offset con due macchine da 16 pagine e una macchina da 48 pagine che possono produrre 50.000 copie orarie.

Accanto alla stampa offset ad alta definizione, abbiamo investito in una nuova stampante, la Scodix Ultra 2 Foil per nobilitare lo stampato. Il prodotto che cerca il cliente non deve solo essere qualitativamente bello, ma anche personalizzato. Con questa macchina è possibile aggiungere delle serigrafie, in oro o argento, anche se si tratta di piccole quantità oppure impreziosire il prodotto stampato con vernici ad alto spessore. Un modo originale per presentarsi ai propri clienti!

Nel 2011, per diversificare ulteriormente l’offerta, abbiamo deciso di affiancare alla stampa tradizionale, offset e roto-offset, nuovi servizi legati al mondo della stampa transazionale e del Mailing. In particolare, presso il nostro stabilimento di Costa di Mezzate, abbiamo una divisione specifica dedicata al Direct Marketing che segue e cura tutte le fasi di realizzazione dei processi di stampa, dalla personalizzazione all’imbustamento, assemblaggio e spedizione di corrispondenza obbligatoria e mailing pubblicitari.”

Nel mondo della stampa, in cosa vi contraddistinguete?

Silvia: “Qualità, disponibilità e velocità nel servizio sono per noi fondamentali. Ciò che offriamo è soprattutto un servizio efficiente con uno standard qualitativo alto.

Nel nostro settore è importante “stare al passo”. Siamo infatti un’azienda che lavora 24 ore su 24, 6 giorni su 7 e siamo aperti tutto l’anno.
C’è la piena disponibilità da parte nostra a soddisfare le necessità del cliente. Siamo in prima linea per assistere il cliente. 

Visto l’avvento dei social e la facilità della stampa online, abbiamo pensato di metterci in gioco e arrivare più vicino al piccolo utente-privato o ad aziende come ristoranti, pizzerie, agriturismi che hanno bisogno di piccoli lavori.

Siamo presenti su una piattaforma online dove si può caricare il proprio file, stamparlo e ricevere in poco tempo il prodotto finito.

Attraverso questa piattaforma offriamo un servizio di customer service: i nostri operatori oltre ad offrire un’assistenza continua, danno anche la possibilità di correggere il file per adattarlo ai fini della stampa per la buona riuscita del lavoro.
Il portale e-commerce viene da noi monitorato. Di conseguenza, la qualità viene mantenuta. Basta collegarsi al sito www.doctaprint.it, registrarsi e scegliere il prodotto da stampare.

Le offerte presenti sono valide per tutti gli utenti, ma per i soci PromoSerio abbiamo pensato ad un codice promozionale cumulabile valido dall’01/09 fino al 31/12/2019, per stampare flyer, volantini e brochure

Il vostro biglietto di visita è stato un dettaglio che ha colpito molto la nostra attenzione. Potrebbe spiegarci quanto è importane per voi il concetto di Imprinting?

“Imprinting perché siamo un’azienda familiare fondata da mio padre Ezio e mio zio Walter, per poi includere diversi componenti della famiglia anche nella sede di Costa di Mezzate. Imprinting perché c’è un’intera famiglia a disposizione. Al nostro interno c’è molta collaborazione, si impara molto l’uno dall’altro e noi figli cerchiamo di dare una mano anche in tutto ciò che è digitale e social, utile a modernizzarsi.”

Risultati immagini per graphic scalve imprinting

Cosa vi augurate per il territorio della ValSeriana e della Val di Scalve e quanto è importante per voi? 

Silvia: “Di certo la decisione di tenere la sede principale dell’azienda in Val di Scalve è un segnale forte che dimostra il nostro senso di appartenenza. Siamo molto legati al territorio ma crediamo che la Val di Scalve, così come la ValSeriana, possano ancora crescere soprattutto a livello di personale, perchè se le persone che abitano qui hanno la possibilità di specializzarsi o se noi stessi possiamo trovare dei tecnici specializzati nel settore che lavorino per noi, ne saremmo ben felici.

Una persona non deve per forza andare via e lasciare quello che è il suo territorio, perché le aziende anche qui hanno bisogno di personale e il territorio senza persone non vive più.

Bisogna specializzarsi nelle lingue, nell’accoglienza e nel turismo in generale. Molte strutture, anche se negli ultimi tempi c’è un maggiore movimento, devono fare tanto per il turismo nell’ottica di richiamare sempre più turisti. Dobbiamo essere capaci di far conoscere i sapori del territorio come le Creste Scalvine oppure le erbe spontanee e perché no, puntare sugli agriturismi, per riscoprire la bellezza del verde della montagna, bellezza che noi vivendo qui, abbiamo la fortuna di vedere ogni giorno.

Ecco.. questa bellezza necessita di essere condivisa ed esportata anche all’estero.

Grazie mille Silvia, è stato un piacere conoscerla e grazie per la sua accoglienza in Val di Scalve.

www.graphicscalve.it
Scopri l’e-commerce di Graphic Scalve: www.doctaprint.it 

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Da Albino a Gandellino, un gelato per la ValSeriana https://www.valseriana.eu/blog/da-albino-a-gandellino-un-gelato-per-la-valseriana/ Tue, 23 Jul 2019 13:42:44 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=38199 La ValSeriana: un grande territorio di bellezze artistiche, di tradizioni e di sapori.

Partendo dal confine di Bergamo fino ad arrivare in alta montagna, abbiamo la fortuna di godere di una Valle dove gli associati di PromoSerio comunicano fra di loro portando avanti progetti e idee.

Il motivo principale? L’amore per il territorio della ValSeriana.

La stagione estiva 2019 è partita quest’anno arricchendosi di un nuovo prodotto “made in valseriana”: il gelato Yogaromel5.

Sergio Pezzoli e Andrea Risi, titolari rispettivamente del Laboratorio Gelateria Franca ad Albino e dell’Azienda Agricola Ronchello di Gandellino, si sono messi alla prova con il semplice obiettivo di offrire una ventata di freschezza ai sapori della ValSeriana.

Lo staff di PromoSerio è andato a conoscere il risultato del connubio fra queste due realtà.

Gentili Sergio e Andrea, complimenti intanto per essere riusciti a creare nel giro di poco tempo un nuovo prodotto che possa raccontare i sapori seriani. Vi potete presentare e raccontarci brevemente di voi?

Sergio Pezzoli: La Gelateria Franca è una storica gelateria fondata dai genitori di mia moglie, una gelateria a gestione familiare. Quando i Sig.ri Cornalba andarono in pensione, l’attività era davvero grande da gestire con 50 tavoli (200 coperti circa) con tanti dipendenti impegnati soprattutto nei weekend. I soci nel tempo cambiarono e anche io decisi di cambiare lavoro (lavoravo al tempo come contabile) e dedicarmi alla passione per il gelato dando vita al Laboratorio Gelateria Franca in società con la moglie Lauretta e grazie al prezioso aiuto di ottimi collaboratori. In laboratorio realizziamo diversi gusti di gelato fornendo molte gelaterie e ristoranti della valle, nonchè le gelaterie a marchio “Gelateria Franca“. Il nostro segreto è la scelta delle materie prime e la base che viene sempre creata artigianalmente da noi.

Andrea Risi: L’Azienda Agricola Ronchello nasce nel 2010 su idea di mio padre ed è stato proprio grazie a lui che nel corso degli anni siamo riusciti a creare un  balsamico che ci legasse all’alta ValSeriana e soprattutto a Gandellino. Siamo di origini milanesi e conoscevamo la ValSeriana perchè ci venivamo spesso in villeggiatura. Io sono laureato in architettura ma ho sempre coltivato un grande interesse nei confronti dell’apicoltura. L’amore per la valle ci ha spinto non solo ad abitarci ma anche a fondare un’azienda agricola. Mio padre ha cominciato creando un nuovo miele, inizialmente utilizzando il miele millefiori di Gandellino – ma per andare incontro alla tradizione dei boscaioli che al tempo andavano a lavorare in Francia, desiderava inserire nel nostro Miele la resina dell’abete bianco. Dopo cinque prove, siamo giunti alla ricetta perfetta del nostro balsamico di montagna: Aromel5®.

Aromel5® è composto da miele di melata, ottenuto da secrezioni zuccherine, che oltre avere delle qualità curative, contiene pochi zuccheri e soprattutto tanti sali minerali.  Inoltre Aromel5® è ideale per chi pratica sport, perchè libera le vie respiratorie e lo sportivo si ossigena quindi meglio. Un balsamico contro i malesseri stagionali e che racchiude le essenze più rappresentative dell’Alta ValSeriana.

Tornando al prodotto che avete realizzato, ci potete dire di cosa è composto il gelato Yogaromel5 e com’è nata l’idea di combinare lo yogurt al miele di montagna?

Sergio Pezzoli: L’idea nasce dall’input di un cliente; ricordo che non molto tempo fa avevo realizzato un gelato al gusto yogurt al pistacchio con granelle di nocciole. Un cliente lo provò e dopo un attimo mi chiese “Ha mai pensato di creare un gelato con il miele della zona, della ValSeriana?”

Non ci ho pensato due volte e all’interno della rete di PromoSerio sono entrato in contatto con Andrea dell’Azienda Agricola Ronchello. Ci siamo incontrati e conosciuti. Da subito Andrea mi ha proposto di utilizzare il loro balsamico di montagna per la realizzazione di un nuovo gusto, difatti erano diversi anni che l’Azienda Agricola Ronchello aveva già in mente un gelato al gusto Aromel5®.

Dopo diverse prove in cui non si riusciva a trovare la combinazione vincente, una notte mi son svegliato di soprassalto e mi son detto “proviamo a fare con questo metodo…”. Il giorno dopo in laboratorio, sapevo già che bilanciando da una parte, togliendo da un’altra parte, sarei giunto alla ricetta giusta.

Yogaromel5 è composto da una base di yogurt e miele di Melata, arricchito con olii essenziali di eucalipto, menta, timo, propoli, echinacea, pino e rosa canina.

Sergio Pezzoli: Non a tutti piace il balsamico, tuttavia quando si va a prendere un cucchiaio del cremoso yogurt, il tocco del balsamico è davvero delicato e giunge solo alla fine come leggero piacevole retrogusto. Solitamente non è facile trovare un gusto che possa piacere a tutti, ma anche all’interno del laboratorio, Yogaromel5 è stato apprezzato da subito da tutti i dipendenti e adesso lo stiamo promuovendo alla nostra clientela.

È un gelato che si può trovare in gelateria tutto l’anno?

Sergio Pezzoli: Si esatto, per questo l’abbiamo denominato “il gelato balsamico adatto per tutte le stagioni“.  Abbiamo pensato di creare insieme un gusto di gelato che potesse combinarsi con dei gusti più caldi per l’autunno o inverno, come i fichi, le castagne, la mela cotta con la cannella, il cioccolato oppure con qualcosa di più fresco abbinandolo alla frutta in primavera o in estate.  I clienti delle varie gelaterie stanno facendo nuovi ordini di Yogaromel5 ed essendo questo un primo esperimento, siamo felici che stia già funzionando sia nella ristorazione sia nella coppetta da servire al cliente.

Il Laboratorio Gelateria Franca e l’Azienda Agricola Ronchello sono delle grandi realtà in ValSeriana che hanno ricevuto delle certificazioni importanti come “Una Goccia D’oro” per il miele di castagno per l’azienda Ronchello ed il primato nella creazione del gelato al gusto Mais Spinato di Gandino per conto del ristorante Centrale la  Spinata di Gandino. 

Cosa vi augurate con questo prodotto e per la ValSeriana? 

Sergio Pezzoli: Ci auguriamo che venga apprezzato lo sforzo di esserci messi in gioco. Non è facile mettere d’accordo due persone provenienti da mondi tanto diversi per la realizzazione di un prodotto comune.

Il nostro contributo è stato quello di creare un gusto di gelato del territorio, per dare maggior senso di appartenenza alle montagne della ValSeriana.

Andrea Risi: Un territorio meraviglioso ma che vorrei stesse al passo con i tempi, sia dal punto di vista delle strutture alberghiere che necessitano di un tocco di modernità sia soprattutto di un piano di mobilità a lungo termine con la speranza di poter portare la TEB a Clusone e facilitare le tante famiglie che dalla bassa valle o da Bergamo vogliono visitare l’alta ValSeriana senza rimanere incastrati nel traffico.

Per il territorio della ValSeriana ci auguriamo noi tutti un futuro di collaborazioni e che non si fermi mai. Al contrario che sappia ripartire sempre da tutto ciò che di bello ha da offrire.
Grazie Sergio e Andrea per la preziosa collaborazione.

Curiosi di conoscere dove potete trovare il nuovo gusto gelato della ValSeriana? 

Visitate il sito internet del Laboratorio Gelateria Franca per scoprire i nuovi gusti, rimanere sempre aggiornati ed entrare in contatto con Sergio Pezzoli.

Potete trovare Yogaromel5:

  • Presso le gelaterie a marchio “Gelateria Franca”
    Albino – in via Provinciale 5/c
    Albino – in via Mazzini 63
    Leffe – in via P. Giovanni XXIII 13
  • Presso i ristoranti della ValSeriana  Scarica la locandina dedicata al gelato

Desiderate conoscere i prodotti dell’Azienda Agricola Ronchello?

Visitate il loro sito internet, grazie ad Andrea Risi avete la possibilità di adottare un’Arnia con fornitura di Miele artigianale per un anno.

Il progetto Adotta un’Arnia è perfetto per chiunque sia interessato ad un alimentazione sana e all’apicoltura di montagna, tuttavia non sia in grado di avere alveari a causa della spesa, dello spazio o del tempo limitato.

Presso il sito internet vengono proposti due pacchetti che garantiscono una fornitura di miele annuale e una visita presso l’Azienda Agricola Ronchello.

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IVS GROUP e la pausa di qualità https://www.valseriana.eu/blog/ivs-group-e-la-pausa-di-qualita/ Tue, 19 Feb 2019 11:40:05 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=33787 Sig.Gualdi, potrebbe elencarci le principali tappe che hanno contribuito al successo dell’azienda?
Il gruppo IVS nasce negli anni Settanta grazie all’idea di giovani imprenditori che mettendosi in gioco scelgono di esplorare nuove strade nel business della Distribuzione Automatica. Le origini sono legate all’imprenditorietà del fondatore Cesare Cerea che nel 1971 ha iniziato a gestire la filiera del food con la Cerea Distributori Automatici Srl per poi fondare un anno dopo, insieme a Pietro Gualdi e Angelo Bonacina, la Bergamo Distributori, già nel 1972 società pioniera del settore vending in Italia.
Dal 1971 ai giorni nostri tanti sono stati i traguardi raggiunti anche a livello internazionale tramite fusioni e acquisizioni di diverse società che hanno dato vita al gruppo IVS fino alla quotazione in borsa e la recente acquisizione di Moneynet.

Negli ultimi anni la pausa caffè è diventata sempre più social; sono tanti i momenti e le novità che condividete sul sito yourbestbreak.com. Nel settore del vending in cosa vi differenziate?
Grazie a 185.000 distributori godiamo di una forte presenza capillare sul territorio attraverso la quale portiamo avanti i principali punti della nostra mission: attenzione al consumatore, innovazione tecnologica e attenzione per l’impatto ambientale. Tutti i nostri distributori automatici sono monitorati tramite sofisticati sistemi di controllo telemetrico, che si traducono in una Sala Regia dedicata a manutenzione e rifornimento. Questo ci permette di essere costantemente aggiornati sui bisogni dei nostri clienti e di intervenire ovunque ce ne sia bisogno.

É importante per noi poter dialogare sempre di più con la nostra community e garantire delle risposte immediate. Anche attraverso il nostro angolo social yourbestbreak.com offriamo continua assistenza ai nostri clienti e con l’applicazione per smartphone Coffee cApp abbiamo reso possibile l’acquisto dei prodotti dei distributori con un semplice clic. L’innovazione tecnologia è alla base del nostro motore e l’acquisizione di Moneynet in quest’ottica è stata di certo un traguardo importante. Se difatti ieri la nostra App ci permetteva di acquistare dai distributori automatici, domani avremo nuove possibilità di vendita come pagamento dei bollettini postali, abbonamenti o carte prepagate. Tutto ciò che oggi viene effettuato insomma attraverso un’azienda di servizi bancari: virtualizzare un credito e con questo pagare certi servizi.

Sappiamo prenderci cura delle esigenze del cliente promuovendo un progetto di alimentazione consapevole associando il vending a prodotti salutari. Ciò si traduce nell’installazione all’interno di distributori di “cassetti verdi” che a differenza dei classici settori neri sono un indicatore di un cibo “no junk food”. In altri casi, in base a specifiche richieste del clienti introduciamo oltre ai cassetti verdi, degli appositi segnalatori per prodotti vegan o glutenfree. Ovviamente prima di inserire un prodotto “naturale” bisogna confrontarsi con l’offerta di mercato, ma noi come azienda cerchiamo di sostenere sempre più delle scelte consapevoli ed eticamente corrette.

In relazione al territorio della ValSeriana, esiste per Lei “the best” location dove poter rilassarsi “far pausa” la domenica? Aziende e territorio – è questo un connubio possibile?
Originario della ValSeriana, sono molti i luoghi ai quali sono particolarmente affezionato. Sicuramente non posso non citare luoghi di cultura come Clusone o Gandino ma anche Selvino. La Presolana, Monte Pora, Farno… sono i luoghi del mio passato.

Un connubio pausa-territorio che associo anche al progetto della pista ciclabile, un investimento a beneficio di tutti. Credo difatti che la valle non possa sopravvivere senza investire sulle infrastrutture, sulla mobilità e offrire quindi servizi. Facendo un parallelismo con il nostro lavoro, è quello che anche noi di IVS facciamo ogni giorno: noi offriamo un servizio e “il servizio” è ciò di cui la valle ha bisogno per invitare le persone a venire da noi e non piuttosto da altre parti che magari hanno capito come vendersi.

L’infrastruttura in sé ha una doppia valenza perché se da un punto di vista serve ad accogliere, da un altro serve ad andare a vendere. E’ solo grazie ad un tipo di infrastruttura che si riesce a vendere una certa esperienza avendo un palcoscenico più grande. Non ho dubbi che il tema mobilità sia un tema complesso. Il collegamento TEB Bergamo-Albino è stato un investimento importante, sarebbe auspicabile poter portare avanti un progetto completo affinchè si possano raggiungere anche gli altri comuni della ValSeriana. Abbiamo la fortuna di aver qui vicino un grande aereoporto, sarebbe importante offrire una rete collegata per poter vendere bene il nostro territorio e le nostre eccellenze. Bisogna riflettere su azioni e investimenti con cognizione di causa, che possano portare dei benefici soprattutto per il medio-lungo termine, attraverso la sinergia di più attori e non demandata ai singoli imprenditori.

Il Presidente della IVS Group Cesare Cerea, è stato un grande imprenditore…
Il compianto e storico Presidente del Gruppo, Cesare Cerea, era una persona molto intraprendente. Presente in azienda, amava stare con le persone e spronare il nostro gruppo. É stato un uomo di tanta vitalità e spirito imprenditoriale riuscendo a dare il via a nuovi modelli di distributori automatici e iniziative commerciali che hanno generato nuovi business in nicchie di mercato fino ad allora inesplorate e fondato le basi del gruppo di oggi. A questo saremo sempre riconoscenti.

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I Bertù: la pasta ripiena dalla storia antica https://www.valseriana.eu/blog/i-bertu-la-pasta-ripiena-dalla-storia-antica/ Tue, 08 Jan 2019 08:35:31 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=32621 Se entriamo nello specifico delle singole zone, la ValSeriana è rinomata per i suoi Scarpinocc, una pasta ripiena a base di formaggio, senza l’utilizzo di carne, originari del comune di Parre (Bg).

Nessuno si aspettava novità in questo campo, ma quando qualche anno fa arriva una chiamata alla locale associazione di promozione turistica; era uno chef di Atlanta, un tale Mike Patrick. Voleva informazioni riguardo una pasta fresca ripiena di cui aveva letto nell’ “Encyclopedia of pasta” di Oretta Zanini De Vita (University Press California – 2009).

Erano i Bertù ed ecco che subito si accende l’interesse nei confronti di questa pasta ripiena; iniziano quindi lunghe ricerche bibliografiche e chiacchierate con gli anziani locali che, nel tempo, confermano l’esistenza di questa pasta: è così che i Bertù rinascono, in maniera del tutto inusuale e con l’intenzione di rimanere patrimonio della memoria collettiva ancora per molto tempo.

Degusta questi squisiti ravioli ripieni alla Sagra dei bertù e dei Capù di Rovetta

Ma la vera fortuna di questa produzione è l’aver incontrato la curiosità e l’interesse dello chef Matteo Teli che si è dedicato al progetto di recupero della ricetta e della loro messa in produzione.

La loro origine sembra derivare dalla frazione San Lorenzo di Rovetta (Bg), un tempo zona in cui vivevano molte famiglie di pastori.

Il nome deriva dal fatto – Racconta Matteo Teli – che la loro grande dimensione aveva indotto i pastori a chiamarli Bertù, probabilmente con derivazione dal termine berta, cioè “orecchio” in dialetto gaì, parlata conosciuta esclusivamente appunto dai pastori. Di conseguenza si suppone che il termine Bertù sia riconducibile al significato di “orecchio grande”, simile a quello dell’asino”.

Dopo numerose prove, tentativi e assaggi, ecco che la ricetta viene perfezionata e ormai i Bertù di San Lorenzo vengono prodotti nel laboratorio Tradizioni e Delizie a Onore (Bg) da Matteo Teli in persona.

Per la sfoglia – dice Matteo – viene utilizzata una farina integrale sporcata con un poco di crusca. Si utilizzano le uova, ma in maniera molto limitata. Il ripieno invece ha come ingrediente principale il cotechino sgrassato unito poi al formaggio da grattugia, al pane grattato, al prezzemolo, ad un poco di cipolla tritata, sale e un pizzico di noce moscata”.

Nel piccolo spaccio del laboratorio è possibile acquistare anche altri prodotti ideati dallo chef: dai Tosèi, l’alternativa ai Bertù con il ripieno a base di formaggio (senza carne), gli gnocchi di patate e polenta di Mais Rostrato rosso e molte altre paste. Tra i dolci locali, da menzionare la Smaiasa di Cerete, a base di mele, noci e uvetta, ma anche la torta Rostratella di Rovetta, prodotta come è facile capire dal nome a partire dal Mais Rostrato rosso unito alle nocciole e alla confettura di more. E ancora, tra i biscotti i Brutti di mais e i Lingotti di mais, per una merenda o una pausa ricca di nutrimento e di energia.

Foto Matteo Zanardi
Testi Lara Abrati
LaMa Food Specialists | lama.studio

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L’apicoltura di montagna: in alta ValSeriana, una storia davvero golosa https://www.valseriana.eu/blog/lapicoltura-di-montagna-in-alta-valseriana-una-storia-davvero-golosa/ Thu, 03 Jan 2019 17:35:58 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=32619 Tra questi boschi, in una bellissima e isolata zona del territorio comunale, è ubicata l’azienda agricola Ronchello che nasce ufficialmente nel 2010, “ma era da quasi 25 anni che avevamo le api a Gandellino” racconta Andrea Risi, apicoltore e architetto di origine milanese che con i genitori si è trasferito in valle ormai molti anni fa.

Nonostante siamo a circa 850 metri sul livello del mare – racconta Risi – disponiamo di un microclima caratteristico dei 1000 m.s.l.m quindi la nostra è una vera e propria apicoltura di montagna. Questo ci obbliga a praticare il nomadismo. Inoltre il freddo è un problema per l’invernamento delle api, infatti l’inverno è più lungo e le famiglie si sviluppano più lentamente”.

Ma i limiti diventano spesso una sfida e nonostante ci siano molte difficoltà, questo rappresenta un territorio sano per le api: mancano infatti le produzioni agricole intensive e di conseguenza non vi sono pericoli per l’uso massiccio di prodotti fitosanitari.

In alta valle viene prodotto esclusivamente un miele millefiori e, per variare la tipologia di mieli, Andrea Risi sposta le sue arnie in base ai tempi di fioritura delle varie specie: “idealmente seguiamo i fiumi, infatti dalla ValSeriana scendiamo lungo il fiume Serio, mentre le api che abbiamo in Valle Camonica, le spostiamo lungo il fiume Oglio”.

Ecco quindi che l’azienda produce diverse tipologie di miele: dal tarassaco al castagno, fino alla robinia, il tiglio e il millefiori primaverile.


Andrea Risi è una persona molto creativa e curiosa, per questo motivo in poco tempo ha dato vita ad altre tre specialità a base di miele: Aromel 5, Enermel e Nocciolmel. Aromel 5 è un miele balsamico nato dopo un percorso di sperimentazione e assaggio lungo un anno. Si tratta di un miele di melata con aggiunta di oli essenziali (eucalipto, menta, pino e timo), propoli echinacea, rosa canina e aromi naturali; ideale per chi soffre di problemi bronchiali e per chi pratica attività sportiva. Il secondo invece, Enermel, è una miscela a base di miele di melata, polline, pappa reale e propoli. Infine, un prodotto per i veri golosi: Nocciolmel, preparato al 70% con miele di robinia e la restante parte con crema di nocciole gentili del Piemonte. Un prodotto per cui perdere la testa!

Per questo 2018 il miele di castagno dell’azienda agricola Ronchello è stato premiato con Una goccia d’oro al concorso Grandi Mieli d’Italia 2018Premio Giulio Piana. Un riconoscimento importante che premia soprattutto la dedizione di Andrea Risi che si sta sempre più dedicando al mondo del miele. Il nuovo laboratorio di estrazione e lavorazione del miele, unito al paziente sviluppo di prodotti interessanti e innovativi, sono una vera testimonianza del suo costante impegno.

Foto Matteo Zanardi
Testi Lara Abrati
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La Val di Scalve: tra pascoli e formaggi di “una volta” https://www.valseriana.eu/blog/la-val-di-scalve-tra-pascoli-e-formaggi-di-una-volta/ Thu, 03 Jan 2019 16:21:35 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=32622 Percorrendo una stretta strada a strapiombo sul letto del torrente, si arriva ai maggiori centri della zona: Vilminore di Scalve, con tutte le sue frazioni e Schilpario, piccolo centro e molto conosciuto per le attività di svago legate alla montagna.

Proprio a Vilmaggiore, frazione di Vilminore di Scalve, è ubicata la Latteria Sociale Montana di Scalve, una cooperativa di allevatori che quotidianamente lavora il latte proveniente da 16 conferenti locali per la produzione di diverse tipologie di formaggio appartenenti alla tradizione.

Nel caseificio con annesso spaccio, vengono lavorati giornalmente oltre 50 quintali di latte dal casaro Lorenzo Bruschi, da due anni direttore della cooperativa. Una vera e propria scelta di vita la sua, che lo ha visto abbandonare la città e stabilirsi in queste montagne. Lorenzo è infatti originario di Sesto San Giovanni ed è un perito agrario laureato in benessere animale. “Da piccolo – racconta – avevo a casa a Parre e d’estate salivo a fare l’alpeggiatore. Ero talmente innamorato di questa zona che ho fatto la mia tesi di laurea sulla formaggella ValSeriana. Successivamente ho iniziato a lavorare alla Latteria della Val di Scalve e due anni fa c’era bisogno di una persona che ci si buttasse dentro in maniera importante: dopo 10 anni di lavoro qui ho sostituito Luciano Bettoni alla guida della cooperativa”.

Sono molte e diverse le tipologie di formaggio prodotte, tutte a partire da latte crudo non pastorizzato. Questo preserva tutte le qualità nutritive e i microrganismi naturalmente presenti nel latte, anche se questo talvolta potrebbe creare difficoltà nella sua lavorazione e trasformazione in formaggio, proprio a causa de fatto che il latte è materia viva e se utilizzato senza pastorizzazione è in grado di regalare prodotti unici, ma molto delicati e da trattare con cura.

Tra le varie tipologie casearie prodotte, la regina è proprio lei: la formaggella Val di Scalve, prodotta nei formati da 1,4 kg e da 700 g (chiamata Scalvinella). E’ prodotta a latte intero e non pastorizzato; la cagliata viene semi-cotta. Esiste nella versione da stalla e da alpeggio, cioè utilizzando il latte estivo prodotto da animali al pascolo. Quest’ultima ha vinto la medaglia d’argento alle Olimpiadi del formaggio di Bergen.

Da citare poi lo stracchino del Gleno, che deve il suo nome alla diga protagonista della tragedia del 1 dicembre 1923, in cui la stessa crollò portandosi dietro morti e distruzione. Proprio nei pascoli vicini si dice che venisse prodotto uno stracchino magro perché prodotto da latte parzialmente scremato. Anche oggi viene prodotto a partire da latte crudo parzialmente scremato. La pasta è cruda e viene lasciato a maturare al massimo per 20 giorni.

Infine, ma non per importanza, il Quadrel, imponente per dimensione, è il tipico formaggio da piastra. E’ prodotto con latte crudo parzialmente scremato e la cagliata, dopo essere stata rotta alla dimensione cosiddetta a chicco di mais, viene riscaldata ulteriormente; è infatti una pasta semi-cotta e la sua forma è rettangolare dal peso di circa 8-11 kg. Questo formaggio viene infine stagionato per almeno due mesi.

Una zona questa, in cui l’allevamento è molto presente e i pascoli riescono a regalare aromi unici facilmente percepibili nei formaggi locali, soprattutto se prodotti a latte crudo e con la sapienza di un buon casaro come Lorenzo.

Foto Matteo Zanardi
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Quando un prodotto “povero” diventa una vera risorsa: il Mais spinato di Gandino https://www.valseriana.eu/blog/quando-un-prodotto-povero-diventa-una-vera-risorsa-il-mais-spinato-di-gandino/ Thu, 03 Jan 2019 15:57:14 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=32617 Infatti credere fortemente in un progetto o in un prodotto necessita poi di tante piccole e grandi azioni dettate da emozioni, intraprendenza e coraggio, che costruiscono e fanno crescere quello che era solo un’idea o un’intuizione.

A Gandino e dintorni è successo proprio questo e, grazie a un piccolo gruppo di persone dedite al proprio territorio, con la consapevolezza che vi era la necessità di fare qualcosa che trainasse e fosse da stimolo alla promozione locale, è nato il progetto di recupero e successiva valorizzazione legato al mondo del Mais Spinato di Gandino. Una varietà autoctona caratterizzata dall’avere un chicco di colore giallo e dalla forma appuntita.

A Gandino c’è stata la ferma volontà di fare bene, grazie anche a persone come Emanuel Caleca, gestore dal 2006 del Ristorante Centrale, che ha voluto dare un forte impulso al mais e a tutti i prodotti derivati, impegnando e indirizzando anche quella che è la sua attività commerciale in questa direzione.

Nasce così il marchio “La Spinata” che ormai caratterizza il ristorante ubicato in piazza a Gandino, ma anche un altro punto vendita ad Albino. In questi luoghi è possibile assaggiare diverse tipologie di piatti a base di mais spinato di Gandino, ma anche acquistare i prodotti preparati a partire da questa materia prima.

Da quando è nata l’idea del progetto legato al mais spinato – racconta Caleca – ho deciso con la mia attività di dedicarmi solo a quello, vista anche la presenta degli indispensabili volontari, che si sono rivelati fondamentali per la buona riuscita di tutte le attività portate a termine”.

Sono molti i prodotti reperibili a La Spinata e preparati nel laboratorio in loco. Da assaggiare, appunto, la Spinata: una sorta di pizza spianata in cui si fondono per l’impasto alcune dosi di farina integrale e di farina di Mais Spinato.

Poi, sempre tra i prodotti da forno, il Frollino Centralino, un biscotto prodotto con l’utilizzo della farina di Mais Spinato coltivato da agricoltori locali. Un biscotto leggero, a base di frolla. Croccante e dolce al punto giusto, per un goloso spuntino o una perfetta merenda. E poi ancora, le Chiacchiere salate, il prodotto perfetto da gustare con i salumi per un gustoso antipasto o aperitivo. Infine, La Scarlatta, la birra nata dalla passione di Roberto, figlio di Emanuel Caleca, disponibile in due versioni: rossa e bionda. Una ricetta segreta sempre a base di Mais Spinato di Gandino. Oltre alle due tipologie elencate, Roberto produce anche una birra weiss preparata a partire dai 3 mais autoctoni bergamaschi: lo Spinato di Gandino, il Rostrato rosso di Rovetta e il Nostrano dell’Isola.

Da assaggiare ancora a La Spinata, il gelato Melgotto, prodotto dal gelataio leffese Sergio Pezzoli, che servito con il Frollino Centralino regala dolcezza e aromi unici.

Da ciò che poteva essere alla prima impressione un prodotto semplice e senza futuro è nata una filiera di prodotti di qualità, figli di una tradizione che si è ridotta a cenere, ma è ancora fuoco vivo.

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Formaggi, salumi e birra: produzioni di montagna che scaldano il cuore https://www.valseriana.eu/blog/formaggi-salumi-e-birra-produzioni-di-montagna-che-scaldano-il-cuore/ Wed, 02 Jan 2019 18:00:29 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=32620 Ecco che la multifunzionalità agricola diventa essenziale, un po’ come le cascine di un tempo: si produceva un po’ di tutto per rispondere alle diverse necessità alimentari. Una questione di sopravvivenza, ma che richiede notevole impegno al fine di gestire al meglio tutti i processi di produzione, lavorazione, trasformazione e vendita.

La scelta di Marco Delbono è stata proprio questa e racconta: “ho lavorato per un po’ di anni in Germania e nel 2000 sono tornato a casa. Nel 2002 ho iniziato a pensare all’azienda e nel 2005 ho dato vita a un allevamento di capre ad Ardesio. Ma non era sostenibile, dovevamo vendere la produzione a prezzi troppo bassi ai commercianti, per questo motivo nel 2009 con mio fratello abbiamo acquistato bovini e suini e iniziato a pensare ad un progetto più grosso e che stesse in piedi”. Di conseguenza, oltre alla stalla, in azienda sono presenti il caseificio, dove viene trasformato il latte caprino e vaccino, e il laboratorio per la lavorazione delle carni e la loro trasformazione in salumi.

Formaggio di latte vaccino
Formaggio di latte vaccino
Formaggi con latte caprino
Formaggi con latte caprino

Tra i formaggi prodotti, fanno da padrone formaggelle e stracchini prodotte sia con latte vaccino che caprino. Poi ci sono anche forme stagionate in grotta, ubicata vicino all’azienda. Per quanto riguarda i prodotti a base di latte caprino, particolari sono l’erborinato e le piramidi al naturale oppure affinate con il carbone vegetale.

Quanto ai salumi, non poteva mancare il salame bergamasco, prodotto utilizzando anche le parti nobili del maiale, come tradizione vuole, ma anche coppe, pancette, cacciatori. Vengono trasformate anche le carni bovine per la produzione di bresaole, carne salata e salame di manzo. Infine, con la carne di capra si producono alcuni golosi insaccati.

Salumi
Salumi

Ma non è finita qui. Nel 2013 l’idea di iniziare a coltivare i cereali che hanno portato alla produzione della farina di frumento e di segale, per farne poi i prodotti da forno, e dell’orzo che ha dato impulso nel 2017 alla nascita della nostra birra agricola. Nasce quindi il birrificio Asta, con la produzione della prima birra agricola della ValSeriana nelle tipologie bionda (Valcanale), rossa (Montesecco), Weiss (Cacciamali), gluten free (Valzella).

Birra Agricola Asta
Birra Agricola Asta

Nel frattempo, correva l’anno 2015, Marco e il fratello hanno dato vita al negozio (sempre ad Ardesio) dove vendono i loro prodotti e alla produzione di gelato, sempre a partire dal latte prodotto in azienda. In particolare il fior di capra e il gelato al mais sono tra i gusti più curiosi e da assaggiare.

Una proposta davvero ampia che permette di assaggiare l’alta ValSeriana in un colpo solo.

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Le gallette di Mais del Clemente, una storia di passione https://www.valseriana.eu/blog/le-gallette-di-mais-del-clemente-una-storia-di-passione/ Wed, 02 Jan 2019 16:23:48 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=32618 Ho sempre avuto il pallino per la coltivazione del mais, – spiega Clemente Savoldelli, piccolo impresario edile e coltivatore di Mais Spinato di Gandinoma mio padre non ha mai voluto che iniziassi a dedicarmici perché avevamo sempre molto lavoro grazie all’attività di famiglia. Oggi proseguo con l’attività, ma nel tempo libero mi piace coltivare questa mia grande passione”.

©matteozanardi
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I terreni vengono gestiti applicando la rotazione delle colture, al fine di tutelare la fertilità e la struttura dei suoli, per garantirne massima sostenibilità nel tempo. L’azienda agricola di Clemente coltiva in tutto circa 3 ettari di terreno a Mais Spinato di Gandino, segale, grano saraceno ed erba medica, quest’ultima una leguminosa che, durante la sua coltivazione, contribuisce in maniera sostanziale alla fissazione di una componente nutritiva molto importante per la crescita e lo sviluppo delle piante: l’azoto.

©matteozanardi
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I prodotti della natura, una volta raccolti e fatti essiccare, sono moliti direttamente in azienda. “In passato mi rivolgevo al mulino di Cerete, – racconta Clemente – poi ho acquistato il mio mulino in legno in Austria. E’ stata una vera fortuna. Un mulino a pietra che viene regolato tutto a mano”. Dispone di 3 setacci che permette di suddividere la farina in fumetto, bramata e fioretto, in base agli utilizzi per cui verrà poi impiegata.

©matteozanardi
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Le farine provenienti dalle diverse varietà di mais possono poi essere miscelate per ottenere prodotti unici per i diversi utilizzi. Quindi farine da impastare per preparare prodotti da forno oppure farine per polenta. Il mais tal quale viene anche impiegato per la produzione delle buonissime e croccantissime gallette: lo snack ideale in tutti i momenti della giornata.

Ho scoperto circa dieci anni fa l’esistenza di questo Mais, – racconta Clemente – allora sono andato alla Cascina Ca’ Parecia e ho chiesto di averne un po’ da coltivare. Avevano trovato una pannocchia vecchia oltre 20 anni e, dopo gli studi sulla varietà, abbiamo iniziato a coltivarlo. Ormai è dal 2009 che mi dedico, insieme agli altri agricoltori e volontari, a questo progetto. Negli ultimi anni ho iniziato a sperimentare anche con altre cultivar autoctone”.

©matteozanardi
©matteozanardi

Ormai i prodotti proposti sono molti: dalle Spinette, piccole gallette a base di solo mais, alle tradizionali gallette a base di Mais Spinato e poi miscelate con riso, farro oppure con altre varietà autoctone come il Mais Rostrato rosso di Rovetta o il Nostrano dell’Isola. Infine le farine: da quella di grano saraceno, a quella di frumento tenero, fino al fioretto di mais per la produzione di prodotti da forno. La scelta è notevole anche per le farine per polenta: diverse miscele per ogni gusto.

Clemente Savoldelli è un vero sperimentatore nella coltivazione delle varietà autoctone, le sorprese sono assicurate!

Foto Matteo Zanardi
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Abitare Baleri, design e stile nel cuore della ValSeriana https://www.valseriana.eu/blog/abitare-baleri-design-e-stile-nel-cuore-della-valseriana/ Mon, 17 Dec 2018 16:04:22 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=32450 Non è un caso che il GIA, prestigioso premio conferito al miglior negozio di retail a livello internazionale, sia finito proprio fra le mura di questa azienda, da anni associata a PromoSerio.
Ferdi Baleri, da molti anni “signore” di questo tempio, ci parla orgoglioso del premio appena ricevuto e che lo porterà a Chicago con il sogno di conquistare anche la giuria d’oltreoceano.
Cominciamo a parlare con lui ed è immediato capire che il riconoscimento che ora si sta godendo, altro non è che il frutto di una lunga esperienza vissuta sul campo: formazione, incontri, viaggi e continua voglia di approfondire e andare oltre il conosciuto.

Ha uno showroom di quattro piani nel cuore della ValSeriana. Da dove è partito?
Una fragranza al truciolo di legno permea tutta la mia storia; mio padre aveva un negozio di arredamento, una piccola bottega. Sono cresciuto a contattato con questo ambiente e me ne sono innamorato. Ho frequentato studi di design ma in Italia, negli anni Sessanta era ancora difficile trovare istituti e università che permettessero una formazione di qualità. Allora sono partito per la Germania. A Monaco di Baviera ho studiato prima ingegneria del legno e poi ho proseguito con una specializzazione in design d’interni. Contemporaneamente ho iniziato a lavorare in uno studio di architettura; sono stati per me anni davvero ricchi di spunti creativi: ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con molti personaggi importanti, maestri che mi hanno appassionato e che mi hanno insegnato parecchio. Monaco, allora come oggi, era il regno dell’arte e del design, ovunque si respirava bellezza e buon gusto. È li che ho iniziato a sentire il bisogno di non essere un semplice commerciante di mobili, volevo andare oltre, suggerire una filosofia di vita prima che vendere una sedia o un tavolo.

Poi è tornato in Italia… come ha realizzato queste sue aspirazioni?
Si, sono tornato ad Albino, la sensibilità nei confronti del design non era cambiata anzi. Fortunatamente mio padre si era spostato qui dove siamo ora e in questo grande negozio ho iniziato a costruire il mio sogno. Da Monaco ho portato a casa prima di tutto l’amore per l’arte. In parallelo alla mia formazione ho iniziato ad appassionarmi di arte, principalmente contemporanea, ho sviluppato quell’occhio estetico che permette a un buon arredatore di fare delle scelte di gusto. Ho cominciato a comprare opere d’arte per arredare casa mia, da li a diventare un collezionista è stato un attimo. In tutti i settori dello showroom ci sono opere d’arte di grandi artisti italiani e internazionali, sono tutte mie opere.

In effetti girando fra le diverse aree espositive, sembra quasi di essere in un museo… Un posto elitario?
Assolutamente no. Non ho mai avuto l’obiettivo di creare un tempio per ricchi. Non si può negare che molti dei pezzi di design in vendita sono di altissima qualità e rispondono alle esigenze di un mercato esclusivo, ma cerchiamo sempre di offrire un’alternativa che possa soddisfare tutte le “tasche”. Ad esempio, abbiamo bicchieri che costano 1 euro e altri da 100. Questo non vuol dire omologarsi al mercato ormai standardizzato ma piuttosto volere aprirsi a tutti. Mi piacerebbe che il nostro negozio fosse percepito come un luogo da visitare… Invito i giovani a venire qui, non per comprare, semmai per osservare, per vedere come si può arredare casa con buon gusto e semplicità. Gli ambienti che proponiamo mi piacerebbe diventassero ispirazione per accostamenti da riproporre nelle proprie case. Ho cercato di creare uno showroom che sia anche spazio di conoscenza e di approfondimento. Vicino ai pezzi più importanti, sedie, poltrone, armadi, soprammobili di grandi personalità del design italiano ho posizionato libri che ne raccontino la storia. Ospito spesso classi universitarie di Milano o gruppi di giapponesi che vengono qui per fare fotografie allo spazio. Ci tengo che non sia percepito come un negozio impersonale, non voglio che si esca pensando di aver visto un’esposizione di mobili ma ci terrei che rimanesse l’idea di un luogo carico di vissuto, di storia, di ricerca.

Oggetti Naturali della ValSeriana

Forse sta proprio in questa vostra cifra caratteristica la ragione del Premio GIA che da poco vi è stato riconosciuto? Ci racconti un po’ come è andata…
È stato un regalo piovuto dal cielo. Il GIA è un importante premio che viene riconosciuto ogni anno al migliore negozio di retail. Si tratta di un premio internazionale che è stato fondato venti anni fa a Chicago. Da venti negozi del panorama nazionale ne viene premiato uno solo. Un amico mi chiama e mi invita a partecipare alla serata di premiazione. Ero a Milano per altre questioni e incuriosito ci sono andato. Mi sono detto, vediamo cosa hanno questi venti negozi in più di me, quale è la loro offerta. C’è sempre da imparare dai concorrenti. Iniziano a elencare i nomi dei negozi… arrivati al diciannovesimo un momento di suspence… prima di annunciare il vincitore. Quando hanno pronunciato “Abitare Baleri” la gioia mista a incredulità è stata grandissima. Eravamo stupefatti; la giuria è composta da ricercatori e personalità importanti: professori del Politecnico di Milano, i più importanti architetti lombardi ed economisti della Bocconi. La cosa forse più curiosa è che per un anno siamo stati sotto l’occhio attento dei selezionatori e non lo sapevamo nemmeno: ci hanno visitato più volte in borghese per fare le loro analisi, per chiedere ai clienti pareri e valutarne il grado di soddisfazione. Hanno anche fatto un sondaggio nella provincia di Bergamo e il nostro nome è spiccato su altri. Il ricordo più bello è stato invece il riconoscimento da parte degli altri concorrenti: solo molti complimenti e grande consenso con la scelta della giuria. Ora ci aspetta un’altra tappa importante: andremo a Chicago per la premiazione del migliore negozio a livello internazionale. Sarà una bella sfida concorrere con gli americani. Ci aspetta una serata di gala, dovrò tirare fuori lo smoking per la serata, anche se mi piacerebbe presentarmi in vero stile americano, con gilet, camicia a quadrettoni e cappello da cowboy.

Un premio che porta nel mondo un’eccellenza della ValSeriana. Come vive il rapporto con il territorio?
Si, diciamo che con questo premio faccio un po’ il processo inverso di quello che sta alla base della nostra filosofia. Per scegliere i miei oggetti, da gennaio parto e giro i centri di design più d’avanguardia, Olanda e la Germania in primis. Mi piace andare a scovare i giovani talenti, bussare alle loro porte, dimostrare che sono interessato alle loro creazioni. Poi porto tutto in ValSeriana, perché ci tengo che la gente abbia la possibilità di vedere qui le migliori proposte di respiro internazionale. Nonostante il mio sforzo, ammetto, sento ancora una certa indifferenza nei confronti di temi estetici e il territorio non ha ancora sviluppato questo tipo di sensibilità. Certamente avere un negozio di questo tipo a Milano avrebbe un’altra risonanza.

Ma quindi ci sta dicendo che, se ne avesse la possibilità, lascerebbe la ValSeriana per la città?
No no, non fraintendetemi. Milano è la città del design, ovvio che avere un negozio di questo tipo li sarebbe interessante. Se trovassi una persona in grado di condividere al cento per cento la nostra filosofia, certo che a Milano aprirei uno showroom. Ma sono molto affezionato a questo posto, sono nato qui, ho costruito con grandi sforzi un racconto visivo basato sulla dimensione umana e sui rapporti personali a cui tengo veramente e che difficilmente sarebbe replicabile altrove. Questa è casa mia e ho dei progetti che sanno di utopia ma che sono li, magari un giorno prenderanno forma: mi piacerebbe fare qui dentro un museo della forza lavoro della ValSeriana, uno spazio rappresentativo di tutte le attività e le tradizioni che hanno caratterizzato il territorio e hanno contribuito al suo sviluppo, sarebbe un regalo che vorrei fare alla mia terra.

Ma per lei la ValSeriana è…
Ma senza esitazioni la ValSeriana è per me natura… Io amo camminare, amo andare in montagna. La natura ci parla e ci regala molte cose, dobbiamo essere capaci di coglierle e sfruttarle. Molte volte si cercano oggetti preziosi e ricercati per arredare casa, ma con un po’ di sensibilità si possono trovare incredibili fonti di ispirazione nella natura. Io lo faccio da sempre: quando vado a fare le mie passeggiate adoro raccogliere reperti naturali, colleziono centinaia di rami e radici della ValSeriana, me li porto a casa, li lavoro poco, li pulisco giusto quel che serve e li trasformo in piccole sculture, li elevo a opere d’arte. Con un piccolo e timido piedistallo il gioco è fatto.

Ha un luogo a cui tiene particolarmente?
Per rimanere coerenti con quanto detto prima, il Moshel è un logo che amo moltissimo. Ma come non menzionare anche la Presolana; quelle poche volte che sono riuscito a conquistarne la vetta è stata una soddisfazione strepitosa, una gioia indescrivibile. Sul fronte artistico invece non c’è nulla di più affascinate e commuovente in ValSeriana della Danza Macabra di Clusone. Mi lascia sempre a bocca aperta.

Dopo così tanti anni di attività, è ancora un fiume in piena e una miniera ricca di progetti. Dove trova gli stimoli?
Sicuramente la mia forza più grande sono i viaggi. Per me viaggiare significa entrare in contatto con suggestioni e stimoli che faccio miei una volta tornato a casa. Solo viaggiando e conoscendo cosa c’è al di fuori del nostro piccolo orto si può pensare di fare qualcosa di influente e importante. Così tengo allenata la mente e a volte vado anche oltre le mie possibilità.
C’è una cosa che da un po’ mi gira per la testa… Noi dovremmo avere degli oggetti che parlino della ValSeriana. Dovremmo riuscire a industrializzare con gadget semplici e funzionali la sue storia, contribuendo così non solo a diffondere il marchio territoriale e tutto quello che vi sta dietro ma anche a valorizzare il nostro saper fare, le nostre tradizioni, il nostro cibo, la nostra arte attraverso un culto di oggetti che ne siano rappresentativi.

L’idea con cui ci saluta il sig. Baleri ci piace molto, forse questo progetto sarà la prima importante collaborazione con questo impero del buon gusto nel cuore della ValSeriana.
Se non ci siete mai stati, fateci un giro e lasciatevi accompagnare dal sig. Ferdi, fatevi trasportare dalla passione che traspare ogni volta che si avvicina a un oggetto e parte per raccontarne la storia.

Scopri i dettagli sul sito di Abitare Baleri

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La viticoltura bergamasca di qualità alle pendici del Monte Misma https://www.valseriana.eu/blog/la-viticoltura-bergamasca-di-qualita-alle-pendici-del-monte-misma/ Mon, 17 Dec 2018 14:25:49 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=32022 La bassa ValSeriana confina con la vicina Val Cavallina e, enologicamente parlando, è caratterizzata da due importanti microzone: quella dove si coltiva e produce il Moscato di Scanzo DOCG e quella alle pendici del Monte Misma, facente parte delle due denominazioni più grandi, Valcalepio DOC e Terre del Colleoni DOC, ma caratterizzata da un affioramento roccioso di origine calcareo-marnosa molto particolare, ma tipico della zona in senso più esteso: il Sass de la Luna, chiamato così fin dall’800 probabilmente per il suo colore grigio-azzurro.

Proprio in queste zone è ubicata la storica azienda vitivinicola Cavalli – Faletti, oggi gestita dai fratelli Maurizio e Giorgio.

L’azienda, negli scorsi decenni, prima di diventare una vitivinicola era una classica cascina della zona, in cui vivevano e lavoravano numerose famiglie di mezzadri. Era di proprietà della famiglia Cavalli che, a un certo punto, una volta scomparsa la mezzadria, decise di dare impulso alla coltivazione della vite come si faceva un tempo e cioè senza grandi attenzioni alla tipologia della vite impiantata e alla qualità del vino prodotto.

©Matteo Zanardi

Dal 1976 al 2012 l’azienda è stata gestita da Pinuccia Faletti, mamma di Giorgio e Maurizio purtroppo scomparsa. Insieme al marito produceva vino da tavola classico rosso e poco bianco.

Oggi i fratelli Cavalli producono circa 15.000-20.000 bottiglie differenziate in ben 8 referenze: una produzione di nicchia che può ben testimoniare la storia della viticoltura di qualità bergamasca. Oltre ai 5 ettari e mezzo di vigneto nei territori attorno a Villa di Serio (Bg) e nella zona di Nese (Bg), gestiscono un piccolo appezzamento nel vicino territorio comunale di Scanzorosciate (Bg), luogo in cui producono il prezioso Moscato di Scanzo DOCG, la denominazione di origine controllata e garantita più piccola d’Italia.

L’azienda produce anche un Valcalepio DOC e relativa riserva, un Merlot Terre del Colleoni DOC e un Cabernet Terre del Colleoni DOC, entrambi vitigni utilizzati per il taglio bordolese, il mix richiesto e autorizzato dalla denominazione Valcalepio, per l’omonimo vino rosso.

Quanto ai bianchi, sono prodotti uno Chardonnay Terre del Colleoni DOC, un Incrocio Manzoni Terre del Colleoni DOC e, infine, un vino diverso, perché proveniente da un vitigno cosiddetto aromatico: il Moscato giallo vinificato a secco.

©Matteo Zanardi

E per il futuro?

Stiamo valutando di spumantizzare lo chardonnay, visto che cresce in una zona ad alta escursione termica, – racconta Maurizio – mentre nel 2017 abbiamo impiantato 1000 piante di Solaris, una delle nuove varietà in via di sperimentazione che resiste alle malattie. Quest’anno abbiamo fatto solo 3 trattamenti fitosanitari a suo carico”.

La bassa ValSeriana, come tutta la zona collinare della provincia di Bergamo, è una zona vocata alla produzione di vini rossi e non solo per il suo clima. La tradizione gastronomica locale è caratterizzata da piatti che ben si abbinano a questa tipologia: dai piatti a base di carne, fino alla polenta taragna, un’ottima occasione per abbinare i grandi vini rossi bergamaschi.

Foto Matteo Zanardi
Testi Lara Abrati
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Quando la tradizione si trasforma in arte pasticcera: il Bescot de Éla https://www.valseriana.eu/blog/quando-la-tradizione-di-trasforma-in-arte-pasticcera-il-bescot-de-ela/ Tue, 27 Nov 2018 07:55:17 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=31773 E’ ciò che stava succedendo a questo biscotto originario di Villa di Serio, un paese ubicato alle porte della valle, vicino alla città di Bergamo, “così evocato dagli anziani del paese che mi hanno spinto ad approfondire e provare a riscoprire in chiave attuale”, racconta il pasticcere Ivan Feliciani, che con la moglie Silvia, gestisce l’omonima pasticceria del piccolo centro abitato. Una passione vera per la pasticceria quella di Ivan: “fin da piccolo, quando mi chiedevano quale lavoro volessi fare, io dicevo il cuoco oppure il pasticcere”.

Un biscotto preparato a partire da semplici ingredienti che si potevano trovare nelle cascine in cui mezzadri e contadini vivevano: le uova, la farina, l’olio d’oliva, lo zucchero e il limone (sì, perché la pianta di limone, nei cortili delle abitazioni di un tempo non mancava mai). Ecco che grazie all’ascolto dei racconti di alcune persone del paese, Ivan si mette al lavoro, unendo le indicazioni ricevute in merito a ingredienti e caratteristiche del biscotto, alle sue competenze tecniche rispetto all’arte della pasticceria.

Dopo due o tre mesi di sperimentazione, studiando e applicando conoscenze e tecniche, sono arrivato ad un risultato di cui mi ritengo molto soddisfatto: aroma e consistenza sono identici ai racconti, senza trascurare il fatto che questo biscotto è oggi un prodotto di pasticceria, le cui caratteristiche si devono alla corretta lavorazione ed emulsione degli ingredienti” racconta ancora Ivan Feliciani.

Gli ingredienti del Biscot de Ela

Oggi il biscotto è preparato con un procedimento assolutamente preciso: – racconta ancora il pasticcere – grattugio la scorza dei limoni sullo zucchero e li miscelo, al fine di fissare l’aroma del limone in assenza di materia grassa. Poi monto il tutto con le uova fresche e aggiungo infine la parte grassa rappresentata dall’olio extra vergine di oliva”.

Detto così si potrebbe pensare a un banale biscotto, ma per ottenere il vero Bescot de Éla, ormai prodotto dell’arte pasticcera di Ivan, è necessario tenere sotto controllo molte variabili, dalla temperatura dell’olio, fino a quella delle uova e, come racconta ancora Feliciani “è necessaria anche una montagna di tecnica”.

Pasticceria Feliciani
Pasticceria Feliciani

Si presenta di forma tonda, dal diametro di pochi centimetri (molto simile ai macarons francesi), dal colore giallo scarico e ricoperto da uno strato di zucchero, per regalare gioia al palato, al cuore e agli occhi.

Per uno spuntino di metà mattina o la merenda, questo è il biscotto perfetto. Friabile, ma tenero, dolce, ma leggermente acidulo, grazie alla presenza della scorza di limone. Materia grassa, farina e zucchero perfettamente bilanciati, per un biscotto che rischia di creare dipendenza perché… uno tira l’altro.

Foto Matteo Zanardi
Testi Lara Abrati
LaMa Food Specialists | lama.studio

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L’energia di una Valle https://www.valseriana.eu/blog/lenergia-di-una-valle/ Wed, 07 Nov 2018 15:57:26 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=31566 Rinnovare e innovare. Saper crescere, aprirsi al mondo. Cadere e rialzarsi con tenacia, ma soprattutto con una visione. Chi vive in Val Seriana lo ha sempre fatto. Lo ha dovuto fare, perché stare lassù, tra le montagne e un fiume che taglia in due la terra, mica è semplice. Eppure questa valle, che alterna pendii scoscesi a verdi piane, è come se avesse una forza tutta sua, un Dna specifico. Bergamasco, sì, ma ancor più testardo, ancor più grintoso.
Non stupisce scoprire, dunque, che la storia di una delle aziende più rappresentative di questa terra, cioè la Scame, sia un po’ il riflesso di tutti questi elementi. E incarni appieno lo spirito con cui la gente della Val Seriana ha sempre inteso il lavoro e l’imprenditoria.
Stefano Scainelli (foto) ha 55 anni, è un ingegnere ed è l’amministratore delegato della Scainelli Materiale Elettrico, l’azienda che (segno del destino) il padre Giovanni – morto nel luglio 2017 a 91 anni – fondò lo stesso anno della sua nascita, il 1963.

Naturalmente a Parre, il suo paese, il suo centro di gravità esistenziale. Oggi la Scame è un’azienda seriana, italiana, ma che guarda al mondo: è presente in ottanta Paesi per esportazioni, ha filiali in sedici Stati e vanta circa ottocento dipendenti complessivi, di cui quasi 280 nella sola capogruppo.
«Sì, non siamo una Pmi. Ma non siamo nemmeno una vera e propria multinazionale – spiega Stefano Scainelli, che dal 2006 è ad del gruppo -. Ed è un problema, perché così fatichiamo a partecipare sia ai bandi per le une che a quelli per le altre». Il “problema”, però, non sembra riflettersi sui risultati dell’azienda, che ha chiuso il 2017 con un fatturato consolidato che ha superato i cento milioni e che, di anno in anno, continua il suo percorso di crescita in un settore non certo semplice. «L’azienda la frequento sin da quando avevo i pantaloncini corti. A 14 anni mi facevano andare in attrezzeria. Ricordo ancora che una volta mi dimenticai la chiave del tornio nel mandrino. Quando lo avviarono, la chiave volò pericolosamente via. Il capofficina, anche se ero il figlio del padrone, non so quante me ne disse…».

Scainelli sorride mentre ricorda i primi passi nell’azienda di papà, oggi diventata la sua azienda. Che da Parre non si è mai mossa. «Qualcuno pensa che grandi attività con una forte presenza nel mondo debbano avere sedi in chissà quali posti. Non certo a Parre, lasciano intendere. Ma il segreto sta nelle idee, mica in dove è la sede». E stupisce un po’, quindi, scoprire che suo padre Giovanni, in realtà, le idee chiare in quell’ormai lontano 1963 non è che ce le avesse poi tanto: «Più che altro, papà aveva voglia di fare. Aveva uno spirito imprenditoriale innato e si sentiva soffocare dove lavorava prima, cioè un’azienda della Val del Riso del settore chimico-minerario. La cosa che lo convinse a lasciarla fu il fatto che, sebbene fosse un caporeparto, i suoi consigli su come migliorare il lavoro non venissero ascoltati dai superiori. E così si dimise. Tentarono di trattenerlo, ma ormai aveva deciso». Da buon seriano, Giovanni Scainelli voleva rinnovarsi. «Ricordava spesso quel momento. Diceva che passò un sacco di tempo con la lettera di dimissioni in mano, indeciso se imbucarla o meno e chiedendosi: “La metto o non la metto?”».

Stefano Scainelli

Rinnovarsi, ma soprattutto innovare. Sì, ma come? «Papà non si inventò niente, però capì il potenziale dei chiodini isolati per impianti elettrici e della plastica, un materiale che era in grande ascesa in quegli anni. Da perito chimico, aveva intuito la possibile forza di quel settore. Certo, furono in tanti a provarci. Ma lui era stato bravo a creare una squadra. Non si lanciò in questa nuova avventura da solo, infatti. Quando ebbe l’idea, iniziò a coinvolgere diversi amici, tutti con specializzazioni diverse. Divennero i suoi soci e ancora oggi le loro famiglie sono in azienda. Noi Scainelli abbiamo la maggioranza, ma loro sono una parte fondamentale della Scame». Quella parte che, mattone dopo mattone, ha aiutato Giovanni Scainelli a costruire una realtà forte, solida, partita da Parre e andata nel mondo.

«Del resto la gente di Parre è, storicamente, gente che gira. A fine Anni Cinquanta, qui c’erano o pastori in continuo movimento, o emigranti. Persone che, senza sapere una parola di inglese – e, a dirla tutta, nemmeno di italiano perché si parlava soltanto il bergamasco allora -, prendevano e partivano per il Sud America o l’Australia. Una cugina di mia madre, nel 1958, andò proprio là, in Australia. E suo figlio parla inglese e bergamasco antico, quello che neppure noi oggi capiamo. Pazzesco, bergamaschizza tutto, anche i verbi inglesi».

 

Rinnovare, innovare, crescere, aprirsi al mondo. Ma anche cadere, perché le cadute sono parte di un lungo cammino. «Mio padre faceva parte della prima generazione di grandi imprenditori di questa valle. Uomini coraggiosi che hanno saputo allargare i confini. Io rappresento la seconda generazione». Quella che ha beccato in pieno la grande crisi del 2008… «Noi produciamo materiale elettrico in ambito terziario e industriale, l’edilizia rappresenta ancora un pezzo importante del nostro mercato. Che però è stato duramente colpito dalla crisi. Tra il 2010 e il 2013 abbiamo preso delle belle mazzate. Per intenderci: il nostro fatturato italiano, nel 2013, era sceso da 37 milioni a 19 milioni di euro. Non sono situazioni che puoi gestire togliendo soltanto gli straordinari ai dipendenti. Fu un momento difficile». Superato soltanto perché la Scame ha avuto la forza di rialzarsi con tenacia, sfruttando una visione che, in realtà, aveva coltivato negli anni. «Ci ha salvati la nostra presenza sui mercati esteri e, soprattutto, il fatto che siamo stati in grado di diversificare l’attività».

Oggi la Scame è una delle aziende più avanzate nel settore delle automobili elettriche. Una posizione conquistata negli anni e non senza fatica. «Era il 1999, se non ricordo male – racconta Scainelli -. L’Associazione Veicolo Elettrico Italiano ci contattò e ci chiese se eravamo interessati a costruire un connettore industriale per loro. Allora non esisteva una cosa del genere. Accettammo la sfida e realizzammo il prodotto. Per alcuni anni lo tenemmo anche sul mercato, ma la richiesta era veramente bassissima. Qualche anno dopo, tra il 2006 e il 2007, le cose cambiarono. L’industria automobilistica iniziò a interessarsi all’elettrico. Il merito fu della rivoluzione nell’ambito delle batterie, conseguenza del boom informatico: per telefonini e pc servivano batterie più piccole e più performanti. Ci fu un effetto domino, che coinvolse anche l’automotive. Non in Italia però. Partecipavamo a eventi internazionali ed eravamo gli unici italiani in mezzo a tantissimi giapponesi, tedeschi, americani. E lì capimmo quanto conta il sistema rispetto alla singola azienda. Gli altri Paesi, infatti, intuita l’onda lunga che stava arrivando fecero squadra. Istituzioni, governi, aziende, grandi istituti di ricerca: tutti intorno a un tavolo per capire come sfruttare il nuovo quadro economico e, soprattutto, per delinearne lo sviluppo da lì agli anni a venire. L’Italia, invece, non lo ha mai fatto. E così noi,azienda della Val Seriana, ci siamo trovati a nuotare da soli in un mare di potenze. Nonostante questo siamo riusciti a conquistarci uno spazio e alcune delle innovazioni che abbiamo introdotto sul mercato europeo sono ancora all’avanguardia e ci permettono di ricoprire un ruolo importante».


La Scame, quindi, è come se fosse stata in grado di vivere diverse vite nella stessa
. E continua a farlo. «Il mondo industriale resta il nostro core business, ma ci siamo da un lato specializzati su settori che ci permettono di far fruttare meglio le nostro competenze, dall’altro ci siamo aperti a mercati totalmente nuovi come quello delle auto elettriche, dove inizialmente abbiamo dovuto soltanto sfruttare in modo diverso ciò che già sapevamo fare, ma poi abbiamo dovuto invece imparare da zero nuove abilità. Anche per questo abbiamo creato divisioni ad hoc per gestire le novità».

Ed è così che si torna, come fosse un cerchio della vita, all’inizio, ovvero all’importanza di sapersi rinnovare e, soprattutto, di innovare. «Innovazione di prodotto, ma anche di organizzazione e di processo. Solo con una visione coordinata d’insieme è possibile continuare a crescere».
Forse è per questa incredibile sinergia di valori e di mentalità che c’è tra la storia della Scame e la storia di chi vive da sempre la Val Seriana che l’azienda non ha mai perso il legame con la propria terra. «Secondo me – spiega Scainelli -, finché dietro una realtà c’è un azionariato familiare legato al territorio, si mantiene un legame forte. È quando la proprietà perde il legame che il territorio deve preoccuparsi. Se c’è dietro una famiglia che vive la comunità, cambia tutto. Ma il vero merito fu di mio padre. Molto di ciò che ha ottenuto con la Scame ha voluto poi “ridarlo” indietro attraverso opere come la piscina di Parre, la prima di tutta la valle praticamente».
Rinnovare e innovare. Saper crescere, aprirsi al mondo. Cadere e rialzarsi con tenacia, ma soprattutto con una visione. Questa è la Scame, questa è la Val Seriana.

Articolo di Andrea Rossetti per VALSeriana & Scalve Magazine Autunno

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Un nuovo progetto di BlueMeta, ancora delle mani a raccontarlo! https://www.valseriana.eu/blog/un-nuovo-progetto-di-bluemeta-ancora-delle-mani-a-raccontarlo/ Thu, 25 Oct 2018 07:43:36 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=31139 Incontriamo un’altra azienda associata a PromoSerio che ha scelto la sostenibilità per la ValSeriana: Blue Meta apre le porte del suo Store di Clusone dove incontriamo l’Amministratore Delegato Domenico Piazzini.

Energia dalle nostre mani significa energia pulita – spiega Piazzini – energia che  privilegia l’approvvigionamento da fonti rinnovabili, significa anche un’attenzione particolare al nostro territorio e alle persone che ci vivono, per contribuire insieme al rispetto dell’ambiente e al futuro del pianeta”.
The green Energy come “The Green Experience”, il claim che PromoSerio ha scelto per le t-shirt protagoniste del progetto di co-marketing firmato Scorpion Bay.

Non solo sostenibilità per l’azienda, ma anche vicinanza al cliente.
Dal 2011 Blue Meta fa parte del gruppo Ascopiave e, come tutte le società del Gruppo, anche Blue Meta ha una grande missione: assicurarsi la totale soddisfazione dei clienti, mantenere il massimo livello di qualità del servizio di fornitura energetica, distinguersi per la presenza sul territorio 
e la conoscenza diretta delle realtà locali in cui opera.

Chi sceglie Blue Meta come proprio fornitore di luce e gas può contare su diverse garanzie: negozi commerciali vicini a casa, una rete di vendita diretta, un call center interno e offerte sul mercato libero adatte a tutte le esigenze energetiche.
A queste si aggiungono i servizi tecnologici come lo sportello Web e l’APP che offrono ai clienti la possibilità di gestire in completa autonomia la proprie fornitura e le attività ad esse collegate.

Un servizio rapido, efficiente e vicino al territorio: questi sono i fattori che contraddistinguono l’azienda sul mercato. Blue Meta è presente in Lombardia, Piemonte e Liguria, con circa 100.000 clienti. Ma la sua vera forza sta nella presenza sul territorio: avere 12 punti di contatto nella sola provincia di Bergamo.

“La società mira a fornire un servizio utile ed efficace, dinamico e capace di soddisfare le specifiche esigenze dei diversi segmenti
 di clientela – ci racconta Piazzini – Per questo motivo, siamo costantemente orientati al miglioramento delle attività con investimenti basati su servizi innovativi e di spinta verso il futuro a beneficio della comunità. Il nostro approccio commerciale ai Clienti è basato sulla chiarezza della proposta, lontano da impossibili promesse, con offerte facilmente comprensibili che, ad esempio, distinguono i costi del gas e dell’elettricità  rispetto alle imposte e ai costi fissi. Il risultato è che il Cliente saprà esattamente cosa pagherà. Inoltre è nostra consuetudine, oltre che  guidare il cliente nella scelta della miglior tariffa, informarlo affinché sia più consapevole, anche in materia di truffe, che riguardano contratti di luce e gas. Questo è il senso della nostra politica commerciale: vicino al Cliente nella massima trasparenza.”

Resta aggiornato su tutte le offerte e i servizi di BlueMeta al sito  www.bluemeta.it

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In ValSeriana, il benessere naturale cosmetico è firmato BioKIREI! https://www.valseriana.eu/blog/in-valseriana-il-benessere-naturale-cosmetico-e-firmato-biokirei/ Fri, 20 Apr 2018 09:21:17 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=27722 Il viaggio alla scoperta del mondo Kirei inizia nella meravigliosa terra salentina, dove Tullio conosce il mondo della terapia naturale, degli oli essenziali e delle mille proprietà delle piante medicinali. È stata la passione di un amico salentino coltivatore diretto di aloe vera e olio di oliva ad aver fatto nascere in lui l’idea di una cosmetica completamente naturale.

Nel 2009 nasce così Kirei, linea cosmetica in grado di rigenerare il corpo e rasserenare la mente, grazie ad una serie di prodotti realizzati a partire da questi due ingredienti dalle proprietà sorprendenti, aloe vera e olio di oliva, sapientemente uniti alle più apprezzate erbe medicinali.
L’idea di Tullio, e dell’amico e socio in affari Massimo Fioriello, diventa realtà grazie a Barbara Garbarino, erborista con esperienza ventennale, che seleziona gli ingredienti bio e segue il processo di produzione della linea cosmetica KIREI.

“Nella natura tutto il mondo è una farmacia che non possiede neppure un tetto”: l’aforisma di Paracelso coniuga perfettamente la filosofia del mondo Kirei. “Come in farmacia troviamo i rimedi della scienza – ci racconta Tullio – noi riscopriamo e proponiamo i rimedi che la natura da sempre mette a nostra disposizione. Dedicheremo più tempo alla cura, ma potremo dire addio agli effetti collaterali e lavorare non solo per la guarigione ma anche per il mantenimento della nostra salute”.

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Grazie a questa filosofia Kirei è cresciuta moltissimo negli anni, ma Tullio non si è fermato qui. Nel 2014 crea Biokirei, uno store online multibrand che offre prodotti erboristici, cosmetici naturali e biologici, integratori vegetali innovativi, alimenti bio ed articoli ecologici per l’igiene della casa. E nel 2017, a supporto del web, apre un negozio Biokirei a Clusone, un luogo dove poter entrare in contatto con le persone e far toccare loro con mano i benefici dei suoi prodotti.

“Il nostro impegno vuole essere anche quello di sensibilizzare il grande pubblico all’importanza del benessere – ci spiega Tullio – perché la maggior parte delle persone non conosce veramente i prodotti che utilizza quotidianamente e le conseguenze che possono avere sul loro benessere interiore. Non capisce che la cura interna passa prima di tutto dall’esterno e, quindi, anche dai prodotti cosmetici”.

Un’opera di sensibilizzazione che viene portata avanti anche grazie a una serie di eventi organizzati nel negozio Biokirei, che hanno visto la partecipazione di diverse figure professionali legate al benessere naturale, come quella del naturopata, del dietista o dell’iridologa, che, attraverso la lettura dell’iride, riesce ad individuare i problemi fisici di cui una persona può soffrire.

Il successo dei prodotti Kirei e del portale Biokirei è frutto di un modello di business che sfrutta diversi canali ma anche di un uso sapiente della comunicazione social, soprattutto dei blog. “I blogger – ci spiega Tullio – hanno un grande valore strategico per la nostra attività. Testano i nostri prodotti, ne parlano sui loro blog e ci fanno pubblicità. Per noi è una visibilità importante che ci permette di raggiungere migliaia di persone in tutto il mondo”.

Logo BioKIREI

Non solo lungimirante idea imprenditoriale ed efficace modello di business: se il brand ha raggiunto questo successo negli anni il merito è anche dello staff di Kirei. Ci tiene molto a sottolinearlo Tullio: “Un grande successo si ottiene sempre grazie a un grande team. Senza la passione che quotidianamente mettono nel lavoro il mio socio Massimo, le ragazze che lavorano in ufficio e in negozio e la nostra esperta erborista Barbara, tutto questo non sarebbe stato possibile”.

Nonostante il mondo Kirei abbia raggiunto velocemente il mercato nazionale, continua ad avere sede e contatto diretto con il pubblico in ValSeriana. Perché? “Qui sono nato e qui ci sarà sempre una parte del mio cuore. Viaggio molto per lavoro e ho la fortuna di vedere posti bellissimi, ma dopo un po’ la mia valle mi manca – ammette Tullio – In ValSeriana si sta bene, c’è tutto quello che si può desiderare. Appena posso mi concedo una passeggiata in Val di Scalve, che credo sia meravigliosa, selvaggia e tutta da scoprire. Penso che bisogna credere nel territorio e io ci credo, per questo ho voluto investire qui e sono contento della mia scelta”.

Segui le attività di BioKIREI su Facebook e prova i prodotti visitando www.biokirei.com

 

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The Green Experience – Le t-shirt che raccontano la ValSeriana e Scalve https://www.valseriana.eu/blog/the-green-experience-le-t-shirt-che-raccontano-la-valseriana-e-scalve/ Mon, 16 Apr 2018 15:31:38 +0000 https://www.valseriana.eu/?post_type=blog&p=27611 Il primo progetto di comarketing nasce dalla collaborazione con una delle più importanti aziende del territorio: Scorpion Bay. La creatività e imprenditorialità di Scorpion Bay e la volontà di PromoSerio di valorizzare le eccellenze internazionali della ValSeriana finalmente insieme in un percorso di comarketing, volto a raccontare il territorio attraverso una linea di abbigliamento firmata dalla nota azienda con sede ad Albino.

Il design della t-shirt nasce dal marchio territoriale della ValSeriana e racconta l’attaccamento alle radici, al territorio e il rispetto della tradizione, valori che Scorpion Bay condivide profondamente e che trasmette nella propria passione per i capi di abbigliamento.

Il progetto di comarketing vuole creare una linea di abbigliamento che sia simbolo del territorio e che rappresenti al contempo un efficace veicolo di promozione turistica.

PromoSerio e Scorpion Bay sono oggi più che mai orgogliosi di promuovere tutto ciò che rappresenta la ValSeriana, la nostra cultura imprenditoriale e le tradizionali eccellenze che animano il territorio.
Presso gli uffici turistici è disponibile l’intera linea di abbigliamento “The Green Experience”, con diversi modelli per uomo e donna di polo e t-shirt (nere, bianche e antracite), e il modello di felpa con cappuccio blu.

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