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Tante idee per vivere al meglio le tue vacanze

La Valle dello Zinco

Alla scoperta delle antiche miniere della Val del Riso, guidati da Plinio il Vecchio, dal padre del grande Modigliani… e dal Presidente degli Stati Uniti.

Una realtà tutta da scoprire, per lo più nascosta nelle viscere della terra, pietra angolare dell’economia di una volta e del rilancio turistico attuale e futuro. La Valle del Riso (dal nome dell’omonimo torrente) si apre in ValSeriana alla destra orografica del fiume Serio all’altezza di Ponte Nossa e comprende i comuni e le frazioni di Gorno ed Oneta.
Salendo dal fondovalle sino al passo di Zambla (che la divide dalla Val Serina) si apprezzano aspetti naturali suggestivi (il Monte Alben su tutti) e luoghi legati alla devozione popolare, come il Santuario della Madonna del Frassino.

L’attività mineraria per l’estrazione dello zinco è però da secoli l’elemento distintivo di queste terre montane, al punto che già duemila anni fa Plinio il Vecchio (scrittore, filosofo e governatore romano) segnalò nella sua Naturalis Historia come in queste aree si cavasse la cadmia, un minerale che affiorava fra i monti. «A quel tempo – spiega Fabrizio Scolari che coordina le attività del Museo di Gornoil minerale veniva fuso con il rame, ottenendo così “l’aurichalcum”, cioè l’ottone. Nel 1500 alle miniere di zinco di Gorno si interessò pure Leonardo da Vinci, segnalando luoghi e dettagli in uno studio topografico e minerario condotto per conto del governatore di Milano, Carlo d’Amboise».

La vera storia delle miniere di Gorno iniziò nella seconda metà del 1800 grazie all’impegno di privati locali, di alcune imprese inglesi e dei fratelli Flaminio, Isacco e Alberto Modigliani. Erano banchieri livornesi, ma soprattutto padre (il primo) e zii (gli altri due) dell’Amedeo che sarebbe divenuto celeberrimo artista.

In Valle si contavano 1500 persone legate all’attività mineraria.
Oltre ai minatori c’erano le Taissine (le donne che provvedevano alla cernita del minerale con un semplice martello): oggi rivivono in un gruppo dedito alla ricerca e rievocazione culturali.
C’erano poi i “Galecc”, ragazzini dai 10 ai 14 anni che con i gerletti portavano il minerale all’esterno. «Le miniere di Gorno – aggiunge Scolari – si sviluppano per 230 km di scavi con un’estensione di 8000 ettari su quasi 2000 metri di dislivello. La galleria più lunga è di 11 Km mentre, il traforo più lungo raggiunge i 4 Km, il pozzo più profondo è di 340 metri».

La visita a Gorno inizia presso il Museo Minerario  dove un’introduzione storica e un video, illustrano il lavoro dei minatori. Una iniziazione”necessaria a comprendere gli strumenti esposti e il processo di trasformazione del minerale in metallo, presentato in un attrezzato laboratorio. Altre sale riproducono, con reperti originali, il locale Ufficio Tecnico Minerario oppure mostrano una collezione di minerali
con descrizione della formazione dei giacimenti. «Dopo il museo – spiega Scolari – ci si trasferisce alla miniera di Costa Jels, dove attrezziamo i “novelli minatori” con caschi protettivi. Dopo avere acceso la lampada del minatore entriamo in miniera e mostriamo in successione le varie fasi di lavorazione: la perforazione nei vari periodi (romano, medioevale, anni 60), l’uso dell’esplosivo e il riconoscimento della mineralizzazione. Si rivive, infine, l’avventura del minatore Charlie e all’uscita si percorre un panoramico sentiero nel bosco».

Gorno è il primo territorio minerario italiano mappato con tecnologia Beacon, utile a visitare l’Ecomuseo in modo interattivo.
Una app denominata “Hidden Stones” dialoga grazie al Bluetooth (quindi anche in assenza di rete internet) con “pietre nascoste” digitali (hidden stones) che lungo il percorso attivano supporti descrittivi, audio e video.
È possibile ascoltare i canti dei minatori e rivivere le modalità di trasporto e selezione del minerale.


Lo staff della Fattoria Ariete segue la nuova realtà nata ad Oneta ad inizio 2019: il Museo Etnografico Scientifico Minerario.
È un museo tematico, legato ai mestieri di un tempo, con centinaia di  oggetti e particolari riferimenti al mondo contadino, all’attività della tessitura e all’antico lavoro del boscaiolo. Gli ambienti sono caratterizzati da grandi dipinti realizzati da Roman Ceroni, efficaci per far rivivere i protagonisti di una storia secolare.

Per l’attività estrattiva, che per secoli ha caratterizzato anche Oneta cambiandone di fatto identità e prospettive, sono presenti strumenti da lavoro e un percorso realizzato in un tratto di miniera.
Due sale sono destinate ad esperimenti di laboratorio: elettromagnetismo,
effetti del suono e sui gas, trasmissioni radio. Un’opportunità utile per scolaresche e famiglie, ma anche un testimone affidato dai lavoratori di un tempo e dai volontari di oggi alle nuove generazioni.

Tratto dall’articolo di Giambattista Gherardi su VALseriana & Scalve Magazine – Primavera 2019