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Tante idee per vivere al meglio le tue vacanze

Corolle regali

Mille fiori fanno primavera, fra rocce, sentieri, colori e profumi della natura.
E lo spettacolo di esclusive rarità

Hanno quasi tutte dei nomi femminili, perché sono le regine delle nostre montagne. E in quanto tali, difficili da avvicinare. Quelle lunghe e complicate parole latine sembrano titoli nobiliari, d’una dinastia il cui tratto distintivo è una ritrosa e timida bellezza.
Saxifraga presolanensis, Primula albenensis, Linaria tonzigii. Mettono soggezione fin dal nome. E ognuna ha un suo palazzo preferito, il luogo dove regnare dall’alto sulla valle.

I FIORI ESCLUSIVI DELLA VALLE

La Saxifraga ad esempio predilige i coni d’ombra che guardano a nord, il suo capriccio è quello. Ma lei può permetterselo, perché è “la regina dei fiori di roccia” come titolano Renato Ferlinghetti ed Enula Bassanelli.
Una vita solitaria, eremitica, per “uno dei gioielli di maggior splendore della flora bergamasca”.

La Linaria (detta bergamasca) ha gusti diversi, ama muoversi lentamente, impercettibilmente per noi uomini, insieme ai ghiaioni su cui dimora. Pattina insieme ai sassi sui monti, piano piano. Essendo specie esclusiva delle Orobie, è stata scelta come simbolo del gruppo Flora Alpina Bergamasca (Fab).
La Primula porta nel suo nome il regno su cui troneggia: l’Alben, con le sue rocce calcaree. Un’altra sovrana, la Viola comollia, è detta anche “del Coca”, perché sceglie invece gli ambienti silicei dell’alta valle, come appunto il Coca, la zona del Curò. Si trova generalmente tra i 2200 e i 3000 metri e recentemente è stata valutata “quasi a rischio” per via del riscaldamento globale.

La bellezza aristocratica di questi che sono alcuni dei fiori endemiciesclusividella ValSeriana (e Brembana) non è solo rara, non è solo nascosta. È anche perigliosa.

IL CERCATORE CON LA MONTAGNA NEL CUORE

Pierino Bigoni del gruppo micologico Bresadola di Villa dʼOgna racconta di quando veniva qui il botanico scozzese Sidney J. Clarke, di Edimburgo. Cercatore appassionato di primule, fu lui a trovare un ibrido dellʼalbenenesis ancora in fase di studio – e pure una sua rarissima varietà albina -. Una volta, arrampicandosi sulle rocce, avido di scoperte, cadde e prese un brutto
colpo, fratturandosi alcune costole. Lui e Pierino, nelle avventure sui monti, non parlavano in inglese, ma latino. Il latino dei fiori. Negli ultimi anni però il botanico si è ammalato e ha dovuto rinunciare alle sue esplorazioni seriane.

Piero Bigoni e il botanico scozzese Sidney J. Clarke mentre studiano la Primula Albenensis

Lo stesso Pierino, nel suo peregrinare tra boschi e monti alla ricerca di funghi, si occupa pure di fiori e pollini. Li fotografa, li raccoglie, analizza e cataloga nella palinoteca. «Lo scorso giugno, attraversavo un canalone per incontrate un meraviglioso Cypripedium. Sentii dei rumori e riuscii a sottrarmi per un soffio a una violenta scarica di sassi, che piovvero dall’alto».
Il Cypripedium calceolus è un’orchidea sublime, che Pierino s’è divertito a cercare per alcuni anni, in Val di Scalve. «Ha un periodo breve di fioritura, quindici-venti giorni, in concomitanza del pino mugo, che ti penetra nelle
narici. Su e giù per i canaloni, cerca e cerca, in ambienti ostili. Ma che urlo di gioia, quando l’ho trovato».

Cypripedium calceolus

Ci sono anche i fiori che amano impantanarsi nelle torbiere. È il caso della Drosera rotundifolia della Val Sanguigno. In quegli ambienti, solo poche specie di animali e piante riescono ad adattarsi. Come quelle carnivore, che sopperiscono alla carenza di sali di azoto nelle acque con l’azoto organico dei piccoli artropodi che catturano con i loro peli appiccicosi. Qui la bellezza aristocratica dei fiori di pietra lascia spazio a un fascino selvaggio, un poʼ crudele. La Drosera è agguerrita.

Drosera Rotundifolia in Valsanguigno

Si riprende candore con l’Eriophorus scheuchzerii (foto in copertina), sempre in Val Sanguigno. «Sembrano campi di cotone» dice Pierino. E lʼincredibile suggestione delle sue foto lo testimonia. Questa bellezza come di neve che cade dolcemente, sospesa nel tempo, vive e prospera sempre in quelle melmose torbiere dove la Drosera va a caccia.

Una figura imprescindibile quando si parla di fiori bergamaschi, è il professor Claudio Brissoni. Fu lui a individuare il sentiero dei fiori, un itinerario ideale tra specie pregiate come, oltre alle già citate, il Galium montisarerae, l’Allium insubricum, la Silene elisabethae, la Campanula raineri. Si tratta di un percorso ad anello: dal rifugio Capanna 2000 si attraversa in quota la Val dʼArera fino al passo Gabbia. Poi la Corna Piana e giù al lago Branchino. Il sentiero è il numero 221. Ritorno lungo il 222, più basso di 200 metri.

Esiste infine una bellezza un poʼ più accessibile. Che tutti possiamo ammirare senza inerpicarci chissà dove. Pierino consiglia la Valzurio, lungo la passeggiata per le baite del Möschel. Qui potreste imbattervi nel Crocus albiflorus in primavera e altri durante l’anno.

 

Percorsi fattibili anche in Val Sanguigno, dalla centrale di Aviasco in poi. Ancora, tra il rifugio Parafulmine, Farno e il Pizzo Formico: ottime fioriture di Primula orecchia d’orso e Saxifraga vandelii. Al Monte Poieto e Cornagera, fioriture di Rhododendronnano (chamaecistus), hirsutum, e ancora Primula auricola.

 

Articolo di Fabio Busi per VALSeriana e Scalve Magazine
Foto di Pierino Bigoni

Le Valli da fiaba